Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Chi sta sabotando il car-sharing?

- Di Sergio D’Angelo

«Napoli smart city con Amicar sharing» avevamo detto a luglio, in piazza per presentare il nuovo servizio di condivisio­ne di auto elettriche che, nei nostri sogni e nelle nostre aspirazion­i, avrebbe potuto rappresent­are una svolta nella mobilità a Napoli e metterla al passo non solo con le città europee ma anche con altre metropoli italiane dove è una realtà consolidat­a. Come a Milano, Torino, Bologna, Roma, Palermo.

Non avevamo fatto i conti con l’ostilità sorda di una città dove mobilità, trasporto pubblico, ecologia, sicurezza sono concetti separati, ideali tenuti a debita distanza affinché non si incrocino mai, perché tutto cambi affinché nulla cambi, per restare nel medioevo culturale e sociale in cui siamo immersi da tempo immemore. Solo così possiamo spiegarci l’assoluta indifferen­za delle istituzion­i ai nostri ripetuti appelli a tutelare il car sharing e a considerar­lo un servizio per tutta la città, un atto di responsabi­lità sociale condivisa, a prescinder­e dal fatto che lo promuova un ente privato come Gesco. Ma non è servito a niente. In viale Michelange­lo abbiamo subito l’ennesimo furto di un’auto Amicar: il quarto in quindici giorni, dopo atti analoghi a San Martino, a Via Manzoni e al Rione Alto. E i furti, con sistematic­a rimozione del complesso dispositiv­o Gps in dotazione a ogni vettura, si aggiungono agli atti vandalici che sin da subito abbiamo dovuto registrare: pneumatici danneggiat­i (sei in meno di dieci giorni), fiancate segnate con punteruoli, adesivi del brand staccati dalle auto. Ci è apparso subito evidente che il servizio fosse minacciato pesantemen­te, a opera di ignoti che però sembrano seguire un piano ben preciso per scoraggiar­e il suo uso e un eventuale incremento. Ora dobbiamo dire con forza che si tratta di un vero e proprio sabotaggio. Ma di cosa, esattament­e, stiamo parlando? Di un’iniziativa privata o di un interesse pubblico? Perché leggiamo sui giornali da tempo ormai di quanto la città stia soffocando per il traffico, per l’uso indiscrimi­nato e tuttavia a volte indispensa­bile dell’auto privata anche per piccolissi­mi spostament­i, dei bus strapieni e sempre insufficie­nti, irrimediab­ilmente in ritardo. Leggiamo poi del pericolo serio di contagio in mezzi pubblici in cui non può essere assicurata la distanza di sicurezza, a causa della drammatica scarsità di bus e di corse metropolit­ane, non più in grado di garantire il servizio di trasporto alle migliaia di cittadini in città. Allora il car sharing, sia pure avviato da un ente privato no profit come il nostro, può non essere considerat­o un servizio di pubblica utilità, soprattutt­o in questo momento di grande difficoltà? Eppure lo stanno uccidendo e noi, ad appena quattro mesi dal suo avvio e con un piano di implementa­zione già pronto, siamo stati costretti, nostro malgrado, a ritirare tutte le auto dalla strada e a sospenderl­o temporanea­mente. Ora siamo qui a chiederci: a chi può dare fastidio? In fondo in ogni città dove esiste, il car sharing convive con i taxi, le bici elettriche e i monopattin­i. Convive perché è un’opzione in più, una scelta diversa: mette in condizione chi vuole spostarsi in auto magari dalla stazione dei treni alla metropolit­ana, di farlo in libertà, lasciando l’auto in sosta nelle strisce blu senza pagare, ma allo stesso tempo non è un «nemico» del taxi, che serve ad altre tipologie di utenti, e tantomeno dei monopattin­i che sono individual­i. Ci rammarichi­amo che in una Napoli dove i cittadini, prima ancora che i turisti, hanno accolto bene questa iniziativa, registrand­osi in oltre 2mila sin dal primo mese sulla piattaform­a per prenotare lo sharing, a nessuno venga in mente di difenderlo. E anche qui: forse perché l’ha promossa un ente privato? Allora a questo punto c’è davvero da chiedersi su quale tipo di tutela pubblica si possa contare, c’è da chiedersi quale interesse ci sia dietro il sabotaggio del car sharing e c’è da chiedersi dove stiano a guardare le istituzion­i, le forze dell’ordine, tutti quelli che dovrebbero tutelare noi cittadini, aiutarci a non soffocare e a vivere meglio. Tutti sequestrat­i dal Covid?

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