Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Maurizio Marinella racconta: «Ho sconfitto un mostro, restano sconforto e dolore»
Maurizio Marinella: la città resta vivace, dopo le 17.30 il deserto
Maurizio Marinella ha sconfitto il Covid. E racconta «un’esperienza terribile». «Questo virus è brutto — dice — è la malattia della solitudine. Sei solo a combattere. Nessuno intorno a te: ti portano la spesa fuori alla porta, si accertano di come stai. Ho superato la malattia, ma il dolore e lo sconforto restano. La zona rossa? Napoli andava chiusa prima».
«Ho avuto pochissimo NAPOLI tempo per gioire. Ero emozionato. Ricominciare dopo essere guarito dal Covid è stato bellissimo. Ma ho goduto brevemente di queste sensazioni tornando al lavoro: dopo quattro giorni Napoli è diventata zona rossa e abbiamo chiuso». Maurizio Marinella è passato attraverso il Covid e guarda la città in lockdown con uno sguardo più consapevole rispetto al passato.
Non trova che ci sia troppa folla in strada?
«Sicuramente questo non è il lockdown che abbiamo vissuto in primavera. Trovo che la gente sia generalmente attenta e che siano ligi alle regole anche i pubblici esercizi. E comunque quel minimo di vivacità dopo le 17.30 svanisce, la città si svuota completamente. Ritorna il deserto».
Lei sta lavorando?
«Lavoro in negozio, ma a porte chiuse. Accettiamo ordini telefonici oppure on line e la gente si affida a noi. Qualcuno con cautela già spinge lo sguardo verso il Natale e timidamente pensa ai regali, anche se l’atmosfera di festa è davvero lontanissima».
Come ha scoperto di essere positivo?
«In azienda ogni quindici giorni procediamo con la sanificazione e i tamponi per tutti. La prima a risultare positiva è stata mia cugina, poi una dipendente, quindi io. La cosa singolare è che Simona, la mia compagna, è risultata negativa».
Come ha vissuto la malattia?
«L’isolamento è stato duro. Non ero abituato a stare a casa, né da solo. Per quattro o cinque giorni ho avuto una respirazione molto affannosa. Faticavo anche a fare pochi passi. Arrivavo in bagno e dovevo appoggiarmi al lavandino perché mi sentivo spossato e non riuscivo a muovermi. Questo virus è brutto e diventa ancora più terribile perché è la malattia della solitudine. Sei solo a combattere. Nessuno intorno a te: ti portano la spesa fuori alla porta, si accertano di come stai. E poi resti solo».
Quanto è durata in tutto? «Sedici giorni».
Problemi con i tamponi? «No. É venuta la Asl a casa a fare il primo tampone e poi il secondo, dopo il quale sono stato liberato. Poi io ne ho fatti altri due per maggiore sicurezza, non volevo covare dentro di me nulla che potesse danneggiare gli altri, e ho fatto la tac. Volevo rasserenarmi e rasserenare chi ha contatti con me».
Ha perso gusto e olfatto? «No, ma ho avuto altri sintomi. La sera, in particolare, ho avuto forti dolori alle giunture: ginocchia, gomiti, spalle. Prendevo la Tachipirina, oltre a Zitromax e Deltacortene. Per i primi quattro o cinque giorni l’affanno, il senso di oppressione mi hanno sopraffatto. Avevo il saturimetro e vedevo che ero nei limiti consentiti, ma mi sentivo scoraggiato e sapevo che non potevo fare affidamento su nessuno. Qualsiasi medico aveva casi molto più gravi da seguire e mi avrebbe dato un ascolto relativo».
Come si sente?
«É un momento di tristezza, dolore, preoccupazione.. Non so neanche dire cose provo. E non aiuta pensare che sono state fatte scelte sbagliate. La chiusura andava fatta prima, ad ottobre: quando era già chiaro che i casi aumentavano in maniera esponenziale. Avremmo dovuto spiegare cosa succedeva e affrontare misure drastiche per poi tornare al lavoro a novembre e dicembre. Ora che si riaprirà, a due settimane dal Natale, cosa potremo mai fare? Veniamo già da un anno difficile e possiamo solo provare a difenderci. Nel 2021, vuoi per il vaccino vuoi per una forma mentis che abbiamo acquisito le cose andranno meglio. Ma quel che è terribile è che questo virus ci è entrato nella testa. Siamo tutti diversi, sfiduciati, incontriamo un amico da lontano e cerchiamo di scansarlo per evitare che ci saluti. Noi napoletani, che abbiamo sempre fatto del contatto fisico un modo di essere, ci troviamo straniati. Con un virus che ci è entrato nelle vite e ci sta pesantemente condizionando».
” Lavoro in negozio, ma a porte chiuse Accettiamo ordini telefonici
” Questa è la malattia della solitudine Nessuno può starti vicino