Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Quando Anacapri ospitò i nemici di Hitler
Sfogliando alcuni vecchi numeri del New York Times ho appreso recentemente che nel maggio del 1945 i soldati dell’esercito Usa scoprirono l’esistenza di ottanta «famosi nemici di Hitler» concentrati dalle SS tedesche in una sperduta valle dell’Alta
Pusteria. Il gruppo dei prigionieri, ovviamente destinati ad essere uccisi, comprendeva le famiglie del colonnello Claus Schenk von Stauffenberg e dell’ex sindaco di Lipsia Carl Friedrich Goerdeler, fucilati per aver tentato il 20 luglio 1944 di assassinare Adolf Hitler.
E c’erano anche altri importanti personaggi. I sacerdoti antinazisti Neuhäusler e Niemöller, l’ex primo ministro austriaco Kurt Schuschnigg, il politico francese Léon Blum, la figlia dell’ambasciatore tedesco a Roma Ulrich von Hassell (condannato a morte da Hitler nel 1944) e il principe Filippo d’Assia. Il cui suocero, Vittorio Emmanuele III, era colpevole d’aver spodestato Mussolini.
Dopo essere stati liberati dagli americani, quei «famosi nemici di Hitler» furono trasportati in aereo a Napoli. S’aspettavano d’essere messi subito in libertà. Invece furono trasferiti a Capri e, con loro sorpresa, rinchiusi nella prigione dorata dell’hotel Eden Paradiso d’Anacapri. Non sapevano di dover essere interrogati da agenti dei Servizi Segreti angloamericani, incaricati di raccogliere notizie per il futuro «Processo di Norimberga». All’epoca gli Alleati non avevano ancora rivelato la loro intenzione di processare i capi della Germania nazista. L’avvocato Johannes Müller di Monaco, futuro fondatore in Baviera
del partito dell’Unione Sociale Cristiana, ricorda nella sua autobiografia che a Capri, «camminando avanti e indietro sul tetto dell’albergo Paradiso, le nostre nuove idee politiche presero forma». Gli «ospiti» non erano autorizzati a
muoversi dall’hotel. Solo alle donne e ai bambini era consentito d’uscire.
In quel periodo Capri, risparmiata dalla guerra, conservava intatto il suo antico fascino e stava godendo una splendida stagione primaverile. Al termine degli interrogatori gli «ospiti», giurando che avrebbero mantenuto il segreto su quanto avevano rivelato, furono autorizzati a muoversi più o meno liberamente e poterono visitare i luoghi famosi dell’Isola. Il 22 maggio la Radio Vaticana comunicò la notizia del loro salvataggio, aggiungendo che nella prigione dorata di Capri erano «ben protetti, trattati bene in tutte le maniere e anche ben nutriti». In tal modo i familiari ricevettero il primo segno che i loro cari, creduti morti o dispersi, erano ancora in vita.
Il 3 giugno, dopo quattro settimane di soggiorno, gli internati ebbero una bella sorpresa. Il violinista Paolo Falco e sua moglie, la pianista Elisabeth Rüdorff, diedero in loro onore un concerto nella Certosa. Paolo Falco ricevette una pergamena di ringraziamento, che poi conservò gelosamente nella sua casa di via Matermania, attestante la gratitudine degli «ospiti» che dieci giorni dopo sarebbero stati autorizzati a lasciare l’isola. Trasferiti a Parigi in aereo, e poi caricati su dei camion che li traportarono a Francoforte. Furono molto tristi trovando la Germania distrutta fisicamente e moralmente, e ricordarono con nostalgia Capri, che invece stava tornando ad essere, nelle parole di Edwin Cerio, «un piccolo teatro mondiale nel Mare Mediterraneo».