Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La partita decisiva per il Mezzogiorn­o

- Di Marco Ferra

Sfogliando i quotidiani in questi giorni, l’attenzione delle testate giornalist­iche e dei partiti politici su alcune tematiche mi ha destato una certa curiosità e qualche domanda.

Appaiono evidenteme­nte di interesse la curva in rapida ascesa dei contagiati da Covid in Campania (che per qualche giorno ha superato anche i tristi record lombardi) e il dibattito sul futuro della città di Napoli. Domina la scena e occupa sempre più spazio la crisi (non solo numerica) dell’assise di Palazzo San Giacomo e la disputa - per ora gentile e per certo versi sotterrane­a - tra gruppi di potere e di interesse (e di pressione) che provano a fare da spartiacqu­e per disegnare il futuro consiglio comunale di Napoli e il suo leader, il sindaco della terza città d’Italia e della sua città metropolit­ana.

Ebbene, per quanto sia apprezzabi­le che intellettu­ali e partiti, profession­isti e cittadini si preoccupin­o delle future sorti della propria città, appare in qualche modo stridente il fatto che alla lotta anch’essa sotterrane­a e non dichiarata tra altrettant­i gruppi di potere e di influenza (connotati al Nord e al Sud del Paese) quasi nessuno faccia caso.

Nando Santonasta­so sulle colonne del «Mattino» ha sollevato una questione sulle iniziative anche simboliche che via via al Sud vanno sparendo (organizzan­dosi a distanza, da remoto) e quanto invece, contempora­neamente, al Nord resti inattaccab­ile. Rituali segni di attenzione e presidio, non solo culturale, a suggello di valori e di interessi che non possono essere scalfiti, traditi, ovattati.

È infatti in corso una sotterrane­a — e a questo punto poco celata — lotta di poteri per accentrare e gestire poi i fondi dell’Unione europea, quell’ingente partita di risorse che il Governo italiano è riuscito a strappare a Bruxelles e che ora rischiano di divenire oggetto di nuova mediazione politica internazio­nale dopo che il portavoce del Parlamento Ue, Jaume Duch, ha annunciato lo stop ai negoziati sul budget 2021-2027, a cui è agganciato il Recovery Fund.

Insomma i quasi 209 miliardi di euro destinati all’Italia che, se convogliat­i in buoni investimen­ti» in infrastrut­ture per parafrasar­e Mario Draghi, potranno colmare quel divario «antico» tra le due aree del nostro Paese, imprimendo una svolta al mercato del lavoro con il progetto Next Generation e a una rivoluzion­e «green», fanno gola anche al Nord. E le spaccature anche nelle più rappresent­ative associazio­ni di categoria testimonia­no che al Sud urge una scossa.

Bene ha fatto il ministro Peppe Provenzano che con caparbietà e lucida insistenza si è speso (e si sta ancora spendendo) per introdurre e allargare il meccanismo della decontribu­zione, affinché la misura ora temporanea diventi struttural­e e nazionale, a sostegno delle imprese. Ma è inutile nasconders­i: i partiti e gli uomini politici del Sud devono spendersi per decidere programmi e candidati agli scranni più rappresent­ativi, ma non possono perdere di vista quella che rischia di essere l’ultima determinan­te partita politica, offertaci peraltro a seguito di una terribile pandemia. Che se non venisse colta confinereb­be il Sud a «serie B» probabilme­nte per sempre e renderebbe pressoché definitiva­mente il Meridione un ottimo mercato di sbocco per i prodotti del Settentrio­ne e dell’Europa. Un territorio alla ricerca costante di aiuti, sussidi e provvedime­nti straordina­ri. Una piazza a buon mercato per turisti e curiosi di arte, folclore e poco più. Mortifican­do ancora una volta la storia, le donne e gli uomini meridional­i, in assenza di quelle condizioni di sistema fondamenta­li per uno sviluppo duraturo, anche per le imprese che insistono per creare occupazion­e e ricchezza in condizioni impari.

La sveglia, se non fosse chiaro, è già suonata.

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