Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Lomanto, riletture jazz dei brani di tradizione

Improvvisa­zioni «scat» nel cd del cantante vomerese

- Stefano de Stefano

In «Passione», l’album appena uscito di Carlo Lomanto, si ritrovano subito le atmosfere di quella Napoli anni ’50, che seppe miscelare con raffinata sapienza il classico melò partenopeo con le suggestion­i armoniche e ritmiche provenient­i dall’America. Quella del nord col jazz, quella del sud con la bossa nova, che del jazz era figlia meticcia e sapiente.

Il cantante e chitarrist­a vomerese, tra l’altro docente di canto jazz al Conservato­rio di Salerno, dedica infatti questa fatica - registrata in casa ai tempi del primo lockdown e poi mixata al Godfather Studio - alla nonna Emilia, che di quei brani era una sincera appassiona­ta, come è ben chiaro nel titolo, ripreso peraltro dal famoso brano di Bovio e Tagliaferr­i, al numero 5 della track list che comprende in tutto 12 canzoni. Un omaggio a un disco del 2000, in cui Carlo ne aveva inciso un’altra edizione.

E il clima, esaltato dai pezzi del dopoguerra come «Anema e core», che ricorda la versione di Toquinho e Vinicius de Moraes, e «Munasterio ‘e Santa Chiara», ha i suoi riferiment­i in voci raffinate come Roberto Murolo, Ugo Calise, Fausto Cigliano, Nicola Arigliano o nelle note suonate da musicisti come Armando Trovajoli, Armando Romeo o Cicci Santucci, formati all’ascolto degli standard intimistic­i del tempo. Ma Carlo va oltre, regalando al suo percorso anche le novità degli anni successivi. Come l’uso della chitarra alla Joe Pass in «Passione» o dell’improvvisa­zione vocale ‘scat’ alla Bobby Mc Ferrin in «’I te vurria vasà». Ma oltre alla Napoli di ieri non manca quella più contempora­nea con una versione di «A me me piace ‘o blues» che spinge Pino Daniele sui modi improvvisa­tivi di Al Jarreau, da sempre punto riferiment­o del vocalism di Lomanto. Infine, tre brani a propria firma, l’avvolgente ballad «Nun parlà» scritta con Federica Cammarota, l’etnica «Il cielo sotto i piedi» con Miriam Lattanzio e la struggente «’O core nun penza», firmata con Daniela Carelli.

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Professore Carlo Lomanto insegna al Conservato­rio Martucci di Salerno

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