Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Patuanelli e Provenzano «investono» il governo Tavolo permanente Al lavoro per il piano B
Informativa dei titolari dello Sviluppo e del Sud in consiglio dei ministri: l’intero esecutivo è al fianco degli operai di Napoli
emergenza Covid. Così rischia di aprire un conflitto sociale dalle conseguenze inimmaginabili. Per noi restano confermate tutte le decisioni prese in questi giorni e auspichiamo che il Presidente Conte assuma iniziative per evitare drammatizzazioni non controllabili». «Possiamo solo pensare — dice invece Walter Schiavella il leader della Cgil di Napoli — a questo punto che quelle della Whirlpool fossero decisioni già assunte al momento della presentazione del piano industriale, mentendo alle organizzazioni sindacali e alle istituzioni». E per Giampiero Tipaldi segretario generale della Cisl di Napoli: «La chiusura dello stabilimento di Napoli per il 31 ottobre è una scelta irresponsabile e grave, che colpisce i lavoratori e la città nel pieno di una nuova crisi pandemica, mentre larghi settori produttivi non si sono ancora ripresi dalle chiusure dei mesi scorsi». Anche le segreterie nazionali dei sindacati metalmeccanici non usano mezzi termini: «Con l’azienda è finita, non c’è più tempo per Napoli. Ora si apre chiaramente una fase di scontro sociale», spiegano la segretaria generale Fiom-Cgil, Francesca Re David, e la segretaria nazionale Barbara Tibaldi. «Cercheremo di impedire la fermata della produzione con ogni mezzo a nostra disposizione, insieme a tutti i lavoratori e alle loro famiglie», dicono invece il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, e il Segretario nazionale e Responsabile settore elettrodomestico, Gianluca Ficco. E per il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra e il segretario nazionale Fim Cisl Massimiliano Nobis, «questa vicenda mette in discussione l’affidabilità degli accordi che si firmano in sede ministeriale».
Cronaca di una chiusura già decisa, oltre che annunciata. E dell’attesa per un piano B del governo a cui, giurano, stanno lavorando da mesi ma è ancora sconosciuto. Tra meno di dieci giorni lo stabilimento Whirlpool di via Argine fermerà la produzione. A nulla sono serviti i 100 milioni di euro (tra incentivi, sgravi e agevolazioni) proposti dal governo. La multinazionale americana alza i tacchi e va via sbattendo la porta in faccia a 420 famiglie.
Il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, ha potuto solo «prendere atto» della situazione. Ieri sera Patuanelli e il collega con delega al Sud, Peppe Provenzano, hanno portato la vicenda Whirlpool in consiglio dei ministri chiedendo, con un’informativa, l’intervento dell’intero governo, in primis del presidente Giuseppe Conte. Mentre la sottosegretaria al Mise, Alessandra Todde, ha annunciato un tavolo permanente con tutte le parti «per la piena occupazione dei lavoratori di Napoli con delle prospettive importanti e non per un futuro di sussistenza». Invitalia, che a luglio aveva prospettato opportunità nel settore automotive e avio per 272/282 lavoratori, non ha proprio partecipato alla riunione.
«Ero convinto che ci fossero le condizioni per continuare, ma dopo la conferma della decisione di Whirlpool informerò tutto il governo circa la criticità del sito di Napoli — è quanto avrebbe detto il ministro Patuanelli subito dopo il tavolo — . Mai come in questa situazione c’è stato il lavoro del governo, insieme alle istituzioni locali, per trovare ogni strumento per far continuare la produzione a Napoli e far rimanere Whirlpool». E ancora: «La scelta di Whirlpool di chiudere Napoli non è stata presa 18 mesi fa, ma subito dopo la firma dell’accordo dell’ottobre 2018. Siamo in sofferenza e difficoltà verso i lavoratori e lo stabilimento di Napoli. La fabbrica è presidio di legalità».
La sottosegretaria Todde annuncia: «Da oggi verrà convocato un tavolo permanente su Whirlpool in cui parteciperanno tutti le parti. Dal governo, e lo ha confermato anche l’azienda, sono stati portati avanti sforzi unici, ma non possiamo più sottostare ai desiderata e alle pretese della multinazionale. Dobbiamo lavorare in prospettiva e in resilienza, con operazioni robuste dal punto di vista industriale. Abbiamo lavorato incessantemente, e lo stiamo continuando a fare — conclude — per la piena occupazione, per i lavoratori di Napoli con delle prospettive importanti e non per un futuro di sussistenza». A cosa si riferisce Todde? Al piano B, che, a quanto pare, vorrebbero presentare a breve e a Napoli, possibilmente in fabbrica o al massimo in prefettura. Da quanto trapela, archiviata l’opzione Leonardo e anche quella Scudieri, in via Argine dovrebbero continuare a produrre elettrodomestici. Ma, sotto quale egida non è dato sapere. Per ora non si hanno certezze. Se non la chiusura.
Che «è una decisione inaccettabile» per il ministro Provenzano, «presa altrove, dal board americano sulla testa del management italiano, ancor più grave perché avviene nel pieno della pandemia in una città già in forte sofferenza. È il più grande gruppo industriale presente nel nostro Paese nel settore, ma l’ho detto in questi mesi all’azienda e l’ho ripetuto oggi: un piano senza Napoli non è un piano per l’Italia». E prosegue: «La multinazionale apre un vulnus nel rapporto con il Paese. Non onora l’impegno assunto con l’Italia nel piano industriale del 2018, in cui si riaffermava la strategicità dello stabilimento napoletano, anche per il tipo di produzione alto di gamma. Non tiene minimamente conto dei mutamenti avvenuti in questi mesi, sia in termini di nuovi spazi mercato, sia in termini di strumenti di politiche messe in campo dal governo. Escludere Napoli, e dunque l’Italia, dalla possibilità di intercettare il rientro previsto di produzioni precedentemente localizzate in Asia, di nuove produzione che sulla base delle nostre informazioni l’azienda avvierà altrove, mostra un’indifferenza nei confronti dell’Italia che smentisce il dichiarato impegno del gruppo Whirlpool nel nostro Paese. Tutto questo mina la credibilità dell’intero piano industriale per l’Italia. È superfluo qui ripetere l’importanza economica, sociale e democratica, di mantenere la produzione industriale a Napoli. Ma il punto è che Napoli non è solo Napoli. Lo hanno capito i lavoratori di tutti gli stabilimenti italiani oggi e domani in mobilitazione, mostrando una grande solidarietà con i partenopei e con le loro famiglie. A cui si aggiunge, sommessamente, anche la mia. Il vulnus con l’Italia che si apre oggi investe di una responsabilità l’intero governo». Fino a marzo i lavoratori saranno tutelati e percepiranno lo stipendio o la cassintegrazione. Ma poi? Annunciano battaglia i sindacati, annuncia battaglia il governo. Ma, dopo una decisione così chiara, più che un piano B servirebbe un vero asso nella manica.
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Stefano Patuanelli «La scelta di chiudere lo stabilimento è stata presa nell’ottobre del 2018»
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Peppe Provenzano «Una decisione inaccettabile presa altrove, sulla testa dei manager italiani»
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Alessandra Todde «Non possiamo più sottostare ai desiderata e alle pretese della multinazionale»