Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Parrella: vi spiego chi è «quel tipo di donna»
Amicizie e viaggi nel libro nato durante il lockdown
Valeria Parrella in versione sex and the city, diciamocelo chiaramente, può pure scandalizzare, però convince. La ragazzaccia della letteratura napoletana, di sinistra e militante, sa indossare come poche i tacchi alti e sorseggia cocktail con disinvoltura, come testimoniano i suoi seguitissimi tweet. Così eccola qui, con questo maneggevole libretto intitolato Quel tipo di donna, HarperCollins, vero e proprio peana all’amicizia, alle risate e alle confidenze, ma anche a un certo modo di sentirsi femmina. Per esempio, non mettere la tovaglietta sotto il piatto. Non per sciatteria, ma semplicemente perché nella vita ci sono altre priorità.
Valeria Parrella, come mai stavolta ha assecondato una vena più leggera?
«Perché questo libro è nato durante il lockdown, quando eravamo chiusi in casa. In quei giorni da incubo volevo qualcosa che mi portasse altrove. Dodici anni fa feci questo viaggio in Turchia con tre amiche e durante la quarantena ho chiesto a tutte loro di mandarmi le foto di quei giorni. E mentre fuori Bagnoli era immobile, io viaggiavo nel ricordo. Ho imbastito una trama, ma quello che mi interessava raccontare era proprio il viaggio e la relazione tra le quattro ragazze».
Nel libro c’è un esplicito riferimento a Sex and the City. Era quello il modello, in versione mediterranea?
«Il riferimento c’è, ma ancor di più c’è una sorta di Telma e Luise al quadrato. Solo che noi, a differenza delle protagoniste del film, potevamo tornare indietro, alle nostre vite. Ce lo consentivano tutte le conquiste femministe delle nostre mamme e delle nostre nonne, di cui parlo nel libro».
Torniamo alla quarantena: con l’affermarsi dello smart working si dice che le donne siano le più penalizzate, divise tra cura della famiglia e lavoro.
«Sì, per le donne è una ennesima fregatura. Ho letto che il 70 per cento degli uomini è rientrato al lavoro, delle donne solo il 30 per cento. È stato difficile adattarsi nel lockdown, lavorare nelle stanze da letto, ritagliarsi spazi, prendersi cura dei figli che non sono andati a scuola. E nemmeno ora, a lockdown finito, si riesce a preservare quello spazio di salvezza che è il proprio luogo di lavoro, uno spazio garantito e riconosciuto. Qualsiasi problema tu abbia, se sei costretta a ve
stirti e uscire per andare a lavorare, almeno lì sei salva».
Le quattro ragazze del libro sono libere e indipendenti. Dieci anni dopo gli spazi delle donne si sono ristretti?
«In un certo senso sì, anche politicamente molte situazioni sono cambiate. Quel viaggio in Turchia oggi con Erdogan non si potrebbe più fare... E poi chi ha letto il libro effettivamente mi ha detto che le ventenni di oggi non sono così abituate alla solidarietà e alla libertà di costumi come le mie protagoniste. Tengono molto alla forma fisica, questo sì. Invece io sono vanitosa, ma più per me stessa che per gli altri. Mi piace piacermi, di quello che pensano gli altri non mi importa. Ecco, la libertà in questo libro è l’assenza del giudizio giudicante».
Al Premio Strega ha fatto scalpore quella tua risata contro i maschi venuti alla ribalta per parlare di #metoo... Era giusta?
«Certo, la rivendico. Mi hanno quasi fatto tenerezza, tutti uomini a parlare di problemi di donne. Eppure c’è un motivo: il Premio Strega racconta il paese e non a caso ha mostrato un’Italia ancora patriarcale. In finale c’erano cinque uomini e una donna, nella serata solo Melania Mazzucco e io, oltre alla ragazza che aiutava nel conteggio e di cui non è nemmeno stato fatto il nome. Non è maschilismo, è il patriarcato: le donne nei posti chiave nemmeno ci arrivano».
Le donne però possono contare sulle amiche, come nel libro: una risorsa fondamentale.
«L’amicizia è un posto dove stai bene, le mie amiche sono ancora quelle del liceo. Al confronto, la famiglia è egoista, provoca tensioni, rancori. L’amicizia è la relazione più libera che c’è: se non ti va più bene, la tronchi e non c’è bisogno di carta bollata».
Patriarcato
«In Italia è ancora vivo, lo dimostra il fatto che il potere non è mai femminile»