Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA POVERTÀ E LA CASA CHE NON C’È
Sono ormai parecchi anni che la questione dell’edilizia residenziale è scomparsa dall’agenda pubblica. Alla riduzione progressiva della costruzione di nuovi alloggi pubblici, si è accompagnato anche l’esaurimento dei fondi storici del sostegno ordinario per l’accesso alle abitazioni in locazione previsto dal 1998 e quello destinato agli inquilini morosi incolpevoli del 2013. Ma la questione è ben più ampia e va inquadrata all’interno delle trasformazioni urbane che hanno interessato le città negli ultimi anni, incrementate anche dalla diffusione delle piattaforme online legate al turismo, e avvolte dalla retorica del ritorno ai borghi praticabile di fatto solo da parte dei ceti benestanti. E va riportata soprattutto alla scarsa risposta agli effetti drammatici sulla vita dei ceti poveri pesantemente incrementati nell’emergenza Covid-19. Fornisce un contributo importante a inquadrare la questione in questa seconda fase della pandemia, il Rapporto Caritas sulla povertà ed esclusione in Italia, e al suo interno l’analisi della questione abitativa condotta dall’economista del territorio Gianluigi Chiara di Nomisma e di Area Proxima. Il punto di partenza della riflessione è costituito dalla dimensione impressionante del fenomeno della povertà assoluta in Italia, che l’Istat nel 2019 prima della pandemia calcolava in quasi 4,6 milioni di persone, pari al 7,7% della popolazione totale.
Per questa estesa platea di cittadini, sia dei nuclei in proprietà che in affitto, il problema abitativo sta subendo gli effetti della crisi in modo molto consistente. Dal 2015 sono andate in esecuzione ogni anno circa 230 mila aste relative ad abitazioni di nuclei familiari che si sono trovati nell’impossibilità di pagare le rate del mutuo. Si è creata un’onda lunga di esecuzioni che potrà estendersi per effetto della crisi post-Covid, diversificandosi nei territori del Paese e in particolare nel Mezzogiorno, col rischio di incancrenirsi. Con l’effetto di ridurre molto la possibilità di contenere la spesa per l’accesso all’abitazione al di sotto del 30% del reddito familiare a causa dell’esiguo patrimonio pubblico. In più la dotazione del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione se non venisse fortemente incrementata, non potrebbe in alcun modo soddisfare il fabbisogno che è letteralmente esploso nell’emergenza Covid. Un’emergenza che ha costretto Governo e Regioni a mobilitarsi per avviare iniziative necessarie a tamponare le criticità legate alla morosità delle famiglie in locazione senza protezioni sociali o con ritardi rispetto alla cassa integrazione. La Regione Campania da parte sua ha stanziato 22,4 milioni di euro per il bonus affitto prima casa con un contributo da 1800 a 2000 euro a seconda del reddito ISEE, per aiutare le famiglie a sostenere il peso della crisi. E 6 milioni e 450 mila euro per il sostegno a situazioni di emergenza socio-economica a favore di nuclei familiari titolari di contratto di locazione che hanno subito diminuzione di reddito a causa delle misure restrittive. Ma il protrarsi dell’emergenza in Italia impone di riprendere la questione abitativa in tutta la sua complessità, rendendo improcrastinabile la costruzione di un piano di ampie dimensioni utilizzando le risorse del Recovery Fund. Il focus tematico nel documento della Caritas di Gianluigi Chiara si articola nella piena consapevolezza dell’esigenza di andare oltre alle ricette classiche dell’edilizia residenziale popolare e dei fondi per la locazione o la morosità. E fornisce molte proposte interessanti. Anzitutto propone l’avvio effettivo dell’Osservatorio nazionale sulla Conciliazione Abitativa previsto nel 1998, ma mai concretamente attuato, indispensabile per conoscere in ogni regione il fabbisogno abitativo suddiviso a seconda della gravità della situazione reddituale. Un Osservatorio che potrebbe essere utilmente avviato anche a scala regionale. E poi la costruzione di un programma di recupero di alloggi pubblici in affitto a canone inferiore ai 250/300 euro mensili. La creazione di Agenzie regionali per la locazione con l’obiettivo di offrire ( tramite adeguate garanzie) alloggi sia di proprietà pubblica che privata a canoni calmierati. La unificazione del Fondo per la locazione e quello per la morosità. La riforma del sistema delle Agenzie Casa con un turnover favorevole alle famiglie con maggiori difficoltà economiche. E ancora, nella previsione di un drammatico crollo della situazione economica delle famiglie, la trasformazione automatica e transitoria dei contratti a canone libero in contratti a canone concordato. E infine la realizzazione di un sistema di dormitori e alloggi per i senza dimora, che sul territorio italiano sono circa 50 mila, anche recuperando il patrimonio pubblico inutilizzato nelle città. Si tratta di un contributo importante, da approfondire da parte del governo nazionale, delle Regioni e delle Città metropolitane. Affrontando con prontezza e lungimiranza un problema drammatico.