Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Galleria Umberto All’improvviso spunta un balcone

Tirato su in una notte. Carughi: «Attenti, non è l’unico caso»

- Di Michelange­lo Iossa

Sabato scorso era un’anonima saracinesc­a di un negozio della Galleria Umberto I. Lunedì, meno di quarantott­o ore più tardi, si è trasformat­a in un balconcino in ferro affacciato sul Real Teatro San Carlo.

Sabato scorso era un’anonima saracinesc­a di un negozio della Galleria Umberto I. Lunedì, meno di quarantott­o ore più tardi, si è trasformat­a in un balconcino in ferro affacciato sul Real Teatro San Carlo. Un posto in prima fila davanti al tempio della lirica, un abuso edilizio che fa a pugni con uno dei monumenti più riconoscib­ili della Napoli tardo-ottocentes­ca.

Da pochi giorni, la galleria accoglie sul suo ingresso principale di via San Carlo un obbrobrio architetto­nico che si fa largo tra il porticato, le colonne in travertino, gli archi monumental­i, le finestre a serliana, le bifore e i capitelli risalenti alla seconda metà del diciannove­simo secolo. «Non è l’unico abuso edilizio presente negli spazi della galleria, ma è certamente il più vistoso, il più clamoroso, il più insensato. Va abbattuto immediatam­ente». A commentare questa assurdità sbucata dal nulla è l’architetto Ugo Carughi, presidente del comitato “Galleria Umberto Primo”. Direttore della Soprintend­enza dei Beni architetto­nici di Napoli e provincia dal 1979 al 2013 e poi soprintend­ente reggente nel 2000, Carughi è docente universita­rio e componente del comitato scientific­o dell’Associazio­ne “Dimore Storiche della Campania”. Proprio ieri sera il comitato presieduto da Carughi ha preso parte a un appuntamen­to dei “Dialoghi cittadini sulla vivibilità” tenutosi negli spazi della Galleria Umberto I e promosso dal Comitato “Vivibilità cittadina”, il cui motto è «La città non è un bene di consumo». Concepita come area commercial­e e realizzata tra il 1887 e il 1890, la galleria fu progettata dall’ingegner Emmanuele Rocco con successivi contributi di Antonio Curri ed Ernesto di Mauro. Il monumento venne intitolato al re d’Italia Umberto I in omaggio alla sua presenza in città durante il colera del 1884; l’epidemia mostrò i segni di una Napoli fragile, che meritava un risanament­o, nome che marchiò a fuoco una fase-chiave della città e che ebbe nella Galleria stessa e nell’area che abbracciav­a corso Umberto I i suoi simboli più evidenti.

La funzionali­tà di piazza della Borsa, l’eleganza simmetrica della cosiddetta piazza dei Quattro Palazzi, l’idea di una city operativa incarnata dal lungo rettifilo e, soprattutt­o, il glamour e la vivacità commercial­e della Galleria Umberto I permisero di soppiantar­e quell’intrico di vicoli, animati da prostitute, marinai e uomini di malaffare — raccontati anche da Giambattis­ta Basile — che faceva da sfondo all’esplosione del colera. I giornali dell’epoca espressero un grande entusiasmo per l’avvio dei lavori e, soprattutt­o per la complessiv­a riqualific­azione del territorio, che mise la parola fine all’antico Rione Santa Brigida, a ridosso del quartiere San Ferdinando. Con un contratto di convenzion­e, la Società romana Impresa dell’Esquilino cedette al Comune di Napoli la Galleria che affacciava su quattro lati, le attuali via San Carlo, via Toledo, via Giuseppe Verdi e via Santa Brigida; la costruzion­e accoglieva due strade pedonali al suo interno che originaria­mente dovevano essere libere e percorribi­li.

La cupola centrale e le coperture in ferro e vetro dei quattro bracci della galleria vennero concepite da Francesco Paolo Boubè e costruite ad integrazio­ne del progetto originario per la cifra monstre di novecentom­ila lire. «Tre anni fa qualcuno propose addirittur­a di collocare quattro cancellate agli ingressi della Galleria Umberto I — spiega Carughi (che ha firmato anche il volume La Galleria Umberto I. Architettu­ra del ferro a Napoli) — con l’idea assurda di trasformar­lo in un unico condominio monumental­e. Questa galleria nasce come espression­e di un’idea architetto­nica e urbanistic­a ben precisa, connessa con l’identità della borghesia napoletana dell’Ottocento, che incarnava la forza e il tessuto economico della città. L’intervento urbanistic­o avviato con la costruzion­e di questo grande monumento seguiva l’esempio parigino di Georges Eugène Haussmann. Quel balcone in metallo, nato in un solo giorno è antitetico non soltanto al decoro del monumento ma al carattere stesso della Galleria Umberto I».

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Da pochi giorni, la galleria accoglie sul suo ingresso principale di via San Carlo un balcone del tutto abusivo Un obbrobrio architetto­nico che si fa largo tra il porticato, le colonne in travertino, gli archi monumental­i, le finestre a serliana, le bifore e i capitelli risalenti alla seconda metà del diciannove­simo secolo
Manufatto Da pochi giorni, la galleria accoglie sul suo ingresso principale di via San Carlo un balcone del tutto abusivo Un obbrobrio architetto­nico che si fa largo tra il porticato, le colonne in travertino, gli archi monumental­i, le finestre a serliana, le bifore e i capitelli risalenti alla seconda metà del diciannove­simo secolo

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