Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da Botti a Nicolaus «Con Te Diegum celebrammo la nostra leggenda»
La ribellione degli intellettuali alla partenza improvvisa del campione «In città rimase un vuoto e noi provammo a riempirlo nel suo nome» «Stadio Maradona? San Paolo non si offenderà» La doppia anima a Napoli di un fuoriclasse tra estro, gioia ed ecces
NAPOLI La morte di Diego Armando Maradona ha sconvolto i tifosi azzurri e anche i fondatori del «Te Diegum, genio, sregolatezza e bacchettoni» un convegno, una tavola rotonda, che raccolse all’epoca, nel nome di Diego, molti intellettuali di Napoli, avvocati, professori universitari.
Il tutto accadde dopo l’addio del pibe de Oro al Napoli. Fu un tributo al più grande calciatore di tutti i tempi, ma anche una condanna a chi voleva demonizzarlo. Uno dei fondatori, il penalista Claudio Botti ha poca voglia di parlare: «È il momento del dolore. In questo momento non voglio unirmi al coro mondiale della retorica».
Il professore Oscar Nicolaus, anche lui confessa di aver pensato di spegnere il telefonino e raccogliersi nel dolore, ma poi «mi sono fatto convincere da mio figlio che mi ha detto: se non ne parlate voi di Maradona chi deve farlo? Il Te Diegum nacque ad una cena a casa di Claudio (Botti, ndr). Ci sembrava giusto rendere omaggio a Diego che andava via da Napoli
anche per far sentire la voce di tifosi disorganizzati come ci definivamo noi. Decidemmo di strutturare un convegno con il comitato “La classe non è acqua” Fu moderato da Gianni Minà che fu molto generoso. Da quell’omaggio, nacque anche un libro il cui titolo “Te Diegum”, fu suggerito dal compianto Francesco Durante». Nicolaus ha rivelato l’unica volta in cui ha conosciuto Diego: «Io giocavo a tennis e l’ho incontrato al Tennis Petrarca dove faceva allenamenti suppletivi con il suo preparatore Signorini. Gli ho stretto la mano, un giorno indimenticabile. Con lui muore un simbolo della bellezza e della gioia. La sua grandezza era concentrata nel suo piede sinistro, ma anche nella sua umanità, nel suo carisma». Un altro dei fondatori del Te Diegum, il professore universitario, Vittorio Dini, rivela: «Ho tardato a metabolizzare la notizia. Mi ero convinto che fosse immortale visto che era risorto tante volte. Anche stavolta pareva aver superato brillantemente l’operazione al cervello. Resta immortale. Anche in Francia, sui principali quotidiani, lo hanno definito un Dio. Credo sia proprio vero, ma noi napoletani lo abbiamo capito prima di tutti».
Eppure per Dini resta il rammarico per non averlo mai conosciuto. «La cosa singolare è che non l’ho mai incontrato, pur avendolo amato come pochi. Mia figlia, invece, quando aveva 10 anni lo incontrò alla Domenica Sportiva, l’anno prima dello scudetto. Tornò molto emozionata a casa. Avevo amici che lo conoscevano bene come l’avvocato Enzo Siniscalchi, che oltre ad essere suo avvocato era come un padre per lui, ma non gli ho mai chiesto di conoscerlo. Un po’ per pudore, un po’ perché avevo rispetto per quel mito. Il San Paolo intitolato a Maradona? Per me è giustissimo: nemmeno San Paolo credo si offenda».
Per far sentire la voce di tifosi disorganizz ati come ci definivamo noi. Decidemmo di strutturare un convegno con il comitato «La classe non è acqua» Fu moderato da Minà Il nome lo diede Francesco Durante