Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Nel mio reparto non curiamo più scoliosi e infezioni I danni sono seri»
Massimo Mariconda responsabile di Ortopedia del Policlinico «Per effetto dell’emergenza Covid soppressi tanti posti letto»
Appena l’evoluzione della pandemia lo permetterà bisognerà pensare ad un aumento dei corsi
«Le liste di attesa si sono allungate moltissimo. Ci sono pazienti che hanno sforato anche la soglia dell’anno». Massimo Mariconda è professore ordinario di Ortopedia, direttore della scuola di specializzazione e responsabile dell’unità operativa di Ortopedia del Policlinico. Fa i conti con la pandemia che ha determinato la soppressione di molti posti letto, e dunque attività, destinati a pazienti no Covid.
Dunque il Policlinico ha un ruolo attivo nella gestione dell’emergenza?
«Assolutamente sì, anche se è stato detto il contrario. Tutte le attività non Covid sono state sacrificate. Per la prima ondata siamo stati riferimento per il piano materno infantile. Da noi hanno partorito le donne positive al virus e la mia sala operatoria era stata trasformata in terapia intensiva neonatale. Per questa seconda ondata, alla quale si è arrivati non certo preparatissimi, abbiamo fornito 150 posti letto. La mia unità è stata pesantemente sacrificata. Prima avevano quattordici posti più sei. Ora siamo stati spostati presso la chirurgia generale e abbiamo sei posti. Insomma siamo stati ridotti e non abbiamo i nostri spazi e le nostre attrezzature».
E quali pazienti seguite in questa fase?
«Solo le urgenze: le liste di attesa di ammalati non Covid sono destinate ad aumentare. Tutti i pazienti in lista di attesa hanno codici di priorità: il codice A prevede il ricovero entro trenta giorni ed è l’unico che possiamo trattare»
Quali sono le patologie del Codice A?
«Una infezione alla protesi articolare, diventata purulen«É te; la deformità in età pediatrica del piede, il piede torto congenito; una frattura vista in seconda istanza...»
Tutto il resto, le protesi ad esempio?
«Rientrano in codici diversi, considerati non urgenti. Protesi di anca, di ginocchio — che sono uno dei nostri marchi di fabbrica e per i quali vi è moltissima richiesta — restano in attesa. Così come le patologie delle spalla o le scoliosi, che in alcuni casi dovrebbero essere trattate tempestivamente, perché c’è il rischio di deterioramento. Mi rendo conto che non è colpa di nessuno, ma la situazione è complessa».
E lei cosa propone?
«Difficile dirlo. Moltissimo di quello che succederà nel prossimo futuro è legato all’evoluzione della pandemia. Ma il problema è ancora più vasto e riguarda non solo i pazienti, ma anche gli specializzandi e i tirocinanti. Appena l’evoluzione della pandemia lo consentirà bisognerà pensare ad una implementazione dei corsi. Presso di noi ci sono due scuole di specializzazione, quella che dirigo è la più grande della Campania ed è una delle più grandi d’Italia come numero di specializzandi, ha due corsi di laurea per professioni sanitarie più una laurea magistrale in scienze riabilitative e un master di secondo livello di chirurgia del piede, un master unico in Italia».
Dunque pazienti in lista d’attesa e formazione dei medici, anzi dei futuri specialisti, rallentata.
così. Io devo dare risposte alle richieste didattiche in termini di formazione. Per i tirocinanti la didattica a distanza è poco incisiva. Compatibilmente con ordinanze e dispositivi, ho cercato di mantenere il maggior numero di attività in presenza per evitare una eccessiva sofferenza della formazione. Il terzo pilastro della nostra attività è quello della ricerca e dell’innovazione: abbiamo un laboratorio di simulazione tridimensionale chirurgica, che adesso è fermo, dove attraverso immagini di diagnostica - ad esempio una tac realizziamo modelli in 3 D per poi decidere come intervenire. Una grande risorsa a fini didattici per la quale stiamo elaborando un brevetto».