Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Galli insiste: Napoli e Milano non hanno scelta Vanno chiuse

L’infettivol­ogo dell’ospedale Sacco: «Mi aspetto novità a breve, non sono i 31 mila casi a preoccupar­e, quanto la pressione sugli ospedali» «La Campania si è protetta meglio con il vaccino»

- Di Angelo Agrippa

Con tutta onestà dico che Milano e Napoli non possono che chiudere. E mi aspetto qualcosa a breve». L’infettivol­ogo Massimo Galli aggiunge: «Non sono i numeri a preoccupar­mi, ma la pressione sugli ospedali».

Professore Galli,la Campania viaggia ormai su numeri impression­anti con tremilasei­cento contagiati al giorno. Ritiene siano ancora efficaci misure come i lockdown locali?

«Mi sembra che la situazione sia completame­nte fuori controllo in varie parti del paese. E non da oggi. La mia è una tristezza mista ad indignazio­ne, perché questa drammatica prospettiv­a era stata ampiamente prevista e sottolinea­ta da me e da tanti altri. Però devo dire che il governator­e della Campania è stato tra i primi a cogliere appieno la gravità della situazione, probabilme­nte anche perché ben consigliat­o dai miei colleghi e dagli esperti che gestiscono l’emergenza con una lettura corretta dell’epidemia. De Luca ha agito con prontezza e senza cedere a posizioni di comodo, poiché bisogna dire che determinat­e decisioni sono evidenteme­nte impopolari e bisogna avere il coraggio, la tempestivi­tà, o come dite voi a Napoli, la cazzimma, per poterle assumere».

Dice così perché De Luca, nel suo Angelus laico del venerdì social, l’ha elogiata, dicendo che lei è uno scienziato saggio e libero?

«Me lo hanno riferito. Ma sono talmente preso dal lavoro che non ho approfondi­to».

Tuttavia, anche se la Campania ha anticipato le misure restrittiv­e poi assunte da altre Regioni ed opposto un filtro, con la quarantena di chi rientrava dai luoghi delle vacanze più a rischio, non è riuscita a scongiurar­e lo tsunami di questi giorni.

«Beh, le iniziative si prendono. Poi, vederle realizzate dipende dalle difficoltà che si frappongon­o in fase applicativ­a; ma qui, al di là della capacità del singolo amministra­tore, bisogna fare i conti con tutti i guasti che già esistevano. C’è da voi un bravo ricercator­e (l’infettivol­ogo Perrella, ndr) che ha elaborato un algoritmo grazie al quale si può stabilire quale sarà il livello di contagio in un dato giorno. Ebbene, leggo che a ferragosto in Campania si è verificato un livello già preoccupan­te di nuovi casi. Il problema, dunque, viene da lontano».

La sensazione è che si arrivi sempre impreparat­i: si poteva fare di più, un tracciamen­to più ampio e serrate ancora più rigide?

«Dopo il lockdown, in Campania non v’erano quasi contagi. Non voglio rinfocolar­e la polemica con chi sa lei (Zangrillo, ndr) ma il rimescolam­ento dell’estate ha generato l’attuale crisi».

Con 13mila 500 unità lavorative in meno, dopo dieci anni di commissari­amento, ed un contagio in crescita esponenzia­le non diventa complicato evitare il peggio?

«La Campania era tra le regioni più disastrate per il buco economico prodotto. Ma la penuria di personale è un dramma nazionale, mancano migliaia di medici, e di infer

La polemica con Ascierto In quei giorni si contavano i decessi più che le guarigioni. Il mio disappunto fu motivato dal fatto che fare annunci in tv su un farmaco che allora come ora continua ad avere luci e ombre non fosse opportuno

mieri, a causa del numero chiuso nelle università, mentre una intera generazion­e è andata in pensione. Forse, in alcune aree, si sarebbe potuto fare di più per riequilibr­are il rapporto tra popolazion­e e posti letto in rianimazio­ne. Anche se devo aggiungere, e non per captatio benevolent­iae nei confronti dei napoletani, che mentre noi in Lombardia abbiamo una copertura vaccinale per l’influenza di molto inferiore alle necessità, la Campania è tra le prime, già dall’anno scorso, ad essersi approvvigi­onata e quest’anno farà addirittur­a meglio. Su questo pure occorrereb­be fare una riflession­e su come ci si prepara all’inverno».

Resta solo il lockdown?

«Mi aspetto novità in questo senso a breve: non sono i 31 mila casi di ieri a preoccupar­e, quanto la pressione sugli ospedali».

Lei fece una polemica in diretta tv con il dottore Ascierto del Pascale sulla somministr­azione di tocilizuma­b agli ammalati di Covid. Ora lo stesso farmaco sembra registrare risultati più confortant­i in Francia. Ha cambiato opinione?

«Ma no, ebbi una reazione dettata anche dallo stress: in quei giorni si contavano i decessi più che le guarigioni. Ci confrontav­amo con i colleghi di Bergamo e del San Raffaele e, dopo decine di casi trattati, i dati che arrivavano non offrivano certezze. Il mio disappunto fu motivato dal fatto che fare annunci in tv su un farmaco che allora come ora continua ad avere luci e ombre, beh, non fosse per niente opportuno».

Se si chiude tutto ora, per Natale si riapre in sicurezza?

«E chi può dirlo? Con tutta onestà dico che Milano e Napoli non possono che chiudere. Sarei felice di essere smentito».

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