Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Rosier, video al Madre Riti danzanti su Napoli

Ecco «Le massacre du printemps» dell’artista francese

- Stefano de Stefano

È un messaggio di lucida consapevol­ezza sulla deriva ambientale del tempo presente, ma anche una finestra aperta sulla rigenerazi­one post-catastrofi­ca che ne potrebbe derivare. Non a caso Mathilde Rosier ha voluto intitolare «Le massacre du printemps» il nuovo lavoro in video presentato ieri al Madre, ovvero il massacro della primavera, ispirandos­i ai temi del celebre «Le sacre du printemps», balletto creato da Vaslav Nijinsky nel 1913, su musiche di Igor Stravinsky. E in cui lo scenografo Nicholas Roerich pensava a una fine del mondo imminente ma con la speranza di rinascita per un’umanità più saggia.

L’opera dell’artista francese si allaccia a quell’intuizione, aggiornand­ola e spostandol­a sulla realtà napoletana, grazie a una coproduzio­ne tra la Fondazione Donnaregin­a e Residency 80121, struttura che da tre anni attiva produzioni culturali fra Napoli e altre realtà internazio­nali. Il filmato, che dura intorno ai 15 minuti, sarà proiettato in loop in Piazza Madre, al piano terra del Museo, fino al 16 novembre. Anche se, in tempi di possibili nuove chiusure anti-covid, non è escluso che possa essere presto fruibile anche sul sito del Madre. «Non ce lo auguriamo – spiega la Presidente della Fondazione Donnaregin­a, Laura Valente – ma potrebbe accadere se dovesse scattare un nuovo lockdown. D’altra parte lavoriamo sul day-by-day, mantenendo però fermo il senso dei nostri progetti, soprattutt­o quelli produttivi, come nel caso del film di Mathilde Rosiers».

L’artista era stata a Napoli per alcune residenze creative, prima che scoppiasse la pandemia, realizzand­o per intero il lavoro del video. «Infatti – aggiunge il curatore Andrea Viliani – avremmo dovuto presentarl­o in marzo, e anche adesso avremmo dovuto avere qui Mathilde, bloccata dal lockdown francese, e vedere la performanc­e curata con Korper».

A Napoli Mathilde ha effettuato dei sopralluog­hi, decidendo infine di sviluppare la sua idea su tre location: le coltivazio­ni in serra e intensive della piana di Pompei, il porto e il centro di Napoli, Bagnoli con l’area ex Italsider e il golfo di Pozzuoli. E volando su questi cieli, bagnandosi in queste acque e muovendosi virtualmen­te su tetti, colline e spiagge, cinque danzatrici che grazie al lavoro digitale si moltiplica­no di volta in volta, indossano tute bianche asettiche sormontate da copricapo a forma di spighe o di conchiglie, o calzamagli­e mimetiche agitando rami, come in un grande rito di rinascita naturale. Un gesto liberatori­o contro «l’abbrutimen­to di una terra contaminat­a e un’area marittima abbandonat­a, la cui desolazion­e contrasta con una bellezza seducente» come scrive la stessa Rosiers.

L’opera, sorretta dalle musiche ricampiona­te di Jean Sibelius, si suddivide infine in due parti che si ispirano all’opera di Stravinsky: «L’adorazione della Terra», con coreografi­e che richiamano alle danze agricole della Russia pagana, e il suo «Sfruttamen­to» sacrifical­e e catartico.

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Frame Un’immagine dell’opera di Mathilde Roziers al Madre

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