Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Galleria Umberto All’improvviso spunta un balcone
Tirato su in una notte. Carughi: «Attenti, non è l’unico caso»
Sabato scorso era un’anonima saracinesca di un negozio della Galleria Umberto I. Lunedì, meno di quarantotto ore più tardi, si è trasformata in un balconcino in ferro affacciato sul Real Teatro San Carlo.
Sabato scorso era un’anonima saracinesca di un negozio della Galleria Umberto I. Lunedì, meno di quarantotto ore più tardi, si è trasformata in un balconcino in ferro affacciato sul Real Teatro San Carlo. Un posto in prima fila davanti al tempio della lirica, un abuso edilizio che fa a pugni con uno dei monumenti più riconoscibili della Napoli tardo-ottocentesca.
Da pochi giorni, la galleria accoglie sul suo ingresso principale di via San Carlo un obbrobrio architettonico che si fa largo tra il porticato, le colonne in travertino, gli archi monumentali, le finestre a serliana, le bifore e i capitelli risalenti alla seconda metà del diciannovesimo secolo. «Non è l’unico abuso edilizio presente negli spazi della galleria, ma è certamente il più vistoso, il più clamoroso, il più insensato. Va abbattuto immediatamente». A commentare questa assurdità sbucata dal nulla è l’architetto Ugo Carughi, presidente del comitato “Galleria Umberto Primo”. Direttore della Soprintendenza dei Beni architettonici di Napoli e provincia dal 1979 al 2013 e poi soprintendente reggente nel 2000, Carughi è docente universitario e componente del comitato scientifico dell’Associazione “Dimore Storiche della Campania”. Proprio ieri sera il comitato presieduto da Carughi ha preso parte a un appuntamento dei “Dialoghi cittadini sulla vivibilità” tenutosi negli spazi della Galleria Umberto I e promosso dal Comitato “Vivibilità cittadina”, il cui motto è «La città non è un bene di consumo». Concepita come area commerciale e realizzata tra il 1887 e il 1890, la galleria fu progettata dall’ingegner Emmanuele Rocco con successivi contributi di Antonio Curri ed Ernesto di Mauro. Il monumento venne intitolato al re d’Italia Umberto I in omaggio alla sua presenza in città durante il colera del 1884; l’epidemia mostrò i segni di una Napoli fragile, che meritava un risanamento, nome che marchiò a fuoco una fase-chiave della città e che ebbe nella Galleria stessa e nell’area che abbracciava corso Umberto I i suoi simboli più evidenti.
La funzionalità di piazza della Borsa, l’eleganza simmetrica della cosiddetta piazza dei Quattro Palazzi, l’idea di una city operativa incarnata dal lungo rettifilo e, soprattutto, il glamour e la vivacità commerciale della Galleria Umberto I permisero di soppiantare quell’intrico di vicoli, animati da prostitute, marinai e uomini di malaffare — raccontati anche da Giambattista Basile — che faceva da sfondo all’esplosione del colera. I giornali dell’epoca espressero un grande entusiasmo per l’avvio dei lavori e, soprattutto per la complessiva riqualificazione del territorio, che mise la parola fine all’antico Rione Santa Brigida, a ridosso del quartiere San Ferdinando. Con un contratto di convenzione, la Società romana Impresa dell’Esquilino cedette al Comune di Napoli la Galleria che affacciava su quattro lati, le attuali via San Carlo, via Toledo, via Giuseppe Verdi e via Santa Brigida; la costruzione accoglieva due strade pedonali al suo interno che originariamente dovevano essere libere e percorribili.
La cupola centrale e le coperture in ferro e vetro dei quattro bracci della galleria vennero concepite da Francesco Paolo Boubè e costruite ad integrazione del progetto originario per la cifra monstre di novecentomila lire. «Tre anni fa qualcuno propose addirittura di collocare quattro cancellate agli ingressi della Galleria Umberto I — spiega Carughi (che ha firmato anche il volume La Galleria Umberto I. Architettura del ferro a Napoli) — con l’idea assurda di trasformarlo in un unico condominio monumentale. Questa galleria nasce come espressione di un’idea architettonica e urbanistica ben precisa, connessa con l’identità della borghesia napoletana dell’Ottocento, che incarnava la forza e il tessuto economico della città. L’intervento urbanistico avviato con la costruzione di questo grande monumento seguiva l’esempio parigino di Georges Eugène Haussmann. Quel balcone in metallo, nato in un solo giorno è antitetico non soltanto al decoro del monumento ma al carattere stesso della Galleria Umberto I».