Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Lepore ora ammette: le inchieste su Bassolino? Qualche errore c’è stato
L’ex procuratore: tutte quelle assoluzioni colpiscono
«Quello dell’emergenza rifiuti è stato un periodo maledettamente complicato, anche per noi magistrati. Però, col senno di poi, mi rendo conto che un errore l’abbiamo commesso: non dovevamo aprire tanti fascicoli. Dovevamo concentrarci su pochi fatti concreti e individuare i colpevoli. Di quell’errore Antonio Bassolino ha certamente pagato le spese». Giovandomenico Lepore, che oggi ha 84 anni, ha guidato l’Ufficio di Procura dal 2004 al 2011, gli anni in cui montagne di rifiuti ingombravano le strade e l’allarme per i rischi sulla salute era elevatissimo.
«Quello dell’emergenza rifiuti è stato un periodo maledettamente complicato, anche per noi magistrati. Però, col senno di poi, mi rendo conto che un errore l’abbiamo commesso: non dovevamo aprire tanti fascicoli. Dovevamo concentrarci su pochi fatti concreti e individuare i colpevoli. Di quell’errore Antonio Bassolino ha certamente pagato le spese».
Giovandomenico Lepore, che oggi ha 84 anni, ha guidato l’Ufficio di Procura dal 2004 al 2011, gli anni in cui montagne di rifiuti ingombravano le strade e l’allarme per i rischi sulla salute era elevatissimo. Le accuse mosse nel corso del tempo all’ex governatore, che nei diversi gradi di giudizio ha collezionato ben 19 assoluzioni, riguardano tutte, in maniera diretta o indiretta, proprio la gestione del ciclo dei rifiuti e l’attività del commissariato straordinario. L’ultima assoluzione, disposta nei giorni scorsi dalla Corte d’Appello, riguarda un presunto caso di peculato per l’erogazione di compensi a un consulente della struttura commissariale.
Presidente Lepore, 19 assoluzioni sono un record, non le pare?
«Certamente, è un dato che colpisce».
Come è stato possibile? In quel periodo forse gli amministratori pubblici venivano iscritti nel registro degli indagati con troppa facilità?
«Qualche errore l’abbiamo commesso, devo ammetterlo. La vicenda del peculato non la ricordo, mentre mi ricordo bene quella della cosiddetta inchiesta madre».
Quella sui presunti illeciti nella gestione del ciclo dei rifiuti, che vedeva imputati anche i vertici di Impregilo?
«Esatto. I titolari del fascicolo erano due giovani sostituti, che poi lasciarono Napoli. Quando discutevamo del materiale probatorio io ero molto scettico: mi pareva che non fosse sufficiente per sostenere l’accusa davanti al Tribunale. Ma loro erano molto determinati e anche l’aggiunto che all’epoca coordinava le indagini in materia di ambiente, Aldo De Chiara, era convinto della bontà delle indagini. A quel punto feci un passo indietro».
E nel 2013, dopo anni di udienze molto tecniche nell’aula bunker, arrivò la prima clamorosa assoluzione per tutti gli imputati...
«Fu la conferma che non mi ero sbagliato».
In altre circostanze, tuttavia, lei si impose.
«Nel 2008 decisi di stralciare la posizione di alcuni indagati nell’ambito dell’inchiesta nota come “Rompiballe”, tra i quali Alessandro Pansa e Corrado Catenacci: non ritenevo che dovessero andare a giudizio per i reati che i due sostituti avevano loro contestato».
Ne seguì un putiferio: Procura spaccata, giornali scatenati, intervento del Csm...
«È vero, fu un momento brutto. Il Csm aprì un provvedimento disciplinare nei miei confronti, che però fu archiviato anche perché intervenne Giorgio Napolitano. E anche Pansa e Catenacci furono poi assolti».
Ricorda un caso in cui, a suo giudizio, Antonio Bassolino andava giustamente iscritto nel registro degli indagati?
«Quello dell’epidemia colposa, anche se poi lui, come Rosa Russo Iervolino che gli era succeduta a Palazzo San Giacomo e vari altri sindaci della provincia, furono prosciolti dal gup».
Ci spiega?
«Era il 2010 e anche se il picco dell’emergenza rifiuti era superato le strade rimanevano ingombre di sacchetti. Ci chiedevamo in che modo spingere i sindaci ad intervenire, a darsi da fare, e ci venne in mente di contestare l’epidemia colposa. Funzionò abbastanza bene, servì da sprone».
Sui rifiuti
Ricordo la cosiddetta “inchiesta madre” Ero dell’avviso che il materiale probatorio non fosse sufficiente ma feci un passo indietro
L’autocritica
Col senno di poi, mi rendo conto che non dovevamo aprire tanti fascicoli ma concentrarci su pochi fatti concreti Lui ne ha pagato le spese