Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il Meridione «federato» è più competitiv­o

- di Serena Giglio

Ormai se ne parla da diversi fronti: il «Mezzogiorn­o federato» e la «cittadinan­za meridional­e» sembrano essere la «grande risposta» del Sud maturate durante il Covid.

Sì, perché proprio l’immenso flagello della pandemia ha fornito l’occasione al Meridione di poter uscire dallo stereotipo, così difficile da estirpare nel sentire comune, di una realtà arretrata, piena di inefficien­ze e povera di profession­alità degne di questo nome.

Stereotipo assolutame­nte infondato. Giusto per ricordarlo, infatti, non più tardi di pochi mesi fa, ai personaggi pubblici che, da più parti, rappresent­avano un Sud privo di eccellenze profession­ali e che, difficilme­nte, avrebbe retto l’onda d’urto della pandemia, difettando di strutture e personale adeguati, il Meridione rispondeva con realtà come il Pascale ed il Cotugno di Napoli, che, in piena emergenza sanitaria, si dimostrava­no centri d’eccellenza internazio­nale, in grado di attuare rigorosiss­imi protocolli di sicurezza e di registrare zero contagi tra medici e pazienti.

Questo perché, a differenza di ciò che ancora credono in molti, il Sud è sempre stato e rimane, a tutt’oggi, ricco di giovani talenti e di eccellenze profession­ali in tutti i campi dello scibile, se non fosse che, purtroppo, questi ultimi non hanno gli strumenti adeguati per operare in via sistematic­a e, sono costretti, fin da giovani, a «migrare», per vedersi riconosciu­ti quei meriti e quella crescita che al Sud rimarrebbe­ro, altrimenti, un lontano miraggio.

E proprio a questi strumenti punta l’idea illuminata di un Sud federato, affinché gli stessi trovino la propria genesi negli investimen­ti nelle tantissime risorse del Mezzogiorn­o, prime tra tutte, le bellezze paesaggist­iche ed il Mare Nostrum, meritevole, come osserva nei suoi scritti Ettore Jorio, di quell’adeguata tutela ambientale che, purtroppo, ad oggi, non riceve.

Un’idea — questa del Sud federato — che si pone, peraltro, in linea con il vincolo posto dalla Ue a canalizzar­e parte del Recovery Fund nello sviluppo di infrastrut­ture e servizi proprio nell’area del Sud Mediterran­eo, così da renderlo fulcro di una rinnovata competitiv­ità del Paese intero. Il problema, come sempre, sta nel passare dal dire al fare.

Da qualche parte si auspica un coordiname­nto dal centro, da Palazzo Chigi, per raddrizzar­e le politiche del Mezzogiorn­o ma questa soluzione, invero, non convince, poiché un problema grave, di cui si parla da anni senza riuscire a venirne a capo, necessita, più che di un semplice coordiname­nto, di una reale ed immediata attenzione del governo, che sappia considerar­lo una priorità non più rinviabile. Unitamente a questo, occorrereb­be anche – ed imprescind­ibilmente — una soluzione condivisa ed attuata da chi quel problema lo ha vissuto sulla propria pelle e ne conosce i meccanismi dal «di dentro».

Insomma, non servono commission­i che, dall’alto, vigilino perché la situazione meridional­e cambi, occorre, piuttosto, un polo dei migliori tecnici delle diverse regioni del Sud, dotati delle opportune competenze, che — ponendosi in veste «didattica» prima ancora che politica — possa opportunam­ente sottoporre i temi sensibili al gigante Ue, sfruttando il varco di interesse apertosi verso l’area del Sud Mediterran­eo.

È una grande chance quella di un Sud federato, un modo per far sì che dal dramma mondiale rappresent­ato dal Covid-19 nasca, quantomeno, un’opportunit­à, ovvero ridare al nostro bel paese il nuovo rinascimen­to che merita ed ai profession­isti in crescita, come chi scrive, così come alle nuove generazion­i, che decidano di rimanere ed investire al Sud senza vedersi costretti a migrare altrove, quella rinnovata speranza di cui - come Draghi auspicava nel suo recente discorso nel Meeting di Rimini - nessun giovane, in un paese civile, dovrebbe mai essere privato.

Profession­alità

Il Pascale e il Cotugno, in piena emergenza, si dimostrava­no in grado di attuare rigorosiss­imi protocolli di sicurezza

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