Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Marina Abramovic nel refettorio di Santa Teresa d’Avila
Più che una mostra, uno spettacolo. Con tanto di biglietto (15 euro) per l’anteprima, ieri, all’interno di Castel dell’Ovo di «Marina Abramovic / Estasi». Luci e musiche d’effetto, nel castello più antico della città che, a partire da oggi e fino al 17 gennaio, ospita tre video in omaggio a Santa Teresa D’Avila, realizzati nel 2009, dalla regina della perfomance.
Un progetto di VanitasClub, costola del Gruppo MilanoCard, gruppo for profit, che ha come mission quella di interagire «con le proposte culturali e dare un tangibile contributo per la tutela e la diffusione del Patrimonio storico e artistico di questo Paese», insieme con l’assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e la curatela di Casa Testori.
Dunque la Abramovic (Belgrado, 1946) che proprio a Napoli, 46 anni fa, aveva tenuto la storica performance «Rhytm 0» alla Galleria Studio Morra, e che come risaputo all’inaugurazione non c’era, è stata scelta come protagonista (grazie alla Galleria Lia Rumma) di «un’esperienza artistica di grande Bellezza per far ripartire il Paese e cingerlo nell’estatico abbraccio di Santa Teresa d’Avila”. Alleperformance, stita nella Sala delle Carceri, un tempo cupa galera del castello, l’installazione del ciclo di video «The Kitchen. Homage to Saint Therese», mostra l’Abramovic relazionarsi con Santa Teresa d’Avila, figura chiave del cattolicesimo. Di fatto, tre maxi video che documentano le tre performance tenute nel 2009 dall’artista serba nell’ex convento spagnolo di La Laboral, a Gijón. Il primo è uno zoom sulle mani dell’Abramovic che tremanti circondano un teschio simbolo della fragilità umana. Evidentemente un omaggio a Vanitas, la natura morta dipinta da Pieter Claesz, nel 1630. Nella seconda video
l’ambientazione in cui è avvenuta l’azione dell’Abramovic: la cucina nell’ex convento di La Laboral e soprattutto la metafora del refettorio dove Teresa d’Avila e le altre clarisse nutrivano centinaia di orfani di minatori ogni giorno. «La cucina di mia nonna», ha raccontato l’artista, «è stato il fulcro del mio mondo: tutte le storie venivano raccontate in cucina, ogni consiglio sulla mia vita veniva dato in cucina, il futuro, contenuto nelle tazze di caffè nero, veniva letto e annunciato solo in cucina; quindi è stata davvero il centro del mio universo, e tutti i miei ricordi più belli nascono lì».
Marina è in piedi, con una ciotola d’alluminio colma di latte e lo sguardo, trepido, fisso a terra. Rappresenta i «terremoti spirituali» che coglievano la d’Avila in relazione al godimento, chiaramente simboleggiato dalle gocce biancastre sul pavimento per i tremori dell’Abramovic.
In ultimo il video più emblematico: in una cucina invasa da pentole, mestoli e coperchi in ferro, ecco l’artista sospesa a braccia e gambe aperte. In 12 minuti condensa la performance che vide l’Abramovic appesa a una carrucola per circa un’ora. Finale con l’artista che chiude le gambe e incrocia le braccia. In segno di meritato riposo.