Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’eroe dei poveri

- Di Sebastiano Maffettone SEGUE DALLA PRIMA

Tutti quelli che tifano Juve perché è così perbene.

Tutti quelli che non sono, almeno nel profondo del cuore, un po’ napoletani o argentini (e mi dispiace per loro…)

Tutti costoro e magari tanti altri faranno una notevole fatica a capire come nelle news di ieri la morte di Maradona abbia preceduto le notizie sul Covid-19. Cosa tra l’altro non riuscita neppure a Biden e Trump nel climax elettorale. Eppure, basta riflettere sulle emozioni di chi vive posti in cui è difficile operare e riuscire per comprender­lo. È strano che ci sia arrivato uno apparentem­ente così fichetto e distante da tutto ciò come Il Presidente francese Macron, che ha detto di Maradona «era un eroe dei Sud del mondo». Perché questa è la verità. Un eroe dei poveri, di coloro cui sembra negata la speranza eppure ottengono risultati che vanno al di là

della speranza. Di quanti vanno oltre a dove sono nati. Basta aver visto la casa di Villa Fiorito dell’infanzia di Maradona per coglierlo.

Chi cresce in un posto del genere non può avere successo nella vita, si pensa subito. E invece Maradona ha avuto un successo straordina­rio. Questo perché il suo successo non ero solo suo. Era del popolo tutto. Di gente che ha bisogno di sognare perché la realtà quotidiana è fatta di schiaffi in faccia. Certo, tutto Maradona ha a che fare con il calcio. Ha fatto vincere un Campionato del Mondo all’Argentina e due scudetti al Napoli. E il calcio è per così dire «sovrastrut­tura». Un gioco e non vita reale. Ma l’amore per Maradona va ben al di là del calcio e del tifo. È piuttosto passione esistenzia­le di massa. Soddisfazi­one di desideri per chi di solito non riesce a soddisfarl­i. Fatto è che in certi posti sembra che per ottenere un successo non basti la normalità. Ci vuole un miracolo. Ebbene, Maradona incorpora quel miracolo. Ne è la manifestaz­ione biopolitic­a e la narrazione autentica. È anche per ciò che le centinaia di c…te che ha combinato, la sua maturità tragica, quando lo abbiamo visto grasso e traballant­e, la morte prematura non possono ledere il mito di Maradona.

Perché lui non era solo il più bravo calciatore

di tutti i tempi, come chi sa di calcio ha sempre ritenuto. Era il sogno realizzato, la speranza incarnata, la felicità di tanti. Il consumo disperato del suo corpo non è, da questo punto di vista, che la conseguenz­a di uno sforzo sovrumano e incredibil­e. Quello di vivere un’esperienza di vita non solo individual­e ma collettiva. Sforzo che nessuno sarebbe stato in grado di sopportare. E la distruzion­e progressiv­a di Diego è in fondo la faccia buia della luna spendente Maradona. Dopotutto se è vero che — come canta Manu Chao — la «vida es una tombola», e Maradona ha sempre giocato nella sua vita contro le probabilit­à in un gioco d’azzardo, è anche vero che l’autoconsun­zione testimonia l’essenza del rito sacrifical­e. E quindi, lungi dall’essere un problema, è un elemento essenziale della santificaz­ione di Maradona.

Forse, dirà di certo qualcuno, c’è troppa emozione e poca ragione in quello che hai detto. Forse, è opportuno ricordare che il successo non deve venire dai miracoli ma del ripetersi normale di azioni consapevol­i. E — come dice Brecht nel Galileo — «disperata è la terra che ha bisogno di eroi!». Tutto vero. Tutto ragionevol­e. Mi sono lasciato andare al sentimento. Ma, valga a mia scusa il fatto che «ho visto Maradona…». Con quel che ne consegue.

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