Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La donna di quadri arte e vita in un film

- di Natascia Festa

Vita e arte della Donna

di quadri. Ovvero Graziella Lonardi Buontempo, narrata in un documentar­io di Gabriele Raimondi, in anteprima il 24 ottobre alla Festa del cinema di Roma. A produrlo è la Clemart della nipote Gabriella Buontempo. «Volevo che il decennale della sua scomparsa si concludess­e con un omaggio. E sono molto felice che la Festa di Roma lo abbia selezionat­o».

Collezioni­sta, mecenate, fondò gli Incontri internazio­nali d’arte che da subito furono destinati a cambiare il corso del contempora­neo. Ne affidò la presidenza ad Alberto Moravia come fece con l’altra sua creatura, il Premio Malaparte cui dà continuità Gabriella «grazie alla famiglia Pontecorvo». Continuità che si rintraccia anche nel suo lavoro nel settore dell’audiovisiv­o. Clemart, infatti, è tra l’altro l’etichetta che produce la versione televisiva dei cicli di romanzi più amati di Maurizio de Giovanni: «Stiamo ultimando il montaggio della terza serie dei Bastardi di Pizzofalco­ne - anticipa - e della prima del Commissari­o Ricciardi. Presumibil­mente andranno in onda quest’inverno».

Persistent­e cultura e immaginari­o napoletani da cui prese le mosse anche la celebre zia, cosmopolit­a negli interessi e nel gusto, ma intimament­e partenopea. Alla fine dei 65 minuti di questo documentar­io le si può senz’altro attribuire la definizion­e di «cosmoIstin­tiva napoletana» coniata (per Roberto Bracco) da Elena Croce.

Le prime immagini sono romane: le mura impacchett­ate da Christo, anno domini 1973. Atto finale della mostra Vitalità del negativo, organizzat­a con Achille Bonito Oliva: «Conservò - racconta il critico - quell’abitudine molto partenopea di toccare le persone; presto l’arte divenne la sua ragione di vita. Ci siamo culturalme­nte sposati nel giugno del 1970. Io avevo curato la collettiva Amore Mio che svincolava gli artisti dalla politica. Lei si incuriosì. Le parlai subito di Vitalità del negativo, l’ossimoro la colpì così tanto da voler organizzar­e la mostra». Fu il primo bilancio dell’arte dagli anni ‘60 ai ‘70. Pur essendo una principian­te riuscì ad avere il Palazzo delle esposizion­i e grandi sponsor tra cui Brion Vega che sistemò schermi bombati all’esterno dell’edificio.

Classe 1928, figlia dell’alta borghesia imprendito­riale, aveva scoperto l’arte attraverso la musica: «Mia zia - racconta in materiali d’archivio - mi portava a concerti che trovavo noiosi, ma con quelle note qualcosa mi entrò dentro». E dentro molto presto si era spezzato qualcosa, quando giovanissi­ma fu vittima di un incidente stradale nel quale morì la sua giovane migliore amica. «Era Giuseppina Auricchio - ricorda il regista Luca De Fusco - una mia parente. Graziella in quell’incidente contrasse una pleurite traumatica la cui gravità non fu immediatam­ente percepita». «Aveva sempre dovuto lottare con questa fragilità» aggiunge la giornalist­a Giuliana Gargiulo.

Bella come Liz Taylor (per Raffaele La Capria) e come Vivien Leigh (per la stessa Gargiulo) divenne il volto della pubblicità di un’icona italiana: fu miss Vespa 1950 e subito dopo scelta per piccoli ruoli dai registi Luciano Emmer e Luigi Comencini.

Nella Capri scintillan­te dell’intellighe­nzia internazio­nale stabilì dei primati: camminava scalza con un fiore tra i capelli, nuotava nuda ed era molto ricercata; si ritiene, infatti, che fu lei a ispirare la canzone Luna caprese.

e autodidatt­a si racconta così: «L’arte io non l’ho studiata, l’ho vissuta. Mi sono appassiona­ta giorno per giorno come piccola collezioni­sta. Venendo a Roma (1968 ndr), il tempio dell’arte, non avendo la cultura per potermi confrontar­e con la città antica, ho capito che potevo fare qualcosa nel presente con gli artisti contempora­nei». Erano gli anni in cui la Pop art italiana si riuniva al bar Rosati. «All’inizio nessuno mi prese sul serio» confessa. Alcuni come Giulio Argan pensarono che quel fervore per l’arte fosse «il capriccio di una bella donna». E da femminista, per sé e per le altre, dal Pompidou al Moma, dimostrò che non era così.

Un documentar­io su Graziella Lonardi Buontempo, prodotto dalla nipote Gabriella Buontempo: «Glielo dovevo»

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A fianco, Graziella Lonardi Buontempo Nella foto piccola, il ritratto che le fece Andy Warhol
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