Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il virus e la pecorella smarrita

- di Fortunato Cerlino

«Papà, ma insomma mo basta! Nun te pare che staje esagerando?».

«Ma che è stato? Che è succieso?».

«E fosse pure ‘o momento di smetterla cu sta cazzo ‘e Pandemia, nun te pare? ‘A gente sta male, è stanca! Se non lo fai tu nu miracolo ‘o faccio io, mo basta!».

Il Padreterno, accigliato, stende la schiena sul suo trono e guarda il figlio con aria severa.

«È mammeta che ti ha mandato?».

«Ne ho parlato pure con lei ed è d’accordo cu’ mme. Ma come ti è venuto ‘ncapa di mandargli questa punizione all’umanità? Se non fai qualcosa tu ci dobbiamo pensare noi».

«E che cosa vorreste fare?». «Ma che ne saccio, ispirare uno scienziato per fargli trovare nu vaccino, salvare tutti quelli che stanno in terapia intensiva, non lo so, ma noi non ce la facciamo a vedere l’umanità in sofferenza».

Il Padreterno si alza e comincia a camminare avanti e indietro a testa bassa.

«Allora? Che me rispunne?» lo incalza il figlio.

«Voi non potete fare proprio niente, e nemmeno io». Il Padreterno sospira amaramente.

«Che vengono a dicere ‘sti parole?».

«Tu lo sai che noi, pure se siamo onnipotent­i, l’unico dovere che teniamo è quello di rispettare il libero arbitrio con cui abbiamo creato l’uomo, no?».

«Embè?». «Il fatto sta che la responsabi­lità di questa Pandemia, come pure di quelle precedenti, non è mia».

«Ma che staje dicenne? Non sei stato tu a mandare sta schifezza ‘ncoppa ‘a terra?». «No. Dopo che ho inviato a te nel mondo, quei metodi ho smesso di usarli. Questa schifezza, come dici tu, l’hanno creata con le loro mani!». Giesù impallidis­ce.

«Vuoi dire che stu virùs è nato in un laboratori­o?».

«Non lo so, non credo, ma poco importa. Io aggio creato ‘o munno con un suo equilibrio. A ognuno aggio dato na casa e ristoro. So’ gli uomini che hanno sballato tutto l’ecosistema, sono andati a sfrocoliar­e ‘a mazzarella perfino ai pipistrell­i, che pure loro hanno una ragione di esistere».

Giesù diventa pensieroso.

«Vabbuó, ma pure altre volte siamo intervenut­i per evitare che ‘e strunzate che fanno gli uomini causassero danni seri, ti ricordi? Terremoti, guerre, devastazio­ni. A un certo punto siamo intervenut­i noi e abbiamo messo le cose a posto».

Il Padreterno guarda il figlio dritto negli occhi. «Ed è servito? Sono addirittur­a arrivato a mandare a te ‘ncoppa a terra per fargli capire che sono stati creati per l’amore e la fratellanz­a... ti ricordi come è andata?».

«Ho capito, tieni raggione. Questo però viene a dire che gli esseri umani prima o poi scomparira­nno dalla faccia del creato».

«Se è questo che desiderano...».

Il Padreterno si abbandona sconfortat­o sul trono.

«Ma non la puoi permettere sta cosa, papà! Fai qualcosa… fallo per me…».

Il vecchio è commosso dalle parole del figlio. «Ma tu, dopo quello che sono stati capaci di combinarti, ci tieni ancora a loro?». Giesù non risponde. «Ti ricordi che cosa mi chiedesti ‘ncoppa ‘a croce? Papà perdona loro pecché non sanno quello che fanno… ma siamo proprio sicuri che non lo sanno chello che stanno facenne?».

«Io so’ sicuro che un giorno capiranno comme stanno ‘e cose».

«Ma che devono capire? Prendi sta malatia, stu Covìd per esempio. È vero che è na schifezza, però se l’umanità fosse matura capirebbe che è proprio questo ‘o momento di dimostrarl­o, di mettere in pratica sentimenti di concordia, di solidariet­à. L’unica arma che tengono per sconfigger­e ‘o virùs e la capacità di rendersi responsabi­li gli uni verso gli altri. Invece quanno ci fu la Spagnola continuaro­no a spararsi addosso, e mo si lamentano se non possono fare ‘a movida, se non possono ubriacarsi e sballarsi fino a tardi. Non sono in grado di rinunciare a niente. Il bene e il divertimen­to personale viene sopra ogni cosa. L’istinto a scamazzare il prossimo per profitto è più forte di qualsiasi altro sentimento in loro».

Il Padreterno si avvicina al figlio, i suoi occhi sono addolorati. «La vuoi sapere la verità? Io per questo non sono intervenut­o ancora… pecché sta volta ‘a compassion­e è finita. Mi stanno facendo overamente incazzare come qualche secolo fa. Se si vogliono distrugger­e pecché so’ na razza di egoisti e rincretini­ti, facessero pure, io mi giro dall’altra parte».

Giesù stringe forte le mani del padre. «Ma sei proprio tu che mi hai ispirato la parabbola della pecorella smarrita, te la ricordi?…». «Figlio mio, se la pecorella però continua a scappare dall’ovile, se Caino continua ad uccidere il fratello, allora vo’ dicere che è ‘o pastore che non ha capito niente. Mi sa che dobbiamo cambiare ‘o finale di quella parabbola. In conclusion­e ‘a pecora muore pecché non gli piaceva proprio vivere nell’amore, nella carità e nella misericord­ia. E questo è!».

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