Corriere del Mezzogiorno (Campania)
RECOVERY FUND ANCHE PER I MUSEI
Giorni fa Lucrezia Reichlin sul Corriere, ragionando su come il Sud potrebbe trarre benefici dal Recovery Fund, sosteneva che sarebbe opportuno responsabilizzare e sostenere i possibili attori protagonisti dello sviluppo, citando rettori e manager di successo. Quindi cultura e impresa.
Riprendendo il suo ragionamento, in buona parte condivisibile, aggiungerei i responsabili dei musei. Recentemente si è ancora parlato di musei. A parte le positive esperienze del Madre, di cui faremo cenno più avanti, sono invocati a gran voce il Museo da dedicare al famoso tenore Enrico Caruso, di cui decade l’ anniversario della morte l’anno prossimo; ma anche il Museo dell’emigrazione, previsto ai Magazzini generali al Porto di Napoli, il museo di Velia, del quale appare intensa l’azione del comitato promotore, guidato da Caterina Cammarano. Ed altri. Giusto, ben vengano nuovi musei, luoghi di cultura. Ma apriamo però un ragionamento su cosa debbano rappresentare di qui in avanti questi luoghi che non di rado si limitano a restare stanze che contengono reperti, non sempre ottimamente gestiti, e non sempre dotati di grandi vivacità.
Il Museo di Pirandello ad Agrigento mi risulta avere più dipendenti, che visitatori. I musei devono diventare attori dello sviluppo, integrandosi con i flussi turistici, e con le altre realtà legate al turismo, contribuendo a formare una sorta di rete interattiva, sostenuta da strumenti tecnologicamente avanzati. Abbiamo esempi di buona gestione, come il già citato Museo Madre presieduto da Lura Valente e diretto da Kathryn Weir, piuttosto che il Parco Archeologico di Paestum e Velia, diretto da Gabriel Zuchtriegel. Senza dimenticare l’ottimo lavoro svolto da Massimo Osanna a Pompei. Ma il sistema appare un po’ indietro rispetto ad altri, per esempio, ai francesi. Si pensi che il Louvre, grazie al buon operato del suo presidente Jean Luc Martinez, fattura da solo 205 milioni di euro; più di tutti i 450 musei italiani messi assieme, che non arrivano a 200 milioni. I motivi? Efficienza, impostazione, e capacità di modernizzazione.
Giuliano Volpe, presidente del Consiglio superiore per i beni culturali al Mibact, dice: «L’ Italia inizia solo ora a considerare i suoi musei qualcosa di più di meri luoghi di studio ed educazione». 8,6 milioni di presenze al Louvre, 50 milioni nei musei italiani. Qualcosa non quadra. Il direttore degli Uffizi, Eike Schimidt: «Se avessi mano libera nell’assumere chi mi serve potrei immediatamente incrementare gli incassi con il merchandising. Infatti, aldilà del fatto che da poco i musei possono conservare gli incassi (fino a poco fa i soldi andavano al Ministero), la risposta ai quesiti di cui sopra la si può leggere nei servizi aggiuntivi. All’estero funzionano molto meglio. Patrizia Asproni, ex numero uno della fondazione musei torinesi, dice che il bookshop, nel caso di Parigi, è praticamente un centro commerciale. E che dire dell’ accordo con Abu Dhabi, che ha portato alla costituzione del Louvre Abu Dhabi? Centinaia di milioni ai francesi, incarichi a curatori ed esperti, eccetera.
Di fatto la Francia concentra tutte le risorse sul Louvre, che gestisce i rimanenti 33 musei nazionali. Da noi i 450 musei viaggiano in ordine sparso. Proviamo a riflettere. Senza copiare nessuno, e prendendo le distanze da qualsiasi forma di marketing che possa disturbare in qualche modo il livello culturale.