Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Salute o istruzione: scelta amara (e unica) che non lascia scampo
«Se la Campania è regione gialla vuol dire che torneremo in classe?»: mi hanno chiesto i miei alunni di liceo durante la lezione di questa mattina. «Sono stanco, ho mal di testa»: si lamenta mio figlio di nove anni alla fine di ogni giornata di Dad. Non perché sia un «bambino al plutonio» ma proprio perché è fatto di carne, ossa, muscoli, occhi, orecchie e restare immobile, solo davanti a uno schermo per tante ore non si confà alla natura umana.
Forse a quella plutonica, chissà. Dieci giorni: per moltissimi studenti campani, tra sanificazioni post elettorali, allerta meteo, sabati e domeniche la scuola in presenza è durata dieci giorni. Il tempo di ritrovarsi, per quelli che provenivano già dalla stessa classe, nemmeno il tempo di conoscersi per coloro che si accingevano a frequentare il primo anno di un nuovo ciclo. Poi l’ordinanza, scattata nel tardo pomeriggio di giovedì 15 ottobre, che ha lasciato a casa tutti. I contagi in Campania hanno iniziato a crescere, gli ospedali a entrare in affanno, le terapie intensive a raggiungere il livello di guardia.
Di fronte a questo scenario che in pochi giorni ci ha trasformato da regione virtuosa a territorio emergenziale abbiamo fatto un passo indietro, pur coltivando la convinzione che il luogo dell’apprendimento sia quello in cui ci si parli senza un microfono, ci si guardi negli occhi senza una telecamera, si possa permanere a prescindere dalla potenza del proprio collegamento.
Le nostre proteste sono state pacifiche, ordinate e senza riscontro. Poi ci siamo ritirati, pur restando fermi nelle nostre opinioni. Abbiamo atteso che, in seguito alla chiusura delle scuole, i contagi diminuissero, ma così non è stato, né da noi né altrove. Abbiamo scoperto che altrove - in Italia, in Europa - le scuole sono rimaste aperte. Abbiamo appreso che ci sono contesti in cui la scuola non è sacrificabile, se non come estrema ratio, perché gli imprenditori e i commercianti possono essere ristorati, ma gli studenti no.
Quello che perdono, lo perdono per sempre. I ragazzi che abbandonano gli studi non saranno recuperati «e ciò che non accade non ritorna», per citare il poeta napoletano Ciro Tremolaterra. Ma noi siamo persone ragionevoli, ragionare è il nostro mestiere, e abbiamo immaginato che, nonostante le ripetute dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulla necessità di salvaguardare le lezioni in presenza, l’eccezione della Campania fosse motivata dall’altrettanto eccezionale livello di contagio e che dopo la scuola ci sarebbero state – inevitabilmente - altre chiusure.
Siamo persone rispettose delle regole, le insegniamo a scuola tutti i giorni, prima del latino e dell’algebra. Siamo persone pacate e non incendiamo cassonetti in strada per avvalorare le nostre argomentazioni. Per questo motivo, tra rosso, arancione e giallo avremmo puntato, malgrado tutto, sul rosso. E avremmo perso. L’ultimo Dpcm ci ha messo di fronte all’ennesima anomalia della Campania: l’unica regione gialla d’Italia i cui alunni, anche i più piccoli d’età, sono costretti a studiare a orario ridotto attraverso lo schermo di un telefonino o di un tablet, l’unica in cui le famiglie (e spesso per sineddoche le madri) si siano dovute sobbarcare l’accudimento antimeridiano dei figli, sacrificando giocoforza la propria attività lavorativa.
È il fotogramma di un territorio che sfugge alle regole e che vive spesso di eccezioni. Non perché i campani siano meno ligi alle misure di sicurezza imposte da questi tempi complicati, ma perché probabilmente noi la scuola non ce la possiamo permettere, non è sostenibile. Non abbiamo una mobilità pubblica adeguata, non abbiamo strutture ospedaliere sufficienti, non abbiamo locali scolastici idonei.
Possiamo però contare su un welfare gratuito e fatto in casa: un esercito di nonni pensionati e madri inoccupate che possono caricarsi sulle spalle il peso di lacune che non hanno contribuito a creare. E così siamo posti di fronte a una scelta drammatica: o la salute o l’istruzione dei nostri figli. Una scelta che, in ogni caso, non ci lascia scampo.