Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Anna e i suoi fratelli-comparse «Io, da Pasolini all’Amica geniale»
In via del Cerriglio, nel 1969, il dopoguerra non era ancora finito. Per la verità nemmeno la guerra. Fame e miseria rimasero incuneate nel vicolo «più stretto» di Napoli impermeabile a ogni più vaga eco di boom economico. Proprio qui, forse anche per le memorie caravaggesche - nel 1609 la memorabile aggressione al pittore - Pasolini venne a cercare le comparse per le riprese napoletane del suo Decameron.
Anna Liguori era lì con un grappolo di fratellini e la madre di nuovo incinta. Che ricordi ha di quell’incontro? «Giocavamo alle catenelle, almeno così chiamavamo lanciare sotto il muro i tappi della birra trovati per strada e i tacchi consumati, scartati dai calzolai. Era l’autunno del 1970. Venne questo regista che si chiamava Pier Paolo Pasolini e ci guardò tutti con molta dolcezza. Erano tempi di fame nera. Mia madre già teneva cinque figli e aspettava la sesta. Io, nata nel 1955, ero la più grande e dovevo occuparmi di tutti gli altri. Andai a scuola fino alla quinta elementare. Ero pure brava. La maestra convocò mia madre e le disse che avrei dovuto continuare a studiare. “E a me chi mi aiuta co ‘e piccirill, chi li fa i servizi?” disse. E la cosa finì lì».
Proprio come nella storia dell’Amica geniale.
«Lo sa che anche in questa fiction ho fatto la comparsa? Il Decameron mi ha portato bene perché da allora ho sempre lavorato con il cinema. Sono anche in Napoli Velata, Gomorra e nell’Intrusa che è stato applaudito anche a Cannes. Interpreto la madre del boss, ‘a malamente».
Torniamo a Pasolini. Venne in via Cerriglio e ?
«Scritturò tutta la famiglia, pure mia madre incinta. Mio padre no, lui diceva che era timido. Non lavorava, però i soldi che ci diede Pasolini se li prese...». Quanto?
«Quindicimila lire a testa ogni giorno. Una cifra enorme per noi che mangiavamo quando capitava. La prima colazione? E chi l’aveva mai fatta! Pasolini mi fece scoprire che esisteva».
Come?
«Andò così: la mattina presto, per tre giorni almeno, venivano a prenderci alle 5 al Cerriglio e ci portavano al Jolly Hotel. E là servivano la colazione: il latte, i biscotti, fu una vera felicità mangiare a quell’ora. Ci facevano indossare i costumi di scena fatti con certi sacchi e solo dopo molto tempo, tutti insieme venivamo portati sul set. E che festa quando arrivavano i cestini del pranzo. Non esagero se dico che fu Pasolini a sfamarci: i primi pasti completi ce li ha fatti fare lui. I miei fratelli erano proprio degli scugnizzi. Nel film sono quelli che lo inseguono nella scena del vicolo. E Pasolini tiene per mano mio cugino Antonio Liguori in una foto famosa (in alto ndr). Quando il set si spostò a Santa Chiara poi, i miei fratelli si fecero proprio conoscere».
Cosa combinarono?
«Era stato allestito un mercato di frutta e verdura fresche, una scenografia che nessuno doveva toccare. Loro, invece, iniziarono a prendere a morsi mele e pere... Pasolini non disse niente, li guardava con certi occhi sgranati. Furono i suoi collaboratori a rimproverarli. Che vergogna, ma avevano fame. Io ero timidissima. Me ne stavo in disparte, ero bellina, brunetta, tenevo sempre gli occhi bassi. Me li fece alzare un’amica di Pier Paolo che venne a trovarlo sul set. Poi ho scoperto che si chiamava Maria Callas...».
Maria Callas? Cosa le disse?
«Mi chiese: come ti chiami? E io: Anna. Pure lei si chiamava Anna all’anagrafe. Sarà per questo, sarà perché pure lei da piccola era timida e un po’ inguaiata, fatto sta che il giorno dopo me la vidi arrivare sul set. Mi chiamò per nome. Mi vergognai e nello stesso tempo ero felice che si ricordasse di me. Si avvicinò e mi diede una busta piena di cioccolatini e caramelle. Io non volevo prenderla... “È per te. Lo sai Anna?” mi disse “io ho tanto sofferto nella vita”. Voi? Sapeste io... pensai, ma non dissi niente. A quel punto presi tutto e divisi questa ricchezza improvvisa con fratelli e amichette che nel film avevano avuto pure qualche battuta. Qualche tempo fa ho visto il Decameron, ma non compaio mai».
Da nonna è tornata sulla scena. «Mia figlia frequentava il laboratorio teatrale di Marina Rippa a Forcella. Ha insistito perché andassi anche io. E ha fatto bene. La mia vita è cambiata: dopo tre figli e sette nipoti, sto finalmente capendo chi sono. Nelle performances al Madre (sui social del museo ndr) c’è un momento in cui dalle finestre del quartiere esce la voce di Maria Callas: è il mio omaggio per lei».