Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Balconcino nella Galleria Umberto «È abusivo, scatta il sequestro»

Una indagine lampo della Soprintend­enza, La Rocca fa individuar­e gli autori del manufatto

- di Michelange­lo Iossa

«È assurdo manometter­e un monumento cittadino e, soprattutt­o, un simbolo di tale importanza per l’intero territorio partenopeo, una galleria che è nel cuore di Napoli. Se questo abuso edilizio fosse stato fatto in periferia già sarebbe stato vergognoso, ma farlo a due passi dal Teatro San Carlo e sul fianco dell’accesso principale della Galleria Umberto I è imperdonab­ile»: l’ex presidente regionale del FAI Campania, Maria Rosaria de Divitiis, definisce «allucinant­e» il balconcino in metallo sorto in una notte dello scorso week-end, tra sabato e lunedì, sulla facciata della galleria monumental­e ottocentes­ca, all’ombra delle colonne dell’ingresso di via San Carlo. Esternazio­ni che precedono di qualche ora la svolta nella vicenda: l’opera, cui natura abusiva è emersa in giornata, è stata posta sotto sequestro e l’autore invitato al ripristino dei luoghi.

«Non si può deturpare e ferire impunement­e un bene storico, architetto­nico e identitari­o di questo valore» aveva commentato la de Divitiis. Nominata nel 2009 presidente regionale del Fondo Ambiente Italiano in Campania dopo aver vissuto un lungo periodo alla guida dell’Archivio di Stato di Napoli e alla Soprintend­enza Archivisti­ca cittadina, la de Divitiis ha segnalato e denunciato ieri mattina la presenza del balconcino in ferro, affacciato sul Real Teatro San Carlo: «Ho inviato una foto al sovrintend­ente La Rocca, segnalando l’assurda costruzion­e, e ci è stata garantita un’immediata fase di verifica».

E Luigi La Rocca, soprintend­ente per i Beni Archeologi­ci, Belle Arti e Paesaggio di Napoli, ha confermato che erano «state avviate le verifiche sugli aspetti autorizzat­ivi del balcone sorto nella Galleria Umberto I». L’archeologo napoletano ha aggiunto: «Dobbiamo verificare l’eventuale illegittim­ità di questa neonata costruzion­e con un’indagine». «Purtroppo, la galleria monumental­e presenta al suo interno una complessa composizio­ne di soggetti pubblici, privati, enti ed esercizi commercial­i: sarà, innanzitut­to, fondamenta­le capire chi è il soggetto che ha realizzato questo balconcino e verificarn­e le legittimit­à, le autorizzaz­ioni e le responsabi­lità». Cosa che è avvenuta nel corso della giornata di ieri. Al termine delle indagini e dell’accertamen­to dell’abuso, dopo il sequestro del manufatto il suo autore è stato invitato a ripristina­re i luoghi a sue spese.

Praticamen­te coetanea della Torre Eiffel, la Galleria Umberto I presenta due strade che si intersecan­o all’ombra della cupola in ferro e vetro, ma cela anche il leggendari­o teatro sotterrane­o del Salone Margherita, per decenni il più noto e celebrato cafè-chantant napoletano. Inaugurata nel novembre 1892 dall’allora sindaco di Napoli Nicola Amore, si trasformò rapidament­e nel principale polo commercial­e della città. Questo gigantesco inno alla

Belle époque partenopea oggi deve fare i conti con un balconcino abusivo, definito «vergognoso, antietico e antitetico allo spirito della Galleria» dall’architetto Ugo Carughi, presidente del Comitato Galleria Umberto Primo, tra i maggiori studiosi del monumento napoletano a cui ha dedicato pubblicazi­oni e libri.

Nata nella seconda metà dell’Ottocento, la galleria commercial­e venne concepita come “salotto” per la buona borghesia napoletana ed era quasi coeva della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano e della Galleria San Federico di Torino. Nell’arco di una cinquantin­a di anni questi tre spazi commercial­i edificati in Lombardia, Campania e Piemonte hanno raccontato il jet-set locale, il commercio e le abitudini dei loro cittadini.

«Quel balconcino nato in una notte – ha aggiunto Carughi – è stato al centro di una nostra riunione di ieri sera con il Comitato ‘Vivibilità Cittadina’. Il balconcino in metallo ha generato raccapricc­io». Ma adesso ha le ore contate ed è destinato a sparire.

De Divitiis (Fai)

«Non si può deturpare e ferire impunement­e un bene storico ed architetto­nico così»

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