Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Voto all’Orientale, Tottoli rettore «Guiderò un ateneo risanato»
Professore di Islamistica, era candidato unico. Si insedia il primo novembre
Napoli è la mia città d’elezione Ma i miei figli, nati qui, mi danno sempre del polentone
Alle urne sono andati
NAPOLI 173 su 184 aventi diritto (suddivisi in 160 docenti, 8 rappresentanti dei ricercatori a tempo determinato, 8 degli studenti e 8 del personale) per una percentuale del 90% circa. Il nuovo rettore dell’Orientale è stato eletto alla prima tornata con 155 voti, 14 le schede bianche e 4 nulle 4, ed entrerà in carica il primo novembre, con l’inizio del nuovo anno accademico. Il suo incarico durerà sei anni, fino al 31 ottobre 2026. Roberto Tottoli, classe 1964, islamista, raro caso di bresciano emigrato a Napoli, sarà un ancor più raro rettore che succede nella carica a due donne. Prima di lui, infatti, al vertice dell’Orientale c’è stata Lida Viganoni, e c’è ancora, fino al 31 ottobre, Elda Morlicchio.
Professore, appena eletta, la rettrice Morlicchio in un’intervista annunciò — scherzosamente — che avrebbe riservato «quote azzurre» ai colleghi maschi. È in questo scenario che negli anni successivi è maturata la sua candidatura?
«Penso di sì (sorride). Storicamente l’Orientale si è sempre distinto per un equilibrio di genere diverso da molte altre realtà e le donne hanno trovato molto spazio anche nei dipartimenti. La mia candidatura è maturata dall’esperienza quando ero direttore del mio dipartimento alla fine del rettorato Viganoni e nel primo periodo di Morlicchio. Dopo dieci anni all’Orientale, avevo voglia di mettermi alla prova sugli aspetti gestionali. Era nata la nuova Università senza facoltà e con tre dipartimenti. C’erano altri colleghi di dipartimento che avrebbero potuto provare, poi abbiamo deciso che l’avrei fatto io».
Lei è un orientalista e subentra a un’occidentalista. In passato la questione «EstOvest», se così la possiamo definire, era molto delicata: quei conflitti storici sono stati superati?
«Sì sono stati superati negli ultimi dieci anni, anche per l’evoluzione in dipartimenti. Il processo di risanamento e crescita dell’Ateneo è sotto gli occhi di tutti e il clima è molto diverso rispetto al 2002, quando sono arrivato. Gli ultimi due rettorati hanno notevolmente contribuito a stemperare le tensioni».
E questo le renderà la vita più facile. Ma lei come è arrivato a Napoli?
«Sono un emigrato al contrario... Mi sono laureato a Venezia
e ho avuto un dottorato all’Orientale, ma inizialmente sono stato più al Cairo e a Gerusalemme che a Napoli, poi tre anni a Torino. All’Orientale ho vinto un concorso e sono venuto nel 2002; dal 2011 sono professore ordinario di Islamistica, In seguito anche mia moglie si è trasferita in città».
Perché, prima dov’era?
«Lei è torinese e lavorava a Torino: è un’arabista. Per i primi tempi avevamo deciso che avrebbe fatto lei la pendolare, ma dopo dieci anni abbiamo preferito fermarci qui. A Napoli sono nati e cresciuti i nostri figli, ormai questa è la nostra città d’elezione».
Un bresciano, una torinese e due piccoli napoletani: una famiglia non comune...
«Molti non se ne rendono conto ma Napoli per moltissimi aspetti è più Italia dell’Italia, nei difetti e nei pregi. Comunque i miei figli mi danno costantemente del “polentone”».
Forse anche perché lei mantiene una parlata settentrionale.
«Be’, l’accento bresciano è resiliente».
Professore, ha seguito un po’ l’incredibile vicenda della prova d’italiano truccata di Suarez, il calciatore che aveva chiesto la cittadinanza?
«Sì, certo e da docente provo un po’ di fastidio. Non sono il solo: per esempio, Alessandro Gassmann ha espresso un commento severo sul fatto che ci sono tante persone che per avere la cittadinanza sono costrette ad attendere anni. Brutta storia».
E se qualcuno del Napoli le dovesse chiedere una mano per qualche giocatore, mica cederebbe?
«Ma non sono neanche tifoso del Napoli... Anzi, sono un romanista per caso che viene da una famiglia di juventini. Dopo il ritiro di Totti non seguo nemmeno più. I miei figli tifano per il Napoli. Ecco, ora al massimo vedo qualche partita al San Paolo per portarci loro».