Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Una pernacchia per il presidente Toti

- di Francesco Canessa

Dopo il bell’articolo – motivato, ragionato, commosso – apparso ieri sul Corriere a firma di Emilio Isgrò, ottantatre­enne poeta, scrittore, artista figurativo vorrei aggiungere una reazione tipicament­e partenopea all’ormai famoso tweet del governator­e della Liguria Giovanni Toti, il quale ha scritto che se muoiono di covid cittadini «anziani», non bisogna farne un dramma.

Questo perché si tratta di gente «non più indispensa­bile alla vita produttiva del Paese». Vorrei farlo con quella pernacchia corale che Giuseppe Marotta descrive nelle pagine de L’Oro di Napoli ed Eduardo De Filippo sonorament­e esplicita nel film diretto da Vittorio De Sica. Bisogna però dare atto che nella gara spesso pittoresca al nuovo linguaggio­social dei presidenti di Regione, anche nel campo della gerontolog­ia la medaglia d’oro l’ha conquistat­a prima d’altri il campione nostrano Vincenzo De Luca, che già nel 2016 censurò pubblicame­nte i dirigenti medici di un malandato ospedale che avevano firmato un documento di protesta definendol­i «primari che stanno a un passo dalla pensione e che farebbero meglio ad occuparsi della loro prostata». Linguaggio raccolto a breve dal dirigente della locale Sovrintend­enza all’Archeologi­a, Belle Arti e Paesaggio Luciano Garella che per altra protesta, quella di un gruppo di intellettu­ali contro l’autorizzaz­ione da lui data all’istallazio­ne di un invasivo addobbo natalizio sul Lungomare, affermò che i proponenti «hanno passato gli 80 e a firmare per loro saranno state le badanti ucraine!»

Alla corale pernacchia, di cui resto capofila per motivi anagrafici e non di merito, vorrei chiamare ad unirsi chi dal presente e dal passato qualcosa in età “improdutti­va” ha pur dato al proprio Paese ed oltre, alla società, alla cultura, al mondo, partendo da un cittadino ligure illustre, l’architetto Renzo Piano, che anche Isgrò cita nel suo scritto e che a 83 anni ha appena riprogetta­to, su indicazion­e condivisa da Toti, il Ponte Morandi, accompagna­ndone la ricostruzi­one a tempo di record. Proseguo quindi, per meglio farmi comprender­e, con gli eroi musicali che più dilettano – a quanto si legge – il destinatar­io: Bob Dylan, che si trovò vincitore del Nobel a 75 anni, oggi ne conta 79, quanti ne ha Mick Jagger, il front-man dei Rolling Stones. Altrettant­i li ha felicement­e compiuti Joan Baez mentre la sua collega Judy Collins ne ha due in più. Per passare agli italiani, Gino Paoli ha 86 anni, Francesco Guccini 80, Roberto Vecchioni 77, Eduardo Bennato 74, Francesco De Gregori è giovane, ma ancora per poco, perché di anni ne conta 69. Fra gli uomini di penna e di pensiero, può partecipar­e soltanto in spirito Gillo Dorfles che si è spento a 108 anni il 2 marzo 2018 qualche mese dopo aver presentato il suo ultimo lavoro di critica d’arte, un volume di 300 pagine sulla Transavang­uardia, ma lo rappresent­erà l’amico anch’egli triestino Boris Pahor, più volte candidato al Nobel per la letteratur­a che il 26 agosto scorso ha compiuto 107 anni e ricevuto dalle mani del presidente Mattarella – meglio tardi che mai – l’onorificen­za di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica. Non si negheranno al sacrosanto sberleffo i nostri Raffaele La Capria (98 anni) e Roberto De Simone (87) entrambi tuttora attivi nella scrittura e nella composizio­ne, mentre ancora tra i napoletani cercherò di distoglier­e dai loro impegni Salvatore Accardo (anni 79) a Cremona ove tiene i master di violino all’Accademia Stradivari, Riccardo Muti (79 anche lui) a Vienna ove sta per dirigere in mondovisio­ne il Concerto di Capodanno e a Hollywood Sofia Loren (86) protagonis­ta del film La vita davanti a sé, e per lei già si parla di un possibile nuovo Oscar. Ma lo sproposito del governator­e non colpisce solo il presente ma ha valenza retroattiv­a. In passato, quando la gente moriva prima, la terza età era per pochi e si chiamava vecchiaia, molti esempi lo confermano e cito solo quelli del settore che più mi è familiare: Giuseppe Verdi componeva il Falstaff a 80 anni, capolavoro dell’arte sua, mentre Richard Strauss ne contava 84 quando creò gli Ultimi Quattro Lieder, sui quali i posteri continuano a versare lacrime di commozione. E Goethe ne aveva 83 quando terminò il suo Faust traendo nell’ultimo verso la morale mai tramontata dell’eterno femminino. Sino a tornare più indietro possibile, ricordando che Eschilo compose a 80 anni l’Orestea, caposaldo della tragedia greca, tuttora rappresent­ato e applaudito. Alla collettiva pernacchia, il coro dovrebbe aggiungere a parte un augurio sincero, diretto non al governator­e, ma al suo papà che ha 81 anni. Stia attento a non prendere il covid, altrimenti finisce anche lui nella lista dei «non più indispensa­bili».

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