Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’applauso e l’inchino al re

Insigne va tra i tifosi e porta fiori alla targa Gattuso: regaliamog­li un trofeo

- Monica Scozzafava

Un applauso lungo un

NAPOLI minuto intero, cori per Maradona che giungono nel San Paolo vuoto, come se la mano del Dios fosse lì ad allungarsi su ogni singola testa dei giocatori azzurri. Il battito di mani è quello del cuore di una città intera, che fa fatica a rassegnars­i a dare l’addio al suo mito. La città che ieri sera si è inchinata al suo Re.

«Il giorno che ho visto Diego per la prima volta è stato il più bello della mia vita». Da capitano a capitano, Lorenzo Insigne ha la voce rotta dall’emozione, e prima di una partita così importante rompe la liturgia del silenzio. Porta i fiori a Maradona sull’altarino sistemato davanti al San Paolo, si immerge nella folla dei tifosi. E lascia lì il suo tributo al più grande di tutti i tempi, davanti al suo Tempio. Che presto si chiamerà «Diego Armando Maradona». Con lui c’è Tommaso Starace, lo storico magazzinie­re e l’unico reduce di quell’epopea: fiori per l’idolo e per l’amico. Poi, l’ultimo atto prima della gara e dell’omaggio: «Diego, portaci in Paradiso: Napoli ti amerà per sempre», urla lo speaker nel silenzio prima dell’ ingresso dei giocatori. Poi la maglia, la «dieci» che per una notte appartiene a tutti, perché mentre scorrono le immagini del Pibe de Oro, e il suo volto guarda tutti dall’alto, la squadra si raccoglie nel minuto di silenzio e mostra al Dios la «dieci».

Tutti con lo stesso numero, anche Gattuso. Sessanta secondi che sembra non finiscano mai, il cronometro è interrotto dal rumore dell’applauso forte di migliaia di tifosi. Quelli che sono davanti al piazzale del Tempio, ma anche quelli affacciati ai balconi di tutta la città. Un abbraccio collettivo dallo stadio a piazza del Plebiscito, i due luoghi simbolo del calcio e di Napoli. Un addio che non sarà mai veramente tale, che ha liberato l’amore e la commozione.

Poi il coro, i cori. Quelli degli anni d’oro, il tempo che resta impresso nella storia.

L’applauso a Diego, così come il silenzio: entreranno di diritto nell’archivio dei cuore di chi ieri sera era lì, nonostante la zona rossa. Nonostante il divieto di assembrame­nto.

Il club di De Laurentiis ha inviato in Argentina la maglia del Napoli, la maglia di «sua maestà», ed è già lì ad abbracciar­e il campione che ha cambiato la storia del calcio a Napoli. La partita inizia e per la squadra di Gattuso è fondamenta­le vincere, eppure l’atmosfera è surreale. La vittoria arriva nell’ultima notte in cui c’è «Lui». Insigne aveva invocato l’aiuto del grande Diego: «Sono sicuro che ci trametterà l’energia — ha detto il capitano prima del fischio di inizio— ci guarderà dall’alto. Perché come ha sempre fatto difende il Napoli e la città di Napoli».

Insigne ieri sera ha indossato la maglia del re, come tutti. Con umiltà e senza pretese: «È giusto che resti la sua. È sua e basta». Politano: «Vinciamo e dedichiamo a lui un trofeo»: E Gattuso a fine gara è commosso: «Abbiamo il dovere di vincere per lui».

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