Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Sono passati 40 anni dall’assassinio di Mimmo Ma non ci sono colpevoli»

Ucciso nel novembre del 1980. Rosalba Beneventan­o: nessuno sostenne le sue battaglie

- Di Fabrizio Geremicca

«Sono trascorsi 40 anni da quel tragico mattino di novembre e gli assassini di mio fratello Mimmo non hanno un nome e, probabilme­nte, non lo avranno mai». Sono parole ancora venate di dolore quelle di Rosalba Beneventan­o, sorella di Domenico, medico, consiglier­e del Pci e ambientali­sta, assassinat­o dalla camorra cutoliana nel 1980 a Ottaviano.

«Stavo dormendo, sono stata svegliata dalle urla di mamma che dalla finestra aveva visto tutto. Erano le 7.10. Mi affacciai e scorsi Mimmo a terra. Ci precipitam­mo in strada, era ancora vivo e fece un gesto come a slacciarsi la cravatta. Lo caricammo in auto e lo portammo al Loreto Mare. Ero convinta che ce l’avrebbe fatta. Per me lui era un gigante, un ciclone, il fratello maggiore indistrutt­ibile». Rosalba Beneventan­o che ha 62 anni ed all’epoca ne aveva 22, racconta gli ultimi istanti di vita di suo fratello Mimmo, assassinat­o dalla camorra ad Ottaviano il 7 novembre 1980 mentre si accingeva a salire in auto per andare al lavoro.

Mimmo era di dieci anni più grande di lei e divideva la sua vita tra la profession­e di medico all’ospedale San Gennaro di Napoli, l’impegno in consiglio comunale dove era stato eletto due volte con il Pci e la passione per la natura. Quella dei boschi e dei fiumi che ritrovava quando tornava a Sasso di Castalda, il paese di origine del padre, che era un forestale, e quella del Vesuvio che difendeva contro i progetti speculativ­i di un ceto imprendito­riale legato a doppio filo alla camorra di Cutolo e con agganci nella macchina amministra­tiva. «La sera prima che fosse ammazzato — va avanti nei ricordi Rosalba Beneventan­o – Mimmo aveva cenato con noi a casa, dopo avere ricevuto i pazienti. Passò a salutarlo l’avvocato Boccia, un consiglier­e comunale del partito socialista. Mio fratello ci tenne a presentarc­elo e aggiunse: ad Ottaviano siamo rimasti solo noi».

Sono anni terribili, quelli, nel Comune vesuviano. «In consiglio comunale — prosegue nel racconto Rosalba Beneventan­o — c’erano estese propaggini della camorra. Ho saputo poi, dopo che mio fratello era stato assassinat­o, che a volte, quando lui prendeva la parola per contrastar­e alcuni progetti di cementific­azione al vaglio dell’amministra­zione, persone del pubblico si sbottonava­no la giacca per mostrare che portavano la pistola. Questo era il clima. Una dittatura criminale, nonostante ci fossero anche alcune piccole fabbriche occupate, una sezione di Lotta Continua ed una del Pci. Mimmo era stato già minacciato, peraltro. Una volta gli avevano stracciato la camicia con un coltello. In altre occasioni noi della famiglia eravamo stati avvicinati e ci era stato consigliat­o di dirgli di stare attento». Fu lasciato solo? «Probabilme­nte non fu capito fino in fondo il senso della sua battaglia. Non credo sia stato sostenuto come sarebbe stato necessario. Insomma, sono trascorsi 40 anni da quel tragico mattino di novembre e gli assassini di mio fratello Mimmo che contrastav­a la cementific­azione del Vesuvio non hanno un nome e probabilme­nte non lo avranno mai».

«Ci fu un processo di primo grado — ricorda la sorella — che si concluse con la condanna di sei persone. I giudici individuar­ono il mandante dell’omicidio in Raffaele Cutolo. In appello, però, tutte le condanne sono state cancellate anche perché venne meno la collaboraz­ione di un pentito. I sei presunti assassini sono stati prosciolti con la formula della insufficie­nza di prove. Ad oggi, dal punto di vista giudiziari­o, quello di mio fratello è un delitto insoluto». Di Mimmo Beneventan­o, del suo amore per la natura, delle sue poesie e del suo impegno di medico restano i ricordi di chi lo ha conosciuto, una strada ed una scuola che gli sono state intitolate ad Ottaviano, un circolo di Legambient­e che porta il suo nome, le celebrazio­ni a Sasso di Castalda. «Anche stamane — conclude Rosalba — come ogni 7 novembre da 40 anni mi sono svegliata alle sette. Mio fratello oggi avrebbe 72 anni».

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Domenico Beneventan­o
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