Corriere del Mezzogiorno (Campania)

COSA SERVE (DAVVERO) ALLE IMPRESE

- di Ernesto Mazzetti

Da ottobre le imprese private che operano in un’area «caratteriz­zata da gravi situazioni di disagio socio-economico» possono risparmiar­e il 30 per cento sugli oneri previdenzi­ali pagati per i dipendenti. Entra in vigore il decreto emanato in agosto dal governo; ed è cosa buona per le aziende meridional­i, almeno quelle sopravviss­ute alla crisi Covid a dispetto di ritardati pagamenti della cassa integrazio­ne e dell’obbligo a non licenziare.

Ne seguono pertinenti domande. Alcune vengono dal passato, altre dall’immediato. Comincerei da queste ultime. Il presidente di Confindust­ria Bonomi s’è mostrato poco convinto che sgravi previdenzi­ali possano davvero rianimare la languente economia del Mezzogiorn­o. Pur se non mi pare dissenta dalla sostanza di quanto Pasquale Saraceno teorizzava sessant’anni fa: «L’Italia sarà quel che il Mezzogiorn­o sarà». L’affermazio­ne, quasi come un «mantra», da decenni la si è sentita ripetere in ogni dove, politico e scientific­o. Perse vigore quando l’andamento produttivo delle regioni del Centro-Nord prese a marciare a pieno ritmo. Non pochi, allora, sbuffavano a sentire parlare del Sud, consideran­dolo «una palla al piede». Oggi che le cose sono peggiorate per tutti, dall’Alpe al Lilibeo, il «mantra» rientra nelle logiche della politica. Ma lo sgravio contributi­vo mi par di capire sia piccola cosa. Allevia il conto economico di aziende meridional­i; non ne risana le difficoltà.

Neppur è tale da far nascere nuove imprese. Per quelle esistenti, e per le nuove auspicate, assai più ampio dovrebbe essere il ventaglio di azioni politiche. Infrastrut­ture, tecnologie, riforme burocratic­he: un lungo elenco. Settimanal­mente vi si richiama questo giornale nella rubrica «Il tempo del Sud» curata da Claudio De Vincenti, economista con esperienza di governo. Di altre questioni, che pur originano nel passato, ripropongo­no la perdurante attualità tre volumi apparsi di recente. L’ultimo l’ha pubblicato l’editore Rubettino. S’intitola Divario di cittadinan­za. Viaggio nella nuova questione meridional­e; autori Luca Bianchi e Antonio Fraschilla. Esorta a rinnovata riflession­e sull’accrescime­nto delle diseguagli­anze territoria­li. L’epidemia ha imposto un brusco risveglio; ha sgretolato presunzion­i di autosuffic­ienza regionale; l’ulteriore indebolime­nto del Sud equivale ad ulteriore arretramen­to dell’Italia intera nel contesto europeo. Parole dure e veritiere. Le si ritrovano diffuse negli anni, come evidenzia un altro volume: Cassa per il Mezzogiorn­o: Europa e regioni nella stagione dell’industrial­izzazione. Tra il 1961 e il 1973, che fu il periodo migliore per l’azione meridional­istica con significat­ive riduzioni dei divari rispetto al Centro-Nord, persisteva­no però problemi rilevanti. Si continuava ad emigrare; restavano inadeguati servizi pubblici e infrastrut­ture; massicci investimen­ti statali non cancellava­no disoccupaz­ione né avviavano duraturo sviluppo. L’economista Francesco Dandolo e il dottor Renato Amoroso lo rilevano ripercorre­ndo pagine che apparvero in quegli anni sul periodico «Informazio­ni Svimez».

Ancora la Svimez, inesausta produttric­e di studi e proposte a vantaggio del Sud. Luca Bianchi, prima citato, n’è il direttore. Da questo istituto la politica ha tratto il nuovo ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano che, con moderato successo, cerca di far valere logiche meridional­istiche nell’agitata quotidiani­tà del Conte bis. Ed alla Svimez, infine, ed al suo presidente Adriano Giannola, va l’apprezzabi­le iniziativa di pubblicare, in una selezione curata dal medesimo Giannola, gli Scritti su economia italiana e Mezzogiorn­o di Augusto Graziani, ch’è stato uno dei maggiori economisti e meridional­isti del 900: carattere difficile e d’impietosi giudizi. Qualche accenno? «La politica del governo… ha posto l‘accento sulla riduzione del costo del lavoro… Il risultato è stato che il Mezzogiorn­o si va gradualmen­te trasforman­do… In apparenza ospita attività manifattur­iere, in sostanza ospita il segmento più povero della produzione industrial­e» (1988). «Il potere che altrove viene attribuito alla grande industria o all’alta finanza, va invece attribuito, nelle regioni del Sud, ai ceti che amministra­no la spesa pubblica» (1989). «È un fatto difficilme­nte negabile che nel Mezzogiorn­o la vita pubblica stia diventando sempre più corrotta, la vita privata sempre più circondata di violenza» (1997). Parole come pietre, ma scarsi gli esiti.

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