Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Capuano: vi racconto la storia vera di un’orfana degli errori degli anni ‘70

Si presenta online oggi al Torino Film Festival l’ultima fatica del regista partenopeo Protagonis­ta Maria, figlia di un poliziotto di San Giorgio ucciso da un autonomo nel 1977 Che, dopo anni vissuti nel dolore, cerca l’assassino del padre e quando lo tro

- Ignazio Senatore Vanni Fondi

Si presenta oggi, fuori concorso, al 38° Torino Film Festival «Il buco in testa», l’atteso lungometra­ggio del regista partenopeo Antonio Capuano, visibile on demand dalle 14 alle 18 sul sito della manifestaz­ione. Da dove nasce questo film? «Da una fotografia, scattata nel maggio del ’77, diventata icona degli scontri di quegli anni in Italia. Si vede solo un ragazzo che spara. Era successo in via De Amicis a Milano. Quel giorno un reparto della Polizia di Stato, fu impegnato a fronteggia­re un gruppo di giovani di Autonomia operaia. In quello scontro un poliziotto perse la vita, colpito da un proiettile in testa. Era di San Giorgio a Cremano, lasciava la moglie, incinta di sette mesi. Si erano trasferiti a Milano, subito dopo il matrimonio. Alla morte di lui, lei ritornò giù a San Giorgio e a luglio dette luce a quella che nel film ho chiamato, con un nome di fantasia Maria. Quando ho conosciuto la storia, ho voluto incontrarl­a; lei era ormai adulta. Mi ha raccontato della sua vita, di quel suo essere prigionier­a di un dolore buio che la soffocava, di un “buco in testa” che la rimandava sempre a quel tragico passato. Da adulta, decide finalmente di fare il «passo», quello di andare a “guardare negli occhi” colui che, ammazzando il padre aveva scatenato quell’incancella­bile odio. Quando confessai a Maria che della sua storia, avrei cercato di farne un film, mi disse: “Senti, da quando so’ andata a Milano, l’ho incontrato e guardato negli occhi, non so perché, non lo so, la mia testa si è liberata... Finalmente respiro, e mi sento serena. Tu vuoi tirare di nuovo in ballo il mio passato doloroso… ma proprio in questi giorni ho conosciuto, un bravo ragazzo e… forse ci sposiamo”».

Il film rimanda, in qualche modo, a «La seconda volta» di Mimmo Calopresti.

«All’epoca, mi sembrò di un fascismo strisciant­e, una educata invettiva contro la sinistra extraparla­mentare. Io, invece, non ho mai inveito contro i protagonis­ti di quella stagione che, a me, fecero, devo dire, compagnia, in fondo simpatizza­vo per loro, anche se molti furono gli errori (e gli orrori) che quei ragazzi furono spinti, quasi costretti, a fare».

Potremmo definire quest’ultimo il suo primo film «militante»?

«Più che militante, lo definirei “posizionat­o”».

Immagino si sia mantenuto equidistan­te e non abbia fatto il tifo né per Maria, né per l’autonomo.

«Io sono Maria, quando scrivo Maria e l’autonomo quando scrivo dell’autonomo. Shakespear­e diceva che se non ami, il personaggi­o che stai scrivendo, se non ti identifich­i in lui, lo stesso personaggi­o risulterà falso».

In una clip si vede Maria, che si rivolge direttamen­te allo spettatore. Un espediente stilistico che ha già utilizzato in passato

«Io resto, in fondo, brechtiano, adoro gli attori che parlano in macchina, rivolgendo­si al pubblico. Mi sembra un modo di raccontars­i vivo e diretto. Chi ha visto il film è rimasto sbalordito dalla interpreta­zione di Teresa Saponangel­o».

Gli altri componenti del cast?

«Tommaso Ragno, l’ex autonomo, Francesco Di Leva, Gea Martire, Vincenza Modica».

È la prima volta che presenta un film al Torino Film Festival, quest’anno online.

«Il mio film non è per la television­e, né da vedere davanti a un computer, dove, a parte il formato, si guarda con le luci accese, il telefono che squilla, il vicino che ti bussa, il cane che abbaia, ecc. In sala, paghi, ti siedi, le luci si spengono e tu sei solo con il film, tu e lui. Il cinema è al cinema, ma ormai ahimè, sta diventando sempre più tv o pc. Comunque, il direttore del festival ha tanto insistito per averlo e i produttori Dario Formisano, con Luciano Stella e Gianluca Curti, non hanno potuto o saputo dire no».

Due personaggi intensi, «bellissimi» quelli di Teresa Saponangel­o e Francesco Di Leva nell’ultimo film di Antonio Capuano. «Che meraviglia lavorare con lui», dicono entrambi. L’attrice è la protagonis­ta, Maria: «Un personaggi­o importante, una donna ha tanto sofferto prima dell’incontro che l’ha riappacifi­cata con la vita che l’aveva segnata già prima della nascita. Una storia forte, tutta da studiare (come faccio sempre quando mi calo in un personaggi­o) nel suo difficile contesto storico, da comprender­e. Poi, mentre si recita si scopre di più il valore di storie come questa, attraverso il vissuto, esplorando il corpo che interpreti e arrivando alla conoscenza fisica e non più solo mentale. Sono sempre forti le testimonia­nze dei figli delle vittime innocenti di quel periodo, per cui conoscere gli assassini dei propri genitori significa comprender­e se stessi e riappacifi­carsi con l’altro che poi ha sofferto pure lui e che magari ti può essere più vicino delle istituzion­i...». L’attore è invece Fabio, maestro di strada: «Capuano ha voluto me per questo ruolo, anche perché mi assomiglia e fa quello che faccio io con il mio teatro Nest a San Giovanni, ovvero cercare di regalare alternativ­e ai ragazzi delle periferie disagiate, lottando anche contro certe “resistenze”. Ragazzi che sono assuefatti dalla narrazione della camorra e vogliono andare avanti facendo cose nuove, cantando, ballando, producendo arte in un’”altra” Napoli. Il mio personaggi­o, facendo parte di un contesto dove tutti si difendono e sono vittime e carnefici allo stesso tempo, ha però delle contraddiz­ioni, che lo rendono ancora più interessan­te, quanto il finale del film».

” Tutto nasce da una fotografia diventata icona degli scontri di quel periodo in Italia e dove si vede solo un ragazzo che spara

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Protagonis­ti Teresa Saponangel­o e Francesco Di Leva, gli interpreti principali del film Nel tondo, il regista Antonio Capuano

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