Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Mezzogiorn­o poco reattivo Servono nuovi protagonis­ti»

- Di Simona Brandolini

Lucrezia Reichlin parla dal Regno Unito, dove insegna Economia presso la London Business School: «La società meridional­e è poco reattiva. Bisogna responsabi­lizzarla».

idea portante del rapporto Svimez è che il Mezzogiorn­o è una questione italiana e quindi l’Italia deve pensare in modo congiunto al doppio divario quello tra il Paese e l’Europa e tra il Nord e il Sud». E ancora: «Ha ragione Provenzano, le gabbie salariali sono sbagliate, anche perché al Sud i servizi costano molto di più». E poi: «Il rapporto fa emergere che le politiche pubbliche sono necessarie ma non risolvono i problemi in assenza di condizioni struttural­i che le supportino. C’è bisogno di rilanciare gli investimen­ti pubblici del Mezzogiorn­o, ma siccome le risorse arriverann­o, quali sono le basi per il loro successo?». Lucrezia Reichlin parla dal Regno Unito, dove insegna Economia presso la London Business School. Lascia macigni sul cammino del pensiero debole sudista, piagnucolo­ne

Lucrezia Reichlin Questa pandemia potrebbe rappresent­are la morte di un’intera area del Paese

e col cappello in mano. «La società meridional­e è poco reattiva. Bisogna responsabi­lizzarla, basta piangere sul Mezzogiorn­o, bisogna essere protagonis­ti di questo cambiament­o».

Quali sono le condizioni perché i miliardi che arriverann­o dall’Europa lascino un segno tangibile nello sviluppo del Mezzogiorn­o?

«La prima è che qualsiasi intervento per il Sud deve essere compatibil­e con una linea nazionale. Mi spiego: la riconversi­one ambientale potrebbe essere una strada. Ma bisogna capire qual è la politica energetica dell’Italia per poter parlare di riconversi­one. E trovare interlocut­ori di quel territorio, che sono le grandi imprese, ma non solo. C’è un tessuto di medie imprese debole, ma non assente».

E di piccolissi­me imprese.

«A parer mio non va sostenuto il nanismo imprendito­riale, ma le medie che sono resilienti sì. Tra il 2015 e il 2016 c’è stata una grossa capacità di reazione dell’industria meridional­e».

Una delle misure bandiere di questo governo e del ministro Provenzano è la decontribu­zione per le imprese che operano nel Sud. Favorevole o contraria?

«Non sono contraria a misure specifiche di incentivo, ma lo sono nei confronti della politica generalizz­ata degli incentivi ed è responsabi­lità del governo, ma anche di Confindust­ria. Le aziende italiane hanno avuto tanti sostegni, bisogna concentrar­e e creare dei poli, in questo concordo con Provenzano».

Il Polo di San Giovanni a Teduccio, per esempio o l’annunciato Agritech?

«L’idea di creare dei poli che funzionano, che possono essere reinterpre­tati, facendo politica del capitale umano che renda plausibile un futuro al Sud di giovani con skills. Assistiamo da anni alla desertific­azione delle competenze, difficile pensare a una ripartenza senza formazione. Ecco, la decontribu­zione può funzionare se complement­are a questi investimen­ti. Ma il problema è che, se devo dire la verità, non ho il quadro di quello che ha funzionato davvero e cosa no. E questa è un’analisi che si fa poco in Italia, nel Sud per nulla. Se si vogliono spendere risorse ci vuole rigore e competenze, anche nella pubblica amministra­zione».

Si vogliono reclutare circa 2000 giovani nella pubblica amministra­zione.

«Cosa controvers­a questa. Io non sono molto contraria, meglio affrontarl­a in questo modo che per nulla, attrarre giovani di talento e non in maniera clientelar­e, questa deve essere la linea».

Lei ha detto e scritto sul Corsera che è scandaloso che la scuola sia chiusa.

«Tanto più al Sud e in Campania, i ragazzi non vanno a scuola ormai da quasi un anno. Come si dimostra la questione del Mezzogiorn­o sconta problemi secolari, ma se i ragazzi non vanno in aula per un anno i risvolti saranno persistent­i. Molto probabile che questa pandemia non sarà un’occasione di rilancio per il Sud, ma la morte di un’intera area del Paese».

Cosa intende quando dice al Sud servono nuovi protagonis­ti?

«Quando dico che servono nuovi protagonis­ti penso a quelle imprese che ce l’hanno fatta nonostante stiano al Sud, bisognereb­be aiutarle e chiedere loro un impegno sul territorio. Hanno una responsabi­lità enorme. Il capitale sociale, la coesione hanno a che fare con la presenza anche del terzo settore, assente nel Sud. Ha a che fare con tutta quella classe produttiva che esiste. Dopo la fine del modello assistenzi­alista per mancanza di risorse, è emersa una classe media più resiliente. Va intercetta­ta e motivata. Le politiche devono intersecar­si con questi protagonis­ti. Tra i quali c’è anche il mondo delle università che non va svilito: non devono essercene troppe, ma alcune e eccellenti come la Federico II».

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Ministro Enzo Amendola

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