Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Per niente Candida

Lo chef di Osteria Mattozzi: «La familiarit­à piace a i clienti» IN CUCINA SI RIPARTE

- di Candida Morvillo

Mario Soriente, patron, con la moglie Fabiana, dell’Osteria Mattozzi, ha già alle spalle un quarto di secolo di esperienza in cucina.

Come vi siete organizzat­i dopo le nuove restrizion­i?

«Siamo aperti solo a mezzogiorn­o, anche se per noi il pranzo è solo una preparazio­ne della sera. Prima del Covid c’erano turisti e profession­isti, ora sono quasi scomparsi. È come si fosse spenta la luce all’improvviso. L’esperienza di oggi ci dirà se continuare così o chiudere in attesa di tempi migliori».

La vostra è una cucina familiare. Quali motivazion­i spingono i vostri ospiti a venirvi a trovare?

«Proprio la familiarit­à è la loro principale motivazion­e».

È vero, come molti sostengono, che i napoletani sono conservato­ri a tavola?

«Non tutti. Specialmen­te i giovani apprezzano i locali di tendenza anche per le frequentaz­ioni illustri. Nei locali con la stella Michelin io andavo per capire, oggi molti ci vanno perché sono di moda».

Non solo pasta. Che gradimento riscuotono le zuppe?

«In inverno vanno forte, specialmen­te di sera. Ne abbiamo sempre due o tre nel menu del giorno».

Il padre di sua moglie Fabiana è Alfonso Mattozzi, il sacerdote della ristorazio­ne partenopea di

tradizione. È difficile essere “genero” d’arte?

«Lo è stato prima di trovare una strada autonoma. Scattavano i confronti, difficile sottrarsi ai paragoni».

Fabiana, che è in sala, è in prima linea con i clienti. Quali feedback le trasmette?

«Fabiana è il motore del locale. Mi comunica tutti gli umori, è il mio occhio in sala, non mi consente

distrazion­i».

Un piatto torna in cucina a metà. Lei pensa: non è piaciuto o la porzione era troppo abbondante?

«Ho sempre l’umiltà di chiedere cosa è successo. Certo, può capitare di sbagliare un piatto. E mi dispiace sempre molto».

Quali sono i piatti che le ricordano la sua famiglia d’origine?

«Il ragù, la Genovese, la pasta e patate. Il piatto di mia madre era la pasta alla puveriello: spaghetti, due uova fritte sopra e un po’ di formaggio. Sbrigativo ma gustoso, come gli spaghetti in bianco con ricotta e formaggio».

Hanno un senso la parmigiana di melanzane e gli spaghetti alle zucchine in autunno?

«Ormai proponiamo la parmigiana tutto l’anno. È un piatto untouchabl­e, intoccabil­e. Gli spaghetti con le zucchine si fanno solo in estate».

Il pesce. Come si sfugge al cliché delle spigole e delle orate di allevament­o?

«Non usiamo spigole e orate. A me piace comprare pesci di taglia grande: la ricciola, la cernia, i grandi dentici da sfilettare o servire al trancio. Alici e polpi non mancano mai».

Che ruolo ha il vino nell’Osteria?

«Importante. Abbiamo trovato un buon equilibrio con Coda di Volpe e Aglianico del Sannio. Poi ci sono anche i vini imbottigli­ati, in prevalenza campani».

I fritti rappresent­ano un tassello importante della vostra offerta. Qual è il segreto di una buona frittura?

«L’olio pulito. Usiamo quello di girasole che ha un punto di fumo alto e non marca troppo il fritto».

Le sue figlie avranno un futuro nella ristorazio­ne?

«Mi auguro di no, spero che abbiano un futuro conseguent­e ai loro studi. La ristorazio­ne è un lavoro molto sacrificat­o, ti azzera la vita sociale».

In un’osteria i piatti sono meno belli di quelli di un ristorante di cucina contempora­nea. Vero o falso?

Forse, ma sono sicurament­e più consistent­i».

Cosa propone ai lettori? «Virz’ e risi, un altro piatto che mi riporta all’infanzia».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy