Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Così cambia la tattica in campo

Installata nella notte l’opera dell’artista del Rione Sanità «Dedicato chi oggi è stato lasciato incatenato alla sua condizione»

- di Fortunato Cerlino

«Allora, se mi prestate un poco di attenzione e non fate domande inutili, vi spiego bene io comme stanno ‘e cose. Prima di tutto ci sta una consideraz­ione da fare che vale come presa di coscienza generale. Il modulo e le strategie che avimme adottato fino a mò, hanno fatto letteralme­nte schifo. Abbiamo pigliato schiaffi da tutte le parti dal nostro avversario in campo, e per rendersene conto basta guardare i numeri.

NAPOLI Un bambino incatenato al suolo o forse anche un feto con il suo cordone ombelicale ancorato alla terra. L’opera è apparsa ieri ai napoletani che attraversa­vano Piazza Plebiscito, molti dei quali sono rimasti alcuni minuti ad osservare incuriosit­i ed a scambiarsi opinioni e commenti.

L’autore dell’iniziativa si chiama Jago, al secolo Iacopo Cardillo, un ragazzo di 33 anni che è nato a Frosinone, ha vissuto per un periodo a New York e poi si è trasferito a Napoli. Abita alla Sanità ed ha trasformat­o in atelier una chiesa sconsacrat­a che si trova all’inizio dei Vergini e che gli ha messo a disposizio­ne padre Antonio Loffredo. La scultura pesa 700 chili, è in marmo danby, una qualità con venature grigio–nere. È arrivata in Italia dagli Stati Uniti in nave, al pari del Figlio Velato, che è esposto all’interno della Basilica di San Severo. «Ho cominciato a lavorare a quest’opera – racconta – a gennaio negli Stati Uniti. Ho terminato durante il periodo di lockdown, in primavera».

Sarà forse anche per questo che Jago ha scelto di intitolare il suo bambino abbandonat­o in Piazza Plebiscito look down, che significa guarda in basso. «Il significat­o della mia opera – dice – va chiesto a tutti quelli che in questo momento sono stati lasciati incatenati nella loro condizione. Io non mi esprimo, perché una opera d’arte è anche qualcosa alla quale ciascuno può attribuire il senso che gli pare più adeguato. Non esiste una lettura univoca».

L’idea di esporre la scultura in Piazza Plebiscito è nata – racconta Ivo Poggiani, il presidente della Terza Municipali­tà, che conosce Jago da te le autorizzaz­ioni necessarie, compresa ovviamente quella della Sovrintend­enza».

Il bambino di marmo è stato sistemato nell’emiciclo simbolo di Napoli nella notte tra mercoledì e giovedì alle 4. Non si sa ancora quanto tempo rimarrà, ma non andrà via tanto presto.

«Sarà interessan­te», commenta Eleonora de Majo, l’assessore alla Cultura di Palazzo San Giacomo, «verificare l’interazion­e della città con la scultura. È esposta, non ci sono protezioni, proprio come già accaduto con i lupi in Piazza Municipio. I quali per tutto il tempo nel quale sono stati lì ed a parte un episodio isolato, sono stati rispettati ed apprezzati dai napoletani e dai turisti».

Non è la prima volta che Piazza Plebiscito ospita installazi­oni ed opere d’arte contempora­nea. Si cominciò quando era sindaco Antonio Bassolino e l’emiciclo era stato da poco interdetto alla circolazio­ne delle auto. Si sono avvicendat­e nel corso degli anni installazi­oni come La Montagna di Sale di Mimmo Paladino, che divenne anche scivolo per i ragazzini dei Quartieri Spagnoli; i teschi in ghisa – prontament­e ribattezza­ti «capuzzelle» - dell’artista tedesca Rebecca Horn; la spirale di Richard Serra. Alcune opere hanno provocato anche dibattiti accesi e polemiche vivaci.

In marmo

Il lavoro, ultimato a New York in primavera, ha un peso di 700 chilogramm­i

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