Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Maldestro: io e mio padre Così ne parlo con la musica

Il cantautore figlio di un boss, salvato dalla madre e dalla musica, si racconta «La mia storia è stata ben titolata ma nessuno si è chiesto come mi sentivo dentro Così ho preso io la parola e nei brani del cd faccio emergere la parte interiore»

- di Carmine Aymone

«Perché mi guardi co’ sta faccia. Che devi dirmi, avanti adesso parla». E così che il cantautore Maldestro con la canzone Pezzi di me, nel suo nuovo e quarto album Egosistema, apre il suo mondo interiore, scavando in profondità nel suo passato difficile, condiziona­to dalla controvers­a figura paterna e dal peso di una storia familiare con cui ha dovuto fare i conti per anni.

«Egosistema» è il disco, completo, di un artista la cui scrittura autorale evocativa quasi cinematogr­afica - Anna se ne frega, Precario equilibrio - e una delle migliori nel mondo musicale italiano di questi anni.

«Tuo padre figlio mio non vive in Francia – canta Maldestro - deve scontare la pena chiuso in una stanza. E da quel giorno si è spaccato il mondo addosso… a 10 anni non capivo tutti i sentimenti ma questa vita già picchiava forte sopra i denti…. Cercavo nelle note tutte le risposte… Non capivo se volergli bene oppure no…».

Come e perché nasce «Pezzi di me»?

«I giornali per anni hanno raccontato molto della mia storia. Ma nessuno ha mai pensato a come mi sentivo, a cosa avevo dentro, a cosa provavo. Nessuno ha avuto il garbo di capirmi in profondità. Abili coi titoli, disastrosi con il cuore. Così ho pensato: ora ve lo dico io. La mia non è né rabbia né disillusio­ne, solo la consapevol­ezza di un vissuto scomodo che mi ha portato a disperdere pezzi di me, frammenti di vita che sto ricomponen­do grazie alla musica. Da bambino mi sentivo libero solo quando sfioravo il pianoforte».

Alla fine del brano, si sente il suo affanno: è lo sfinimento del mettersi a nudo?

«L’affanno della salita dall’Inferno, ma ce l’ho fatta».

«Egosistema» è anche il grido di una libertà ritrovata (che ben esprime ne Il panico dell’ansia) dopo essersi spogliato di tutte le maschere?

«Sì, liberato da tutti i ruoli rivestiti negli anni, per bisogno di essere accettato o per paura di non essere capito. È un grido di gioia, uno schiaffo al passato, un benvenuto a un nuovo me».

Un album che ha il sapore di una intima confession­e dove lei dissemina frammenti di sé lungo questo viaggio musicale introspett­ivo.

«In Paranoie canto di quanto a volte senta il bisogno di non parlare, di estraniarm­i, prestando attenzione al silenzio: ma alla fine la musica vince sempre. Il brano che dà il titolo al cd, invece è un esame di coscienza, in cui manifesto la necessità di scavare dentro il mio ego per comprender­e e accettare difetti e debolezze».

Come nella conclusiva «Come Kim Ki-Duk»: «Ho problemi di vista ma è il mio cuore che è disabile».

«Amo il modo con il quale il regista coreano racconta la vita. Ho buttato fuori una parte di me in questo pezzo, cercando di omaggiare la sua maestria».

Maldestro parla di sé proprio come le opere del regista coreano sospeso fra la leggerezza del sogno e la greve ferocia della realtà.

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Napoletano Sopra la copertina del disco «Egosistema» Sopra Maldestro

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