Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Torna» l’Immacolatella Primo atto del waterfront
Il restauro iniziato nel 2018. Sarà sede di un polo sull’economia del mare e di un museo
Torna a risplendere l’antica Madonna dell’Immacolatella vecchia che con il suo sorriso un po’ malinconico ha salutato oltre due milioni di emigranti, partiti dal porto di Napoli tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Un simbolo, un pezzo di storia della città recuperato in meno di due anni; infatti, sta per essere portato all’antico splendore la palazzina del Vaccaro che Carlo di Borbone fece realizzare nel Settecento, quando l’edificio venne piazzato all’incrocio tra due ponti che scavalcavano il mare.
Il restauro è partito nel 2018 con l’accordo tra l’Autorità portuale del Mar Tirreno Centrale, presieduta da Pietro Spirito, e l’Università Parthenope, con il rettore Alberto Carotenuto; un progetto che prevede la costruzione, alla Calata del Piliero, di un «Polo di Ricerca» sull’Economia del Mare, importante tassello nel programma di realizzazione del «nuovo waterfront» e del rilancio dell’area strategica portuale storica cittadina. Tutto finanziato con il Por Campania e i Fesr europei stanziati dal 2014 al 2020.
Il polo sorgerà accanto agli ex Magazzini Generali che dovrebbero ospitare il Museo del Mare e della Navigazione, secondo il modello del Mu.Ma di Genova.
Ma il simbolo del waterfront che sta per nascere è certamente il «Palazzo dell’Immacolatella Vecchia», voluto, come detto, dal futuro Carlo III di Spagna per ospitare la sede della Deputazione della Salute e realizzato intorno al 1743 su progetto dell’architetto Domenico Antonio
Vaccaro. I lavori di recupero sono stati affidati al consorzio Integra attraverso la cooperativa Cmsa, che si occuperà di tutti gli interventi ad eccezione delle opere di restauro artistico affidate alla specializzata Piacenti.
L’idea è di farne un ampio spazio espositivo in cui realizzare un museo virtuale sulla storia del Porto di Napoli, a cui si affiancherà un cantiere-laboratorio di restauro — aperto al pubblico — dei reperti archeologici rinvenuti negli specchi acquei portuali. Il progetto infatti è indirizzato al recupero dei materiali originari e, sicuramente verranno riutilizzati tutti i manufatti lapidei di epoca borbonica che attualmente sono ammassati ai lati del cantiere.
Il nome dell’edificio viene proprio dalla statua della Vergine (di piccole dimensioni, da cui Immacolatella) che svetta alla sommità; la Madonna è opera dello scultore Francesco Pagano, il quale ha scolpito anche i simboli mariani presenti sulla facciata. Idealmente e storicamente l’edificio è legato alla chiesa di Santa Maria di Portosalvo in cui i pescatori e i migranti pregavano prima di imbarcarsi. E quest’ultima è l’esempio contrario. Un restauro fantasma che dura da circa 15 anni e che ha visto, in passato, anche inchieste giudiziarie. «Il meraviglioso restauro dell’Immacolatella Vecchia — spiega Antonio Pariante del Comitato Portosalvo — fa da contrasto, in maniera molto stridente, con il restauro-lumaca della storica chiesa di Portosalvo che, dopo ben 15 anni di sfruttamento pubblicitario, ha un cantiere che stenta ancora a completare i suoi lavori con l’improbabile attività dei suoi pochi e occasionali operai apparsi all’opera solo qualche mese fa. Una situazione davvero imbarazzante che Curia, Soprintendenza e Procura continuano a non spiegare e non chiarire».