Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Fenomenolo­gia» degli Squallor

Domenica scorsa l’addio all’ultimo componente del gruppo napoletano di culto Dissacrand­o, plasmarono una generazion­e interclass­ista, una vera «Giovane Italia» Alla pesantezza degli «anni di piombo» risposero con la leggerezza del paradosso

- di Alessandro Chetta Aymone

Èun’epoca volgare, niente a che vedere coi pugni degli Squallor. E sì, oggi persino il celebre scambio di Arrapaho - «Dimmi Capo di Bomba a chi vuoi più bene, a mamà o a papà?». «A Pippo Baudo!» – verrebbe cambiato in postproduz­ione: «Con chi ti interfacci, genitore uno o genitore due?». Non è periodo di delizie Squallor questo, il gruppo di «amici miei» della canzone italiana che dopo la morte di Alfredo Cerruti, domenica scorsa, andrebbe scolpito su un nostro italianiss­imo Monte Rushmore (facciamo sul Taburno?). Quattro facce di bronzo: Cerruti, appunto, con Daniele Pace, Giancarlo Bigazzi e Totò Savio.

Prendiamo gli ultimi due, uno dalla Toscana l’altro da Napoli ossia l’idioma nazionale e il suo ramo d’oro musicale, compenetra­ti come lo saranno Roberto Benigni e Massimo Troisi. Il primo dava il là: «Pensa a un camionista che ha nostalgia di casa»; il secondo disponeva in dialetto, la lingua della verità: «Vaco facenno ‘o camionista, trasporto ‘e suonni ‘e sta città». Prendiamo invece Cerruti, scopritore di talenti – primo successo fu il lancio di Cochi e Renato, da napoletano capì la levitas meneghina – rabdomante e stravagant­e alla maniera di Caccioppol­i.

Nei dischi, da «Troia» (1973) in poi, seghettava la voce per ottenere un’inflession­e tipo «riuscirann­o i nostri eroi». Viveur, si fece firmare una lettera da Ladislao Sugar, patron dell’etichetta discografi­ca Cgd, per non entrare in azienda mai prima delle 14, in ciò seguace del precetto di Totò secondo cui di mattina non si può far ridere.

Daniele Pace, origini pugliesi, voce calda, che sotto un piano à la Jacques Brel declamava «si sdraiò per terra e si fece camminare su da un camion con rimorchio/ma non si fece male/aveva con sé un portafortu­na che gli aveva regalato sua zia Waller».

Cultura vastissima, tutti e quattro. Il vero nodo per cui tanti progetti contempora­nei, validi ma «sanza lettere», partono già scarsi a benzina. Chi ignora che serva conoscenza per dire «toro nelle mutande» ignorerà che nel monologo di «Berta» suona un violino che ricalca le Csàrdàs di Vittorio Monti. È la grande padronanza a fare la differenza, la stessa che farà durare il successo di altri demenziali da 30 e lode come gli Skiantos o Elio e le Storie Tese.

Gli Squallor iniziarono la goliardia negli anni di piombo e la risposta al chiummo del «privato è politico» fu la lotta armata delle parolacce, guerriglia estetica che affossava i codici cattolici e marxisti e che zitto zitto attraverso i dischi formò tra i ragazzi del tempo una Giovine Italia che resisteva con le maleparole.

Spesso hanno ribadito nelle rare interviste - ottimo il documentar­io sul gruppo di Michele Rossi e Carla Rinaldi – che nel comporre «si divertivan­o». Ma è una semplifica­zione: divertirsi è la premessa ma la creazione pretende quell’onesto senso di oscurità che dà consistenz­a alle risate e che brilla nella commedia dell’Arte come nella commedia all’italiana.

Centra il punto Enzo Gragnaniel­lo: «Nel buco nero c’era la poesia». Come salutare i lettori adeguatame­nte? Fu, ci pare, Elio Gariboldi che ascoltando il secondo album «Palle» frenò: «Troppo volgare». Partì una voce: «Fatti ‘e cazzi tuoi».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Protagonis­ti Sopra un’immagine d’epoca del gruppo cult Qui Alfredo Cerruti morto domenica scorsa
Protagonis­ti Sopra un’immagine d’epoca del gruppo cult Qui Alfredo Cerruti morto domenica scorsa

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy