Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Chiese a Red Canzian una sessione di rutti»
«Noi del Giardino dei Semplici, abbiamo avuto il privilegio di assistere alle registrazioni degli Squallor nei loro studi di Milano, dove esplodevamo in enormi risate». Così lo storico gruppo napoletano, con alle spalle milioni di copie vendute, ricorda questa band di quattro amici (di cui due, Bigazzi e Savio erano i loro produttori) con l’aggiunta di Gigi Sabani che a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 diedero uno scossone al mercato discografico nazionale con la loro genialità e la loro irriverenza.
«Alfredo Cerruti – continuano - è stato un personaggio incredibile, fuori dagli schemi. Un giorno chiamò Red Canzian dei Pooh per fargli registrare una sessione di rutti. Alfredo ci invitava in studio per testare le canzoni che al momento nascevano: ‘se loro ridono – diceva – allora vuol dire che funzionano’. Totò Savio, napoletano come noi e come Cerruti, autore di brani di successo come ‘Cuore matto’, si presentava in studio con una melodia. Giancarlo Bigazzi pensava a un tema, che veniva sviluppato con l’apporto di Daniele
Pace e poi si partiva in libertà, creando al momento testi surreali, affidando il tutto al caso, tra sigarette e bottiglie di Jack Daniels. La partenza era: ‘di che parliamo?’. Poi subentrava Cerruti, detto ‘il solista’ che ispirato dal canovaccio scritto da Giancarlo e Daniele, partiva per la tangente».
Il Giardino dei Semplici, all’epoca Luciano Liguori, Andrea Arcella, Gianfranco
Caliendo e prima Gianni Averardi e poi Tommy Esposito, assistettero dal 1975 a queste sedute di creazione-registrazione divenute cult: «Siamo cresciuti – continuano - ascoltando brani come ‘38 luglio’, inseguendo il mito di ‘Zia Waller’, immaginate l’emozione quando diventammo spettatori e testimoni della loro capacità di crear brani dal nulla. Abbiamo visto nascere dischi come ‘Palle’, ‘Vacca’, ‘Pompa’, ‘Cappelle’, ‘Tromba’…».
Gli Squallor sono stati una combriccola di amici, grandi professionisti che avevano creato quest’allegra brigata, per evadere dai propri ruoli di grande responsabilità all’interno dell’ingranaggio produttivo della musica italiana. «Il loro – concludono - è stato puro neorealismo: culturalmente erano avanti, antesignani di una napoletanità verace, divertente, ‘aperta’, senza preconcetti e pregiudizi. Hanno saputo attingere dalla commedia all’italiana, sia in studio che nella vita».