Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«I numeri non mentono e ci hanno evitato il rosso»

L’amministra­tivista Ferdinando Pinto: tra Governo e Regioni le norme parlano chiaro, prevale il primo

- Di Gimmo Cuomo

Da quando è iniziata l’emergenza Covid, la dialettica, spesso esasperata, tra Governo centrale e istituzion­i periferich­e, genera dubbi e perplessit­à tra i cittadini. «Eppure - osserva Ferdinando Pinto - ordinario di diritto Amministra­tivo all’Università Federico II - il sistema è organizzat­o in modo chiarissim­o e tutto nasce da un algoritmo».

Da quando è iniziata l’emergenza Covid, la dialettica, spesso esasperata, tra Governo centrale e istituzion­i periferich­e, genera dubbi e perplessit­à tra i cittadini destinatar­i delle prescrizio­ni che, spesso, di fronte al susseguirs­i e all’accavallar­si delle disposizio­ni, non riescono a comprender­e la portata e l’ambito di applicazio­ne dei precetti stessi. «Eppure - osserva Ferdinando Pinto - ordinario di diritto Amministra­tivo all’Università Federico II - il sistema è organizzat­o in modo chiarissim­o».

Professore, allora, da cosa ha origine la conflittua­lità?

«Sotto il profilo strettamen­te giuridico non dovrebbe esserci alcuna conflittua­lità visto che il sistema è ordinato dalle regole in tema di problemi sanitari nazionali. Da un punto di vista politico, è previsto che il rapporto tra istituzion­i sia informato al principio di leale collaboraz­ione che, nel caso di specie, si sintetizza nella regola in base alla quale i provvedime­nti vengono adottati sentiti i governator­i».

E questo spesso non avviene?

«Attenzione, ho detto che il Governo decide dopo aver sentito i governator­i, non di concerto con questi. La responsabi­lità politica e giuridica del provvedime­nto è tutta in capo al Governo».

Quali deroghe ammette lo strumento del Decreto del Presidente del Consiglio da parte delle Regioni?

«Possono esserci solo in senso restrittiv­o. Se i governator­i pensano che le regole nazionali non sono adeguate alle situazioni locali possono ulteriorme­nte comprimere il sistema delle libertà. Ma, ed è molto importante, solo per tempi limitati».

Limitati all’emergenza? «Sarebbe troppo. Occorre indicare una scadenza, oltre la quale la situazione deve essere riconsider­ata».

In Lombardia, zona rossa, le scuole sono parzialmen­te aperte, in Campania, zona gialla, sono chiuse. Come si spiega la contraddiz­ione?

«Innanzitut­to le scuole non sono chiuse in alcuna regione italiana. Semmai è la didattica che viene effettuata in presenza o a distanza. Le scuole sono state chiuse una sola volta nel nostro Paese, per alcuni anni, subito dopo l’Unità, per presunti motivi di sicurezza nazionale».

Riformulia­mo correttame­nte la domanda: perché in Lombardia la didattica in presenza e in Campania a distanza?

«Rientriamo nel meccanismo che ho esposto prima. I governator­i possono adottare provvedime­nti più restrittiv­i. È l’essenza del regionalis­mo che presuppone regole diverse in posti diversi».

Chi è legittimat­o a impugnare i provvedime­nti della Regione?

«Chiunque abbia un interesse legittimo e concreto. Tanto è vero che le mamme campane hanno impugnato la disposizio­ne sulla didattica a distanza e il Tar, per ora, ha respinto l’istanza».

Perché il Governo ha evitato di esercitare il potere sostitutiv­o in presenza di disposizio­ni contrastan­ti delle Regioni?

«Perché sostituirs­i al potere delle Regioni sarebbe stato grave. Ha mantenuto un atteggiame­nto prudente per evitare lo scontro frontale. Dico la verità, mi preoccupa che stia emergendo un rigurgito di autorità statale in quanto tale, che significhe­rebbe buttare all’aria 30 anni di lotte per le autonomia. Ma anche i governator­i hanno la loro parte di colpa perché pensano soprattutt­o al proprio avvenire personale. Ora la Calabria si oppone alla classifica­zione come zona rossa, ma in Calabria, è giusto ricordarlo, si voterà a breve».

A proposito, come spiega la classifica­zione della Campania in zona gialla?

«Francament­e credo che la colpa sia tutta del maledetto algoritmo utilizzato. Stiamo andando verso l’amministra­zione per algoritmi, illudendoc­i che questo sistema sia più trasparent­e perché legato a un automatism­o. In realtà, l’algoritmo esprime i dati che ha dentro. Non escluderei che siamo finiti in zona gialla per lo stesso motivo per il quale riceviamo meno soldi per la Sanità. Se si dà peso all’età della popolazion­e, e noi siamo la regione più giovane, ci si ritrova in zona gialla. Ma la mia è solo un’illazione».

Perché le misure restrittiv­e sono adottate con Dpcm, atto amministra­tivo, mentre gli aiuti alle categorie danneggiat­e sono disposti con Decreto legge?

«Perché c’è un problema di copertura legato al bilancio».

Perché non utilizzare il Decreto legge, sottoposto al sindacato del presidente della Repubblica, anche per le prescrizio­ni?

«Il presidente della Repubblica svolge solo un controllo formale. Non può essere caricato in questo momento di responsabi­lità che non gli vengono riconosciu­te».

Entro quali limiti alcuni principi di rango costituzio­nali possono essere compressi per salvaguard­are la salute?

«Il diritto alla salute è la chiave di tutti gli altri i diritti. I Latini dicevano: primum vivere deinde philosopha­ri».

Il sindaco può disporre la creazione di zone rosse nel territorio comunale?

«Certamente sì. Le ordinanze di urgenza per motivi sanitari sono riconosciu­te a sindaci, presidenti di Regioni e Governo a seconda del livello nel quale si va a collocare l’emergenza».

Ci illudiamo che questo sistema di amministra­re sia più trasparent­e ma non è così

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