Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Arrestato l’«emiro vesuviano» Sequestrate Ferrari e Porsche
Indagato l’imprenditore Giuseppe Paparo, ha sottratto al fisco dieci milioni di euro Il gip: «Il suo un atteggiamento tracotante»
Figurano anche sei Ferrari, due Porsche, 70 scooter d’epoca (31 Lambrette e 39 Vespe) e otto Rolex tra i beni, per complessivi 10 milioni di euro, che la Guardia di finanza (in un’operazione chiamata “L’emiro vesuviano”) ha sequestrato a Giuseppe Paparo, 53 anni, amministratore unico della PA.GI. Carburanti srl, che da ieri è ai domiciliari. Secondo la ricostruzione delle fiamme gialle, la società, grazie a una galassia di altre società «cartiere» che le ruotavano intorno, è riuscita a evadere 10 milioni di euro di Iva e a vendere prodotti petroliferi a prezzi addirittura più bassi di quelli d’acquisto, sbaragliando la concorrenza e assumendo così, nel giro di pochi anni, una posizione monopolistica. A scoprire la maxi evasione fiscale è stato il secondo gruppo — Tutela entrate — del nucleo di polizia economico-finanziaria, sotto il coordinamento della Procura di Nola, guidata da Laura Triassi; il fascicolo è del pm Francesco Vicino.
Le prestigiose vetture (finora 14 quelle sequestrate) e gli scooter d’epoca sono stati scovati dai militari in un mega garage sotterraneo (tre i piani interrati) di San Giorgio a Cremano, suddiviso in box con saracinesche telecomandate il cui colore fa da pendant con quello delle prestigiose vetture parcheggiate. Tra il 2016 e il 2019 la società, attraverso la cosiddetta «frode carosello», è riuscita a dichiarare costi fittizi per oltre 44 milioni di euro evadendo l’Iva per circa 10 milioni: questo meccanismo fraudolento le ha consentito di vendere i prodotti petroliferi a costi estremamente bassi (anche più bassi di quelli di importanti multinazionali), di sbaragliare la concorrenza e di assumere così una posizione monopolistica in Campania e non solo.
Tra il 2016 e il 2019 il volume d’affari della PA.GI. — è stato calcolato dai finanzieri — è costantemente lievitato, facendo registrare un picco nel 2018: 56 milioni (2016), 66,5 milioni (2017), 136,6 milioni (2018) e 82,7 milioni di euro (2019).
«La tracotanza e la perseveranza dimostrate dall’indagato nella prosecuzione dell’attività fino a un’epoca molto recente — si legge nell’ordinanza del gip Daniela Critelli — rende concreto e attuale il pericolo di reiterazione del reato ed impone che gli venga posto un freno. Reiterazione delle condotte, consistenza dell’attività in termini economici, coinvolgimento di soggetti diversi connotano di particolare gravità la vicenda e gettano una luce più che sinistra sull’attività di un imprenditore espressione di un’economia malata che, se lasciato operare ulteriormente, potrà nuovamente delinquere».