Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL «METODO» DE MAGISTRIS
Si complicano a vista d’occhio i problemi di posizionamento nell’agone politico locale sebbene manchino sette mesi alle elezioni comunali di primavera 2021 e si sia costretti a vivere nella tragica pandemia, causa d’una diffusa depressione collettiva che pregiudica financo dialoghi sereni. Sono, è vero, problemi preliminari ma non promettono nulla di buono. Perciò è opportuno che di essi prendano atto i cittadini: non solo di Napoli ma anche della Città Metropolitana. Fermo restando il differente interesse dei primi, che con il loro voto eleggono il Sindaco, e dei secondi che lo devono accettare quale Sindaco metropolitano. Questa è la regola, piaccia o no. Tuttavia i napoletani nella scelta del «loro» Sindaco — già di per sé non facile — dovranno tener conto che costui ha la doppia funzione. Dovranno cioè chiedersi in coscienza, andando alle urne, se il Sindaco che stanno per votare è sicuramente una persona consapevole che il governo di un territorio tanto ampio quanto variegato esige una visione di futuro altrettanto ampia. Il primo dei problemi è stabilire un «metodo» condiviso da forze diverse pur se di area omogenea e col comune obiettivo di fare programmi adatti alle istanze dei cittadini e ai tempi che corrono.
A cominciare da come reperire risorse economiche nella disastrosa situazione del Comune di Napoli, praticamente fallito. Soltanto dopo sarà possibile individuare personalità — «non populiste» — di eccezionale preparazione, competenza ed esperienza: doti invocate a furor di popolo. Un metodo del genere non ha normative o protocolli e nasce da prassi e accordi informali decisi dagli stessi partner politici.
Scartato, per le pessime prove del passato, lo strumento delle «primarie» — che comunque, se ben gestito, consente di accertare il grado di consenso a programmi e persone — ora tutto dipende dal gentleman agreement tra i partiti e col problema di coinvolgere le organizzazioni civiche, la cui effettiva rappresentatività delle diverse componenti sociali della città è di difficile rilevazione, specie in periodi di aspri conflitti politici e sociali. Peraltro l’eccesso d’informalità talora spinge a dar voce a soggetti autoreferenziali aumentando la confusione.
Beninteso, a tutti è dato interloquire in virtù delle libertà civili e politiche garantite in Costituzione, ma in effetti non tutti gl’interlocutori hanno lo stesso peso in un campo da coltivare con cautela e responsabilità.
Finora del «metodo» ha parlato soltanto Luigi de Magistris con più d’una contraddizione. Certo si può accettare che il Sindaco uscente (e non ricandidabile) proponga un metodo. A patto però di avere un atteggiamento, non dico super partes, ma almeno istituzionale e seguendo procedure ragionevoli. Che vuol dire: adesione dei partner alla sua proposta; confronto su progetti strumenti e risorse; scelta delle persone all’altezza dei compiti. E invece che fa de Magistris?
Con un gesto tattico improvviso — tipico del suo stile irruente e baldanzoso — ufficializza la candidatura di Alessandra Clemente, assessore della giunta uscente, accompagnandola col preoccupante programma di continuare la «favolosa» esperienza amministrativa degli ultimi dieci anni. Dio ce ne scansi! Alterando i dati della realtà e ignorando i rumors sui nomi più o meno attendibili in circolazione, egli batte tutti sul tempo e forse pensa così di convincere. Secondo lui «questo è il metodo giusto… per aprire una riflessione con la città, al nostro interno, con i partiti, con tutti». Libero de Magistris di ritenere giusto il suo metodo, ma sta di fatto che finora la sua uscita ha solo «scassato» (per usare il suo famoso lessico del 2011) il rapporto istituzionale col Pd. Che infatti è stato indotto a ritirare i suoi assessori dalla Giunta Metropolitana: sia per il modo ambiguo e contraddittorio delle intenzioni del Sindaco sulle prossime comunali, sia per il sostegno da lui chiesto a Forza Italia, persa ormai la sua maggioranza. Non si capisce bene cosa davvero voglia de Magistris: né quando afferma che l’investitura della Clemente non è contro i partiti e non intende «far saltare i tavoli» — che non ci sono e quindi non possono saltare — né quando, elogiando le doti della sua candidata, le chiede in pratica di non seguire il suo esempio, dice cioè che «deve crescere, essere umile, unire e non dividere».
Infine da un lato vuole riflettere dialogando con tutti, addirittura con la città (ma come?) e persino…. con i partiti; da un altro lato afferma che, in ogni caso, egli può già contare su liste civiche di varia provenienza. Con ciò rivelando la sua debolezza politica e facendo pensare che la candidatura della Clemente o è un ultimatum o è strumentale. Nel senso di utilizzarla per pesare in una eventuale trattativa e magari ottenere qualcosa in cambio se e quando, chissà, si arriverà a un tavolo di discussione in materia. Senza dire che strumentalizzare una persona seria e responsabile come Alessandra Clemente è offensivo per la stessa candidata e forse ne pregiudica la promettente prospettiva politica. Possibile che né de Magistris né Clemente se ne rendano conto?