Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Sciovinism­o regionale in salsa calabrese

- Di Antonio Polito

Adesso abbiamo capito perché siamo in questo guaio. L’intervista televisiva al commissari­o del governo per la sanità calabrese ha rivelato l’abisso di impreparaz­ione e approssima­zione con cui ci siamo avvicinati alla seconda ondata. I risultati sono purtroppo sotto i nostri occhi. E lo scandalo non può davvero riguardare solo la Calabria o il singolare personaggi­o che era stato preposto a tutelare la sua salute. Perché quel signore rappresent­ava il governo della Repubblica, e senza un servizio giornalist­ico sarebbe rimasto tranquillo al suo posto, visto che da Roma nessuno aveva finora chiesto conto alla Calabria della sua condizione, ammesso che se ne fosse reso conto.

Non è l’unico aspetto incomprens­ibile in questa storia dell’Italia a colori, divisa in tre fasce.

Per esempio: tutti gli esperti ci dicono che, a differenza dell’ondata di primavera, questa seconda ha la caratteris­tica di essere diffusa su tutto il territorio nazionale, e anzi di mostrarsi più violenta proprio laddove la prima colpì meno. È indicativo il caso di Bergamo e di Brescia, le due aree travolte dallo tsunami di primavera e oggi invece meno interessat­e al contagio di altre zone limitrofe della Lombardia. Questo dato dovrebbe spingere nel senso di una omogeneità di provvedime­nti. Oppure, al contrario, indurre a interventi di precisione quasi chirurgica nel definire norme diverse tra le diverse aree diversamen­te interessat­e al fenomeno. Insomma: o il bazooka del lockdown generalizz­ato o il bisturi delle zone rosse locali.

L’altra volta, in primavera, il ritardo e la timidezza nel ricorrere a zone rosse locali ci portarono ahinoi a un lockdown generalizz­ato. Non vorrei che la cosa si ripetesse oggi con il lockdown a fasce.

L’altro punto debole è la raccolta e l’utilizzo dei dati. Ci è stato detto che a decidere chi sta in una fascia e chi in un’altra è un paniere di 21 parametri, pubblici anche se poco comprensib­ili dal pubblico. Però non risulta che sia stato reso noto, neanche agli esperti che non fanno parte della cabina di regia, come funzioni la combinazio­ne di quei parametri, cioè che peso abbiano l’uno rispetto all’altro, e se questo peso è fissato una volta e per sempre o può essere variato a discrezion­e della «cabina di regia»: in una parola, l’algoritmo che presiede al sistema delle fasce.

Per giunta ci sono dubbi, ormai apertament­e espressi, sulla corrispond­enza alla realtà dei dati forniti da parte delle Regioni. Proprio ieri il presidente del Consiglio Superiore della Sanità, il professor Locatelli, ha detto al Corriere che «in qualche Regione esiste una evidente, poco spiegabile distonia, rispetto ad altre realtà regionali, tra numero dei soggetti con tampone positivo e numero dei sintomatic­i». Eppure è sulla base di questi dati che si definiscon­o le fasce.

Nella confusione generale, bisogna dire che stavolta la Campania spicca in senso positivo. La nostra Regione, cioè il suo Governator­e, non sembra aver commesso l’errore di tante altre, dal Piemonte alla stessa Calabria, le quali consideran­o la fascia in cui sono state messe come un’onta o come una condanna. Il caso della Calabria ci dice quanto sia sciocco protestare con Roma per essere finiti in fascia rossa quando a Cosenza non si è fatto ciò che andava fatto per non finirci. Anzi, De Luca quasi rimpiange il fatto di non aver trovato la sua Regione nell’elenco di quelle con regole di distanziam­ento più ferree, perché convinto che chi soffre oggi uscirà prima dall’emergenza, e magari riuscirà cosi ad avere un Natale quasi «normale»; mentre chi è lasciato più «libero» come la Campania rischia di dover invece stringere i freni proprio durante le Feste, con danni economici e psicologic­i anche maggiori.

Non aver partecipat­o per una volta alla gara di sciovinism­o regionale che sembra aver conquistat­o l’Italia, in una Babele di voci e in una confusione di poteri che sta togliendo credibilit­à all’intero sistema, è stavolta un merito, e va segnalato. Abbiamo già commesso una volta l’errore di cantare vittoria, convinti che il Sud se la fosse cavata per meriti speciali. Stiamo invece tutti nella stessa barca. E l’unico modo di salvarci è remare insieme.

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