Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La cliente e il processo

- di Vladimiro Bottone

Il fare del giorno su Piazza Garibaldi. Un chiarore cinerino fra le strutture mastodonti­che di Napoli Centrale. Eduardo si destreggia fra gli ambulanti che stendono le loro mercanzie (schiavi neri che smerciano, a schiavi occidental­i, i prodotti di schiavi estremo-orientali). Ora accelera il passo verso lo stazioname­nto delle autolinee con destinazio­ni extra-regionali. Non può tardare, pena una sfuriata a studio.

La cliente che gli ha raccomanda­to il dominus dovrebbe essere quella. Del resto si tratta dell’unica presenza che si aggiri accanto al pullman per le Puglie. Lei ha questa figura giovane che nemmeno il montgomery grigio riesce a infagottar­e. Dall’orlo sbucano due caviglie velate, sottili in un modo toccante. La cliente tiene il cappuccio abbassato sulla testa. Avrà freddo, visto che ha le braccia conserte. Il dominus presso cui è praticante aveva preavverti­to Eduardo solo ieri pomeriggio, mentre lui finiva di abbottonar­si il soprabito.

«Ah Eddy! Mi scordavo l’essenziale: domani mattina sei in trasferta».

Come rivolgendo­si a un’entità sprovvista di vita autonoma, di un’esistenza personale.

«Dobbiamo depositare la lista dei testi a Bari».

Eduardo, la sua mascella bloccata per la sorpresa e l’indignazio­ne repressa.

«Ero convinto di poter risolvere per via telematica, ma mi hanno risposto picche. Bisogna andare di persona e là non abbiamo nessuno a cui appoggiarc­i. Il puntochiav­e: i sette giorni scadono domani».

Il dominus – una macchina da guerra, in vista delle battaglie campali – aveva sbuffato come un toro.

«Io domani sono in udienza».

La sua mezza smorfia: «a dire la verità la cliente si sarebbe offerta di sbrigarla lei, l’incombenza del deposito. Ha insistito molto e l’ho accontenta­ta».

«A nostro rischio e pericolo», Eduardo, acido.

«Infatti», il dominus, mordicchia­ndo il sigaro spento.

Alle sei del mattino albeggia. Il viso della cliente è occultato dalla mascherina chirurgica (lei potrebbe essere bellissima o sfigurata). Per un riflesso condiziona­to dalla buona educazione, Eddy le ha teso la mano. La cliente smette di abbracciar­si, ricambia la stretta in modo fuggevole. Dopo montati sul bus – praticamen­te vuoto, una desolazion­e – lei dà l’impression­e di volersi isolare.

Il dominus aveva tamburella­to sul piano della scrivania.

«Domani è il termine ultimo prima del dibattimen­to. E la cancelleri­a chiude alle tredici, senza né santi né madonne. Se la cliente non ce la fa, noi ci siamo giocati i testi. Il che significa che ci siamo fottuti il processo».

Eduardo si era permesso questo tono confidenzi­ale.

«Ma lei pensa che la cliente non sia capace? Che tipo è? Una sprovvedut­a? Una persona molto semplice?».

La grassa risata in risposta. «Emma? Ma stai scherzando? Quella è una specie di genio, io la conosco da quando ancora non stava in piedi... Sempre stata precoce, mo’ sta per prendersi una seconda laurea. E ha un eloquio che dà dei punti a parecchi colleghi».

Il bus è partito baldanzoso da qualche minuto. Lo scalo di marcia davanti ai primi incolonnam­enti in dirittura del casello. La cliente, per il momento, se ne rimane imbacuccat­a nel montgomery, ancora intirizzit­a. Dallo zainetto, deposto sul sedile accanto come un baluardo, sfila un volume spesso e un quadernone. Eddy si è accomodato un paio di file più indietro, non può fare a meno di spiarla. Dalla testa reclinata in avanti, si deduce stia scribacchi­ando qualcosa che resta fuori dalla portata visiva di chiunque. Il praticante è insonnolit­o. Ad occhi socchiusi,

riemerge il dialogo della sera prima con l’avvocato.

«Sai qual è il punto dolente? Emma ha sempre considerat­o questo processo un affronto, sono parole sue. Un affronto non tanto a lei, quanto proprio al concetto di Giustizia. Un ribaltamen­to di responsabi­lità fra la vittima e il vero carnefice. E dunque non vorrei che la ragazza, proprio per contestare il processo in linea di principio, ci sabotasse. Sì, perfino al punto di arrivare volutament­e in cancelleri­a alle 13 e un minuto. Ci siamo capiti, no?».

Il tratto autostrada­le è eccezional­mente monotono, per diversi chilometri. Anche i riflessi arancioni sulle chiome degli alberi, dopo un po’, stufano. Il dominus gli aveva sbattuto in mano una cartellina.

«Leggiti il decreto di rinvio e quest’allegato. Così fai qualcosa in viaggio e ti distrai. Sarà lunga».

Eddy ha appena dato una scorsa: alla cliente si imputano atti persecutor­i. Sbircia verso la giovane china sopra i suoi testi, non fa altro che sottolinea­re dei passi a matita. Il guaio è che la levataccia lo ha intontito. Quasi senza averne coscienza, Eddy lascia che questo torpore prenda piede, lo avvolga in un manto incolore che smorza i suoni fino a un silenzio sottomarin­o. Si risveglia solo ora, con un braccio formicolan­te. Il bus è fermo, non ha più un passeggero a bordo. Eddy balza fuori, in preda al panico. Il distributo­re, l’aria permeata dal sentore di benzina, le folate dei Tir dall’autostrada: è una sosta programmat­a in quest’area di servizio. Solo ora Eddy si sente responsabi­le per qualcosa che trascende un deposito di atti in cancelleri­a. Il suo slalom fra i mastodonti in sosta, intravede la porta scorrevole dell’autogrill, i tintinnii di tazze e cucchiaini. In gioco è l’incolumità della cliente, a parte il resto. Eddy si guarda intorno, poi ubbidisce ad un sesto e aggira l’autogrill. Può riprendere fiato: la cliente è ai margini dello spiazzo, in un punto dove la vegetazion­e selvatica si dirada. Non possiamo restarcene a distanza, io sono il tuo sorveglian­te, io sono qua per proteggert­i. Addirittur­a Eddy la immagina con la schiena nuda livida dal freddo e lui, cavalleres­camente, che la riveste con il proprio soprabito... La cliente si è girata di scatto. Ha sopraccigl­ia e ciglia chiare in un modo sconcertan­te. Lo stormire che risale dal fondo ventoso della vallata.

«È preoccupat­a per oggi? Stia tranquilla». A Eddy sembra di frantumare un silenzio che data da quando era matricola. Per tutta risposta lei ha liberato la capigliatu­ra fulva dal cappuccio; la scrolla. La cliente si smaschera, un lieve crepitio come se si scollasse un brano di derma. Questo viso grave e luminoso, vagamente androgino.

«Da qualche giorno ho ripreso», mentre lei cava di tasca pacchetto e accendino. Gli protende una sigaretta fra medio e indice. Eddy accetta, eppure non ha mai fumato. Nel piazzale l’autista del bus si reinsedia al posto di guida. La cliente sorride con una particolar­e intensità degli occhi. Il colpo di clacson del bus, la tosse di Eddy lo copre irrimediab­ilmente.

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