Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il virus uccide anche l’economia
Pil, lavoro, turismo, export, fatturati aziendali, mercato immobiliare. Bankitalia fotografa il crollo
«La pandemia sta colpendo anche i comparti che più avevano contribuito a contenere l’impatto di altre crisi (turismo, esportazioni)». Fatto sta che i cali registrati — dal Pil al mercato occupazionale, dai fatturati aziendali alle transazioni immobiliari — rappresentano un vero macigno per la Campania. È l’effetto virus sull’economia regionale fotografato da Bankitalia.
Inesorabile come una mannaia arriva sulla testa della Campania l’indicatore più aggiornato dell’economia regionale elaborato dalla Banca d’Italia. Pochi numerini, che sintetizzano efficacemente: nei primi sei mesi dell’anno il prodotto interno lordo è diminuito in misura molto marcata, -5% circa nel primo trimestre, addirittura -17% circa nel secondo. Mancano ancora i dati del terzo trimestre. Paolo Mistrulli, direttore analisi e ricerca economica e territoriale della sede di Napoli, si attende stime ancora in calo.
Giù i fatturati L’evidenza quotidiana della crisi, il cui polso è tastato da tutti, si rispecchia nei dati ufficiali. Ovviamente in questo contesto flettono fatturati e investimenti delle imprese, ancor più quelli delle piccole, che sono l’ossatura del sistema campano. Tiene l’attività portuale, grazie al rimbalzo tra agosto e settembre del traffico container, mentre si è attenuato il calo dei passeggeri. Il turismo, in particolare internazionale, va, invece, peggio che nel resto del Sud. Regna l’ansia
La presentazione dell’aggiornamento congiunturale autunnale Bankitalia, tutti con le mascherine sul viso, è la plastica fotografia di una Campania che soffre. Ha ragione il direttore della sede Antonio
Cinque, quando, ricordando le parole del governatore Visco, parla di «recessione più profonda in tempo di pace, la peggiore dalla depressione degli anni ‘20». Dell’altro secolo, si intende. Una parola racchiude tutto, incertezza, il futuro che si dispiega è interamente da dipingere, non si può neppure abbozzare.
Occupazione ko
Al dato del prodotto fa da contraltare a quello sull’occupazione. Il -3,2% del primo semestre, va approfondito a livello settoriale. E infatti nei servizi peggiora non di poco, con un crollo del -5,4%, che si trasforma addirittura nel -6,9% nel commercio, nella ristorazione, nell’alberghiero. I comparti dell’economia cittadina e regionale maggiormente colpiti dalla pandemia. Non deve illudere nessuno quel -16,7% a giugno del tasso di disoccupazione, perché è solo il frutto dello scoraggiamento della ricerca di un nuovo lavoro. Sul lavoro a tempo indeterminato non si possono fare previsioni, finche dura il blocco dei licenziamenti che, per fortuna, il Governo Conte ha adottato. E finché si può ricorrere alla cassa integrazione, anche nei servizi: nella regione sono state autorizzate 140 milioni di ore, tra gennaio e settembre. Ma la spia sono i nuovi contratti, dove si legge in controluce lo sfacelo: le assunzioni nel privato sono scese del -37,3% rispetto al 2019, in particolare a termine, nei servizi e tra le aziende di medie e grandi dimensioni.
Oasi manifatturiera Purtuttavia, in controtendenza, l’occupazione continua ad aumentare nel settore industriale, +5,4%. Commercio estero
C’è un elemento che fa tornare il sorriso dopo tanta negatività. Il commercio con l’estero, che va bene in alcuni comparti, dall’agroalimentare che pesa sulla bilancia regionale per 1,6 miliardi, dell’agricoltura, che vale 280 milioni, nel farmaceutico, la cui fetta è 900 milioni. È già qualcosa sul complesso dei 5,5 miliardi di export regionale nel primo semestre del 2020, che attenua il calo complessivo pari in Campania a -6,6%, a seguito dell’andamento negativo
dell’aeronautico, dell’automotive, della moda. Ma è poca cosa rispetto al -15,3% dell’intero Paese.
Famiglie in sofferenza
Le famiglie campane sono in evidente sofferenza. Cala il reddito, e ciò si traduce — per esempio — in una netta diminuzione delle transazioni immobiliari del 27% e dell’erogazione di mutui, pari a oltre il 15%. Rallenta anche il credito al consumo. Il mercato del credito svolge una funzione calmieratrice della crisi. Non a caso i risparmi delle aziende crescono nei primi nove mesi, perché si posticipano i piani di investimento. Gli interventi di sostegno, tradottisi nella regione in 94 mila operazioni di garanzia tra il 17 marzo e il 13 novembre, sono lì a testimoniarlo. È interessante notare come la rischiosità del credito non sia aumentata, diversamente da quanto accadde con le crisi finanziarie del 2008 e del 2011.
L’ultimo treno
La conclusione è ovvia, servono politiche espansive. A partire dalle risorse europee del Recovery
Fund.