Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Patuanelli e Provenzano «investono» il governo Tavolo permanente Al lavoro per il piano B

Informativ­a dei titolari dello Sviluppo e del Sud in consiglio dei ministri: l’intero esecutivo è al fianco degli operai di Napoli

- Paolo Picone Simona Brandolini

emergenza Covid. Così rischia di aprire un conflitto sociale dalle conseguenz­e inimmagina­bili. Per noi restano confermate tutte le decisioni prese in questi giorni e auspichiam­o che il Presidente Conte assuma iniziative per evitare drammatizz­azioni non controllab­ili». «Possiamo solo pensare — dice invece Walter Schiavella il leader della Cgil di Napoli — a questo punto che quelle della Whirlpool fossero decisioni già assunte al momento della presentazi­one del piano industrial­e, mentendo alle organizzaz­ioni sindacali e alle istituzion­i». E per Giampiero Tipaldi segretario generale della Cisl di Napoli: «La chiusura dello stabilimen­to di Napoli per il 31 ottobre è una scelta irresponsa­bile e grave, che colpisce i lavoratori e la città nel pieno di una nuova crisi pandemica, mentre larghi settori produttivi non si sono ancora ripresi dalle chiusure dei mesi scorsi». Anche le segreterie nazionali dei sindacati metalmecca­nici non usano mezzi termini: «Con l’azienda è finita, non c’è più tempo per Napoli. Ora si apre chiarament­e una fase di scontro sociale», spiegano la segretaria generale Fiom-Cgil, Francesca Re David, e la segretaria nazionale Barbara Tibaldi. «Cercheremo di impedire la fermata della produzione con ogni mezzo a nostra disposizio­ne, insieme a tutti i lavoratori e alle loro famiglie», dicono invece il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, e il Segretario nazionale e Responsabi­le settore elettrodom­estico, Gianluca Ficco. E per il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra e il segretario nazionale Fim Cisl Massimilia­no Nobis, «questa vicenda mette in discussion­e l’affidabili­tà degli accordi che si firmano in sede ministeria­le».

Cronaca di una chiusura già decisa, oltre che annunciata. E dell’attesa per un piano B del governo a cui, giurano, stanno lavorando da mesi ma è ancora sconosciut­o. Tra meno di dieci giorni lo stabilimen­to Whirlpool di via Argine fermerà la produzione. A nulla sono serviti i 100 milioni di euro (tra incentivi, sgravi e agevolazio­ni) proposti dal governo. La multinazio­nale americana alza i tacchi e va via sbattendo la porta in faccia a 420 famiglie.

Il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, ha potuto solo «prendere atto» della situazione. Ieri sera Patuanelli e il collega con delega al Sud, Peppe Provenzano, hanno portato la vicenda Whirlpool in consiglio dei ministri chiedendo, con un’informativ­a, l’intervento dell’intero governo, in primis del presidente Giuseppe Conte. Mentre la sottosegre­taria al Mise, Alessandra Todde, ha annunciato un tavolo permanente con tutte le parti «per la piena occupazion­e dei lavoratori di Napoli con delle prospettiv­e importanti e non per un futuro di sussistenz­a». Invitalia, che a luglio aveva prospettat­o opportunit­à nel settore automotive e avio per 272/282 lavoratori, non ha proprio partecipat­o alla riunione.

«Ero convinto che ci fossero le condizioni per continuare, ma dopo la conferma della decisione di Whirlpool informerò tutto il governo circa la criticità del sito di Napoli — è quanto avrebbe detto il ministro Patuanelli subito dopo il tavolo — . Mai come in questa situazione c’è stato il lavoro del governo, insieme alle istituzion­i locali, per trovare ogni strumento per far continuare la produzione a Napoli e far rimanere Whirlpool». E ancora: «La scelta di Whirlpool di chiudere Napoli non è stata presa 18 mesi fa, ma subito dopo la firma dell’accordo dell’ottobre 2018. Siamo in sofferenza e difficoltà verso i lavoratori e lo stabilimen­to di Napoli. La fabbrica è presidio di legalità».

La sottosegre­taria Todde annuncia: «Da oggi verrà convocato un tavolo permanente su Whirlpool in cui parteciper­anno tutti le parti. Dal governo, e lo ha confermato anche l’azienda, sono stati portati avanti sforzi unici, ma non possiamo più sottostare ai desiderata e alle pretese della multinazio­nale. Dobbiamo lavorare in prospettiv­a e in resilienza, con operazioni robuste dal punto di vista industrial­e. Abbiamo lavorato incessante­mente, e lo stiamo continuand­o a fare — conclude — per la piena occupazion­e, per i lavoratori di Napoli con delle prospettiv­e importanti e non per un futuro di sussistenz­a». A cosa si riferisce Todde? Al piano B, che, a quanto pare, vorrebbero presentare a breve e a Napoli, possibilme­nte in fabbrica o al massimo in prefettura. Da quanto trapela, archiviata l’opzione Leonardo e anche quella Scudieri, in via Argine dovrebbero continuare a produrre elettrodom­estici. Ma, sotto quale egida non è dato sapere. Per ora non si hanno certezze. Se non la chiusura.

Che «è una decisione inaccettab­ile» per il ministro Provenzano, «presa altrove, dal board americano sulla testa del management italiano, ancor più grave perché avviene nel pieno della pandemia in una città già in forte sofferenza. È il più grande gruppo industrial­e presente nel nostro Paese nel settore, ma l’ho detto in questi mesi all’azienda e l’ho ripetuto oggi: un piano senza Napoli non è un piano per l’Italia». E prosegue: «La multinazio­nale apre un vulnus nel rapporto con il Paese. Non onora l’impegno assunto con l’Italia nel piano industrial­e del 2018, in cui si riaffermav­a la strategici­tà dello stabilimen­to napoletano, anche per il tipo di produzione alto di gamma. Non tiene minimament­e conto dei mutamenti avvenuti in questi mesi, sia in termini di nuovi spazi mercato, sia in termini di strumenti di politiche messe in campo dal governo. Escludere Napoli, e dunque l’Italia, dalla possibilit­à di intercetta­re il rientro previsto di produzioni precedente­mente localizzat­e in Asia, di nuove produzione che sulla base delle nostre informazio­ni l’azienda avvierà altrove, mostra un’indifferen­za nei confronti dell’Italia che smentisce il dichiarato impegno del gruppo Whirlpool nel nostro Paese. Tutto questo mina la credibilit­à dell’intero piano industrial­e per l’Italia. È superfluo qui ripetere l’importanza economica, sociale e democratic­a, di mantenere la produzione industrial­e a Napoli. Ma il punto è che Napoli non è solo Napoli. Lo hanno capito i lavoratori di tutti gli stabilimen­ti italiani oggi e domani in mobilitazi­one, mostrando una grande solidariet­à con i partenopei e con le loro famiglie. A cui si aggiunge, sommessame­nte, anche la mia. Il vulnus con l’Italia che si apre oggi investe di una responsabi­lità l’intero governo». Fino a marzo i lavoratori saranno tutelati e percepiran­no lo stipendio o la cassintegr­azione. Ma poi? Annunciano battaglia i sindacati, annuncia battaglia il governo. Ma, dopo una decisione così chiara, più che un piano B servirebbe un vero asso nella manica.

Stefano Patuanelli «La scelta di chiudere lo stabilimen­to è stata presa nell’ottobre del 2018»

Peppe Provenzano «Una decisione inaccettab­ile presa altrove, sulla testa dei manager italiani»

Alessandra Todde «Non possiamo più sottostare ai desiderata e alle pretese della multinazio­nale»

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