Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Gli errori di De Luca (col senno) di poi)
La politica, alla fin fine, è previsione. La giustezza delle scelte che vi si compiono dipende infatti da quanto si rivelino capaci di prevenire eventi futuri che oggi si possono solo ipotizzare. Per questo l’unico criterio di giudizio affidabile è il senno di poi. E se questo principio vale in economia e in politica estera, ancor di più vale nel caso di una pandemia, di un virus sconosciuto del quale è impossibile prevedere i comportamenti perché è la prima volta che lo incontriamo. Per questo è davvero difficile dire adesso se De Luca abbia avuto ragione oppure no ad anticipare e a inasprire misure anti Covid che il governo centrale e le altre regioni non hanno ancora preso o non hanno preso con la stessa durezza. E trovo francamente stucchevole questo gioco di società in cui ci fingiamo tutti virologi capaci di dire con esattezza che cosa andrebbe fatto, al posto di ciò che fanno le autorità.
Anzi, paradossalmente si potrebbe dire che De Luca avrà avuto ragione se un giorno potremo dire che ha esagerato, perché significa che il virus ci ha dato tregua e allora forse quelle misure sono state utili. Invito però a non sottovalutare il suo istinto politico, che lo spinge spesso a muoversi in direzione opposta a quella del governo, anche per far vedere che quando si tratta dei suoi concittadini non guarda in faccia a nessuno. Essendo di fresca elezione, si può del resto permettere un po’ di impopolarità, insieme con le prime contestazioni per aver chiuso le scuole.
Di ciò che De Luca ha deciso l’altro giorno dunque non dirò nulla. Però su un aspetto del governo regionale si può e si deve dire qualcosa, e si tratta di ciò che è stato fatto o non fatto nei mesi scorsi. Lì il senno di poi si può già esercitare, perché conosciamo già i risultati. Ed è difficile negare, come abbiamo più volte scritto in questa rubrica, che si poteva e si doveva fare molto di più.
Lo stato cui sono arrivate le cose nella nostra regione lo conferma drammaticamente.
Nei mesi in cui l’epidemia infuriava al Nord, e nei mesi estivi in cui sembrava essersi placata ovunque, in Campania si sono fatti meno tamponi, e di conseguenza meno monitoraggio e meno screening, che nella stragrande maggioranza delle regioni italiane. La spiegazione ufficiosa che arrivava da palazzo Santa Lucia per i record negativi stava nel fatto che qui da noi «i tamponi non si fanno a caso come altrove» (l’espressione esatta era più colorita). Invece in questo modo si è spazzata la polvere del contagio sotto il tappeto dell’estate.
La prevenzione al virus è tutta fatta di tracciamento: più linee di contagio si sono lasciate aperte, più sono oggi i contagiati. E si è aspettato troppo, sei mesi, prima di coinvolgere anche i laboratori privati in questa operazione. Così appena ci si è messi a fare i tamponi è venuta fuori l’amara realtà.
Allo stesso modo, negli ospedali letti Covid e terapie intensive e sub intensive non sono state approntate con la celerità annunciata.
La Campania è stata l’ultima regione ad aderire al bando del commissario Arcuri a luglio; in più, non si capisce ancora se per colpa di Arcuri che ha perso troppo del suo tempo o delle regioni — la nostra compresa — che hanno perso il loro, fatto sta che oggi quei posti non sarebbero sufficienti a una nuova ondata di ricoveri. Al punto che in molte Asl della Campania, su indicazione della regione, è già stato deciso il blocco dei ricoveri ordinari e programmati.
Per quanto riguarda la chiusura della scuola, poi, è evidente che De Luca ha agito non tanto per i contagi che avvengono nelle aule, francamente limitato (a proposito, solo a Napoli mancano 185 mila banchi monoposto di quelli promessi); quanto per il contagio che avviene sui mezzi pubblici utilizzati da studenti e genitori.
Ma chi doveva preoccuparsi di potenziare quel servizio e di combinarlo con un meccanismo di orari a scacchiera che evitasse concentrazioni e affollamenti su bus e treni locali, magari d’intesa con i Comuni, forse troppo poco coinvolti finora nella gestione dell’emergenza?
Sono stati insomma commessi errori di programmazione, tutti figli dell’illusione di essersela cavata, e che bastasse fare la faccia feroce per scacciare il virus dalla Campania. Naturalmente gli errori di De Luca si iscrivono in quelli commessi dal governo centrale, e in quelli commessi da quasi tutti i governi europei (spicca ancora una volta l’efficienza tedesca). Se le cose da noi stanno andando così male non è insomma solo colpa di De Luca, così come non fu suo merito aver tenuto la regione praticamente indenne dal virus nella prima ondata.
Però, quantomeno, il governatore potrebbe risparmiarci le sparate contro Halloween, festa definita «monumento alla imbecillità» (nelle società aperte non è obbligatorio divertirsi come piace a chi governa, e non tutti preferiscono le luminarie). Possiamo solo augurarci che le ultime misure prese servano a recuperare almeno in parte quelle non prese. Ma, per essere sinceri, non ne siamo affatto sicuri.