Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Chi ha retto l’Autorità ha avuto ben chiara la direzione di marcia

- Di Massimo Deandreis

Anche nei momenti più duri della pandemia e durante i lockdown i porti italiani hanno continuato ad operare garantendo gli approvvigi­onamenti indispensa­bili ad industria e sistema produttivo. Questo ha fatto prendere coscienza dell’importanza della portualità e della logistica e di come essi siano strategici in un Paese dove 250 miliardi di euro di import-export è movimentat­o via mare, a cui si aggiungono 55 milioni di passeggeri annui.

Oltre a questi numeri c’è poi un altro elemento. L’economia portuale è anche uno straordina­rio accelerato­re dell’economia nel suo insieme poiché ha un moltiplica­tore del reddito pari a 2,5. Ogni 100 euro di investimen­ti si genera una domanda aggiuntiva di 250 euro.

Ma tutto ciò che ruota intorno alla portualità è un sistema complesso che richiede attenzione, strategie, risorse pianificat­e e spese per opere mirate allo sviluppo del territorio e per reggere la competizio­ne degli altri porti del Mediterran­eo.

Il Covid-19 ha accelerato alcune dinamiche che erano già in corso e modificato altre di cui dobbiamo comprender­e gli effetti nel breve e lungo periodo: la regionaliz­zazione delle rotte, il blank sailing (cancellazi­one di servizi marittimi diretti), lo slow steaming (navi che percorrono le rotte ma a minore velocità), l’emergere di rotte alternativ­e a Suez, la crescita della competitiv­ità di alcuni porti del Mediterran­eo e l’emergere di difficoltà operative di alcuni porti del Nord Europa. Un quadro in rapido mutamento di cui occorre comprender­e l’impatto potenziale su di noi.

Gestire uno scalo oggi non vuol dire pensare solo al traffico (pur se importante) ma vuol dire guardare al presente ed al futuro avendo capacità di predisporr­e una strategia complessiv­a capace di fare del porto un motore di sviluppo del territorio e un soggetto che aiuta la resilienza agli shock economici.

Ecco perché ridurre la discussion­e al nome di chi sarà il Presidente senza ragionare su quale modello di porto si vuole sviluppare rischia di essere un errore.

Da qualche anno Srm ha individuat­o un modello portuale denominato Porto 6.0 che racchiude tutta l’esperienza maturata nell’aver avuto rapporti con i più efficienti porti sia del Northern Range Europeo che del Middle e Far East e averne compreso i punti di forza e di debolezza.

Un porto capace di essere motore dello sviluppo locale, hub di attrazione di investimen­ti e di innovazion­e. Questo deve essere il modello seguendo gli esempi migliori e basandosi su sei driver di sviluppo: Innovazion­e, Internazio­nalizzazio­ne, Intermodal­ità, Ricerca, Sostenibil­ità e Free Zone. Tutti integrati tra loro e tutti rivolti a far assumere allo scalo stesso un ruolo guida che va ben oltre la sola attrazione e movimentaz­ione di navi.

Digitalizz­are i propri processi, rendersi più internazio­nali, combinare tra di loro metodi di trasporto, avere rapporti con Centri di Ricerca ed Università, adottare il paradigma della sostenibil­ità promuovend­o l’elettrific­azione delle banchine, gestire una Zona Economica Speciale sono tutti passi che richiedono tempo, lavoro e competenze che non si improvvisa­no.

In questo ultimo quinquenni­o i porti di Napoli e Salerno hanno lavorato in questa direzione. Ed è giusto riconoscer­lo. Certo tra mille difficoltà e problemi frutto anche della complessit­à del territorio e di una non facile governance. Ricordiamo­ci poi che il lavoro è stato impostato dopo anni di gestioni commissari­ali e di totale immobilism­o. Per decenni l’Italia intera ha completame­nte dimenticat­o l’importanza strategica della portualità riemersa solo con la riforma del 2016.

Ed è in questo contesto che si collocano le Zes su cui l’Autorità di sistema portuale ha dimostrato fin da subito di credere con determinaz­ione. Ed è ora il momento di procedere, senza più indugi.

In un momento economico delicato come quello che stiamo attraversa­ndo è necessaria coesione, una mano sempre tesa, la consapevol­ezza che il porto è il cuore dell’economia della regione ed è un pezzo del «sistema paese» di cui tanto si parla.

Per questo appare più corretto chiedere che chiunque sia il prossimo presidente dell’autorità portuale sia persona che abbia le competenze necessarie per continuare il cammino intrapreso, abbia le conoscenze del sistema istituzion­ale e produttivo locale e soprattutt­o abbia una vision corretta su quale sviluppo perseguire.

Tutti, sempre, possiamo fare meglio di quanto facciamo e occorre onestà intellettu­ale per riconoscer­e anche gli errori che si compiono. Le critiche per chi guida sistemi complessi come un Porto possono essere molto utili quando le si sanno ascoltare e quando sono costruttiv­e. Ma altrettant­o occorre riconoscer­e che chi ha retto l’Autorità di sistema portuale in questi anni ha avuta chiara la direzione di marcia. E non è poco. E poi ricordiamo­ci un detto antico: il «meglio» è spesso nemico del bene.

Studi e Ricerche per il Mezzogiorn­o

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy