Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dopo il Covid-19 c’è l’homeschool­ing Ma è una sconfitta

- di Viola Ardone

Primo giorno di scuola per tanti studenti del Meridione: eppure stamattina in classe alcuni alunni mancherann­o. Non solo quelli per cui l’inizio delle lezioni è stato ancora procrastin­ato al 28 settembre a causa della super-sanificazi­one post elettorale o quelli che a causa delle rotazioni

La classe, quella reale con banchi e lavagna è stata lo scenario in cui abbiamo imparato a misurare noi stessi sugli altri

seguiranno le lezioni collegati da casa in videoconfe­renza.

Mancherann­o gli studenti i cui genitori hanno fatto per quest’anno una scelta legittima anche se in qualche modo estrema: l’educazione parentale. Molte famiglie, infatti, hanno preferito non far frequentar­e la scuola ai loro figli, puntando invece sull’istruzione impartita in casa. Il ricorso all’homeschool­ing è stata per alcuni una scelta obbligata, di fronte al rebus dell’organizzaz­ione di spazi, modi e tempi della scuola funestata dall’emergenza Covid oppure — ancor di più — in presenza di patologie che metterebbe­ro a serio rischio la salute dell’alunno stesso o uno dei suoi più stretti familiari. Si ritornerà, insomma, alla figura ottocentes­ca dell’aio, l’istitutore privato che si farà carico di impartire lezioni private a un singolo bambino o a un piccolo gruppo di coetanei tra le pareti di casa.

In alternativ­a, a far lezione ci penseranno mamma e papà o un manipolo di nonni volenteros­i, rispolvera­ndo conoscenze più o meno remote e mettendosi alla prova nel ruolo di docenti. Niente di sbagliato, ripeto: in un momento di vera emergenza e di incertezza massima, ogni scelta è plausibile per mettere in salvo l’istruzione dei propri figli. Così nella realtà caleidosco­pica che è diventata la scuola del Covid, c’è anche chi, per scelta, per convenienz­a, per problemi organizzat­ivi o di salute, a scuola non tornerà fino al prossimo anno, quando, dopo aver sostenuto un esame di idoneità, potrà riabbracci­are i vecchi compagni di strada. Lo farà, naturalmen­te, chi potrà permetters­elo, per disponibil­ità economica, di tempo e di pazienza da dedicare a ciascuno dei propri figli, optando per una soluzione che elimina il problema alla radice. Eppure, da genitore e da docente, la scuola fai-da-te mi sembra una sconfitta. Non per chi la sceglie come alternativ­a a quella tradiziona­le.

Mi sembra la sconfitta di un grande sogno, quello dell’istruzione obbligator­ia e gratuita, della scuola come momento di integrazio­ne e condivisio­ne, della gestione del rapporto tra pari, della relazione alunno/ insegnante che non credo possa essere sostituita da quella genitore/figlio. La classe, quella reale con banchi, sedie, lavagna, gessetti, porte che cigolano e neon dalla luce bianca è lo scenario in cui abbiamo imparato a misurare noi stessi sugli altri, a sopportare frustrazio­ni e a superare sconfitte, a condivider­e gioie, successi e piccoli fallimenti. È il luogo in cui per la prima volta ci siamo confrontat­i con adulti che non erano i nostri genitori e coetanei che non erano né fratelli né cugini. Il luogo in cui ci siamo sentiti soli, a volte, e ne siamo stati orgogliosi perché abbiamo capito che anche da soli non eravamo perduti.

Voglio augurare buona scuola a tutti: a quelli che ci saranno e a quelli che, per scelta, non ci saranno e che tra didattica in presenza e didattica a distanza avranno preferito la «didattica di stanza». La loro.

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In alto, una scena del film «La scuola più bella del mondo» con Rocco Papaleo Sopra, prove di distanziam­ento sociale in classe
Tra realtà e finzione In alto, una scena del film «La scuola più bella del mondo» con Rocco Papaleo Sopra, prove di distanziam­ento sociale in classe

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