Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La Guida Rossa Michelin 2021
Splendono tre nuove stelle in Campania: «Relais Blu», «Lorelei» e «Re, Santi e Leoni» Al «Don Alfonso» premio per l’ambiente Eppure nessuno fa il salto in zona top
Nell’anno orribile per la ristorazione tre nuovi locali campani sono stati giudicati dagli ispettori della Michelin meritevoli dell’ambita stella. Sono: il «Relais Blu» di Massa Lubrense (chef Alberto Annarumma), il «Re, Santi e Leoni» di Nola (Luigi Salomone), il «Lorelei» dell’Hotel Lorelei Londres di Sorrento (Ciro Sicignano). Due locali regionali, il «Riccio» di Anacapri e «Casa del Nonno 13» di Mercato San Severino perdono invece la stella non per motivi legati all’emergenza Covid, ma per ragioni di merito. Nessun locale regionale fa il balzo da una a due stelle. Anche se il salernitano Rocco De Santis conquista in trasferta, appena un anno dopo il primo exploit, il secondo simboletto al «Santa Elisabetta» di Firenze. Nessuno dei ristoranti con due stelle, infine, conquista la terza. In questi numeri c’è la sintesi del panorama della ristorazione campana, secondo l’obiettivo dei critici della Guida Rossa 2021, giunta alla sessantaseiesima edizione.
S’impone un passo indietro per porre un quesito fondamentale. In un contesto di enorme difficoltà e disagio, come quello attuale, era proprio necessario emettere sentenze, soprattutto i verdetti di condanna, nei confronti di aziende e professionisti che hanno comunque operato in condizioni surreali? La risposta della Michelin evidentemente è sì, anzi «assolutamente sì». Il grande treno della gastronomia, sospinto da forti interessi economici (giustificati peraltro dalla curiosità del pubblico gourmet), doveva comunque, anche se a velocità limitata, andare avanti. E il risultato non poteva che essere, al di là delle novità esposte sopra, sostanzialmente conservativo.
L’immagine della Campania che emerge dalle pagine della nuova Guida Rossa è inalterata, rispetto a un anno fa. La regione culla dell’alimentazione mediterranea resta una realtà significativa in ambito nazionale come è certificato dalla presenza di 44 locali (con una o due stelle) su 371 in tutta Italia. Continua, tuttavia, a pesare la distanza evidenziata dalla Michelin tra gli ottimi ristoranti, che valgono una sosta o una deviazione durante il viaggio, dal gotha assoluto rappresentato dagli 11 locali con tre stelle, tutti, nelle regioni del CentroNord. Quelli, che, per l’esperienza sensoriale offerta, giustificano, secondo la Rossa, il viaggio. E il disappunto non vale solo per la Campania, ma anche per altre realtà meridionali sicuramente effervescenti dal punto di vista della ristorazione, come la Puglia e la Sicilia.
Tra le novità introdotte quest’anno, l’assegnazione della «stella verde», un nuovo simboletto che premia l’attenzione di un locale e dello chef per l’ambiente e l’ecosostenibilità. In questa speciale categoria si distingue in Campania il «Don Alfonso 1890» di Sant’Agata sui due Golfi della famiglia Iaccarino. In cucina ora c’è Ernesto, il figlio del fondatore Alfonso. «Da più di trent’anni, l’azienda biologica di famiglia, “Le Peracciole” a Punta Campanella - ricorda la Michelin - vanta una produzione di frutta e verdura nel rispetto delle tipicità locali. Da anni è stato avviato il programma Zero Waste che prevede la riduzione di rifiuti e scarti nelle strutture ricettive. La raccolta differenziata raggiunge il 95 per cento». Per la famiglia Iaccarino non si tratta dell’unica soddisfazione.
Il «Don Alfonso 1890», infatti, raggiunge la stella anche col «San Barbato» di Lavello, in provincia di Potenza, affidato allo chef Donato De Leonardis. La casa madre di Sant’Agata conserva invece le due stelle. Così come «La Torre del Saracino» di Gennaro Esposito alla Marina di Aequa (Vico Equense), il «Danì Maison» di Nino Di Costanzo a Ischia, i «Quattro Passi» della famiglia Mellino alla Marina del Cantone (Massa Lubrense), la «Taverna Estia» della famiglia Sposito a Brusciano e «l’Olivo» del Capri Palace di Anacapri dove opera lo chef Andrea Migliaccio.
Un’ultima considerazione sulla città di Napoli che conferma le quattro stelle già conquistate negli anni scorsi da Salvatore Bianco a «Il Comandante» dell’Hotel Romeo, Lino Scarallo a «Palazzo Petrucci», Gianluca D’Agostino al «Veritas», Domenico Candela al «George» dell’hotel Parker’s. Nessuna attenzione per la pattuglia di ristoranti di Chiaia che da anni percorrono la strada della qualità, rappresentando un punto di riferimento ormai consolidato per la clientela non solo cittadina.
Ma tant’è: mai come quest’anno, i giudizi della Michelin riecheggiano nel silenzio irreale, assumendo più che in passato, come una sorta di redivivo ipse dixit, il carattere della perentorietà.
In trasferta Seconda promozione per lo chef salernitano Rocco De Santis impegnato a Firenze
Napoli Nel capoluogo un simboletto a George, Comandante, Palazzo Petrucci, Veritas