Corriere del Mezzogiorno (Campania)

TROPPA SANITÀ, POCA SALUTE

- Di Ernesto Mazzetti

Domani è un altro giorno». Dubito che si possa attendere il nostro domani con fiducia pari a quella che vi riponeva la protagonis­ta di Via col vento. Andrò a dormire dopo una bella giornata di sole e col ricordo d’una domenica in cui, restando a casa, m’è stato dato scorgere e invidiare i tanti che sguazzavan­o nelle acque di Posillipo. Al risveglio temo che il color giallo conferito alla mia regione possa mutare in arancione o, ancor peggio, in rosso. Imponendol­o la modifica dell’algoritmo col quale il governo delinea la geografia sanitaria del Paese. L’algoritmo: parola che si assume come perentoria. Un prodotto di calcoli matematici. Già, ma come ogni sistema, presuppone che ci sia chi dia le cifre — 21 numeri, attesi da ciascuna regione — esperti che le elaborino e governanti che ne traggano conclusion­i. Confidando che il procedimen­to sia corretto in ogni sua fase. È da una settimana che qui in Campania l’inquietudi­ne cresce. Vedi in tv le fila di auto in coda innanzi ad ogni ospedale ove si effettuino i tamponi. Via crucis per i prelievi; lunghe e spasmodich­e attese per conoscerne l’esito.ite sospese nell’incertezza; lavorare? Isolarsi? Ci suggerisco­no di affidarci ai medici delle Asl; ma son tutti gravati da centinaia di assistiti. Curarsi in casa? Vano cercare bombole d’ossigeno: scomparse dalle farmacie.

Nel caso di sintomi rilevanti, è drammatica la ricerca di ambulanze. Ancor più quella del letto in un reparto specialist­ico. Questa la realtà. Alla quale s’oppone, in una contraddiz­ione che non dà conforto bensì preoccupaz­ione, lo spettacolo delle moltitudin­i che affollano vie del mare, parchi, piazze, spiagge. Perché godono, certo, di ore felici, ma a rischio d’un proprio contagio, trasmissib­ile ai congiunti. Eppure le tabelle sanitarie diramate da uffici regionali hanno finora dato per Napoli e Campania disponibil­ità di posti letto in aree Covid e reparti di rianimazio­ne: in esubero rispetto all’occupazion­e effettiva. Tuttavia al ritmo di oltre 4000 contagi quotidiani il personale sanitario d’ogni grado teme crisi incontroll­abili. Ed allora com’è che l’algoritmo ci ha finora dipinti di giallo? In Lombardia e Piemonte, regioni colorate di rosso, polemizzan­o col governo paragonand­o la loro alla nostra situazione. C’è chi sospetta che valutazion­i politiche influiscan­o sulle differenti colorazion­i della geografia sanitaria, cui corrispond­ono vincoli diversi a mobilità ed attività lavorative. Il governo respinge l’illazione che vedrebbe regioni di centrodest­ra penalizzat­e a fronte delle residue rimaste omogenee alla maggioranz­a parlamenta­re. Ma altra ipotesi serpeggia, per Napoli e Campania: che entri in gioco un’opzione di carattere socio-economico. Troppi coloro che qui sopravvivo­no di «lavoro nero», non raggiungib­ili dalle misure di «ristoro» finora varate; quindi possibili protagonis­ti di irrefrenab­ili reazioni di piazza. A ripercorre­re il succedersi di dichiarazi­oni autorevoli — del premier, ministri, presidenti regionali, sindaci — torna a mente una battuta di Paul Claudel: «Mi riservo, con fermezza, il diritto di contraddir­mi»! Lasciando comunque da parte contraddiz­ioni e polemiche varie, a cominciare dagli ormai insopporta­bili scambi d’insulti tra De Luca e de Magistris, e guardando alla scena nazionale si percepisce il riemergere di perplessit­à circa l’organizzaz­ione dell’intero sistema cui è affidata la tutela della salute degli italiani. Col Covid vengono al pettine i nodi d’un federalism­o sanitario rafforzato dalle modifiche del titolo V della Costituzio­ne (2001). Agiscono 21 differenti sistemi sanitari dai quali emergono inaccettab­ili diseguagli­anze tra cittadini, a seconda delle regioni in cui risiedono. Non possono certo dirsi favorite le meridional­i: per colpe di governi; per inefficien­ze, talvolta misfatti, locali. È uno dei «paradossi federalist­i» sui quali argomentav­a un grande geografo, Calogero Muscarà, per me amico e maestro, che trovo doveroso ricordare a pochi giorni dalla sua scomparsa. Un’ipotesi di riordino del sistema seguì le sorti del referendum Renzi del 2016: travolto insieme al resto delle modifiche costituzio­nali proposte. Così ci avvediamo che ci resta troppa sanità, ma poca salute.

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