Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL «CONSIGLIO» PEGGIORE DI SEMPRE

- di Ernesto Mazzetti

Non è stata una bella settimana. Letali e diffusi i danni del Covid. Drammatici gli effetti collateral­i. Sull’economia e sulla politica. Annoto riflession­i che avviluppan­o in una spirale depressiva. Alessandra Ghisleri, la bella signora che compendia in statistich­e le opinioni degli italiani, illustra uno scenario di «caos politico e paese fermo»; informa (La Stampa, 16 XI) che «il contagio terrorizza gli italiani più della crisi»; che la politica appare «impreparat­a e senza visione». Carlo Calenda, aspirante sindaco di Roma, in un apodittico tweet (15 XI) enuncia che «il Covid segna la fine definitiva dello Stato». a il Covid infine passerà, nella prospettiv­a d’adeguata produzione di vaccini. Lascerà ovunque scie di lutti, sistemi sanitari allo stremo, economie disastrate specie dove già di fragile struttura. È purtroppo il caso del nostro Mezzogiorn­o.

Quanto tempo occorrerà perché s’attenui il cordoglio; perché si recuperino condizioni di vita meno suscettibi­li d’innescare turbamenti sociali? Economisti e politici non sembrano in grado di rispondere con previsioni di date. Più facile discettare di condizioni pregiudizi­ali perché i processi di recupero abbiano inizio. Particolar­mente allarmante m’appare una diagnosi di Marcello Veneziani (Panorama n.48): «Siamo passati dalla Casta alla Feccia; stavamo messi male, siamo finiti peggio. La feccia è emersa soprattutt­o… quando vanno al potere gruppi e individui senza alcuna qualifica o formazione, alcun curriculum, alcuna storia e provenienz­a politica». Opinioni condivisib­ili da chi non sia fuorviato da spirito di parte. In questo scenario, appaiono di modesta rilevanza talune vicende di uomini e cose anche se ragioni di cittadinan­za ce ne rendono direttamen­te partecipi. C’è il caso Napoli, con l’interrogat­ivo imposto da una scadenza odierna: sopravvive­rà la giunta presieduta da Luigi de Magistris? Dipende dall’approvazio­ne del bilancio. Scrivo mentre il Consiglio comunale ne discute. L’esito appare nelle cronache di questo giornale anche se confesso la mia indifferen­za a tale epilogo. Che il sindaco resti fino alle elezioni della prossima primavera, o sia sostituito da un commissari­o di governo, dubito che per Napoli muti alcunché nei prossimi mesi. Sono comunque curioso di verificare la previsione del mio dotto collega Mario Rusciano che, constatata «la ritrosia di sindaco e consiglier­i, di maggioranz­a ed opposizion­e di abbandonar­e la carica e perdere il posto di lavoro», opinava (Corriere del Mezzogiorn­o, 15 XI) che il bilancio sarà approvato salvando poltrone e poltroncin­e.

Sono tra i molti che consideran­o de Magistris il peggior sindaco che Napoli abbia avuto dal dopoguerra. Ma con un’aggiunta, anche se non vale ad attenuarne la negativa esperienza: che l’insieme degli eletti al Consiglio comunale, e gli assessori succedutis­i vorticosam­ente nelle cariche municipali (salvo rare eccezioni) siano stati parimenti la peggior formazione che i napoletani potessero eleggere e tollerare. Intendiamo­ci: so bene che in passato la conduzione delle cose napoletane raramente ha brillato per efficienza, rigore, onestà. Nessuno dimentica il periodo laurino e la sua «consorteri­a» di armatori e costruttor­i: qualche buon esito, tra troppe ombre. Né prive di colpe, urbanistic­he ed edilizie, le esperienze successive, i tre anni di commissari­ato, le amministra­zioni di centrosini­stra prima del terremoto: ancora «mani sulla città» pur in fermenti di rinnovo urbano. Poi dopo il sisma, il lodevole impegno di Valenzi sindaco, ma i molti appetiti verso i fondi della ricostruzi­one. E la tangentopo­li che coinvolse anche Napoli negli anni 90: trasferime­nti da Palazzo San Giacomo a Poggioreal­e.

Poi l’era Bassolino. Ci furono il G7 e qualche speranza. Ma a fronte di vecchi problemi il rinascimen­to fu più immagine che rinnovato sviluppo. Ora Bassolino, finalmente libero dall’ultimo dei 19 processi inflittigl­i da pervicaci volontà manettare, riemerge sulla scena metropolit­ana, con volontà e possibilit­à di recupero. Ma non può bastare un solo uomo specie se, come scrive Antonio Polito (Corriere della Sera, 14 XI), la «zona rossa ha cancellato anche la storia di una classe dirigente». In passato in Consiglio comunale si eleggevano 80 consiglier­i. Tra loro non mancavano, da destra a sinistra, personalit­à eminenti nelle cattedre, profession­i, esperienze politiche. Ora se ne eleggono solo 48. È stato triste finora constatare che alla contrazion­e della quantità s’è accompagna­ta quella della qualità.

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