Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Quando Lui mi... marcò Credetemi, è accaduto
Sì, è vero, ho giocato con Maradona. Anzi, contro Maradona. Nel fango del San Paolo. E lui era in difesa, nel ruolo di libero, perché non voleva maramaldeggiare in attacco, non voleva rischiare quei tackle assassini che caratterizzano da sempre la foga di giocatori improvvisati (o quasi…).
NAPOLI Professoressa quando ha conosciuto Maradona?
«Ero una ragazzina, 18 anni circa. Mi allenavo all’America Contourella vicino casa e una sera mi trovai accanto Diego. Cominciammo a parlare spagnolo, io lo avevo imparato in Messico, lui faceva lo spiritoso e anche un po’ il zezo come gli dissi. Sorrise, io ne ero divertita, ma naturalmente non alimentavo comportamenti audaci».
Lei, professoressa Angela Iannuzzi, ora insegna Lettere classiche al liceo Umberto. Che anno era?
«Il 1984. Maradona era da poco arrivato a Napoli e mi diede l’impressione di un ragazzo presuntuoso. Uno che aveva l’aria di dire: state tranquilli, sono arrivato io e ora vi porto in vetta. Poi frequentandolo ho cambiato idea». Cioè?
«Continuò a venire in palestra. Era simpatico, faceva battute, e voleva parlare italiano. Capii che aveva sofferto, che non sopportava la solitudine e aveva un grande bisogno di affetto. Lui voleva aiutare tutti senza chiedersi come e perché. Voleva che nessuno patisse la vita come era successo a lui».
E poi?
«E poi iniziai a frequentare il Napoli grazie ad un caro amico molto più grande di me con cui facevo teatro. Era un sogno che vivevo a occhi aperti. Enzo aveva una lavanderia in via Manzoni e aveva come clienti tantissimi calciatori che abitavano in zona. Era gay, aveva affetto per me e mi portava a casa dei calciatori o a feste private. A quell’epoca non poteva dichiararsi e questo gli provocava tanto dolore. Maradona lo accolse a braccia aperte, lo aiutò tantissimo e lui era felice».
Uscivate spesso?
«Si andava a casa di Renica, Corradini, Bruscolotti, Crippa... Enzo era un po’ come una mascotte e Diego lo adorava. Si divertiva molto alle sue battute in napoletano antico e stretto. Amava la nostra cucina e impazziva quando a preparare era la moglie di Bruscolotti, grande cuoca. Indimenticabile fu una festa privata per il battesimo di Dalmita in via Scipione Capece. Era folle di felicità per la nascita della figlia. Finimmo a ballare il tango... Io non so affatto ballare, ero imbarazzatissima. Poi Enzo andò a Buenos Aires per il suo matrimonio. E fece un filmino. Lo vidi e fu un po’ come se ci fossi stata anche io. Enzo è finito da tanti anni. Ho perso i contatti con la sua famiglia. Non potrò mai più rivedere quel Maradona privato». Gli eccessi?
«Solo la sua generosità. La segretaria argentina, Cecilia ci raccontava che era circondato di gente e ognuno chiedeva qualcosa. Soldi, oggetti. Una volta aveva donato anche il suo divano. “Io glielo dico - ci spiegava - di stare attento, che lo sfruttano. Ma lui scuote le spalle, non mi sta a sentire. Hanno bisogno, mi risponde”».
Come è finita?
«Quando perse il secondo scudetto qualcosa cambiò e ci furono gli anni difficili. Andai a casa sua e lasciai una lettera a Cecilia per ringraziarlo di tutto, per dirgli che doveva lottare che c’era gente che gli voleva bene davvero. Non so se l’ha mai letta».
” Accolse come un fratello il mio amico gay che in quegli anni non poteva dichiararsi e soffriva molto Lui lo aiutò tantissimo