Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’onore all’immortale e le regole infrante
Quelli che il 13 giugno 1799 acclamavano il re Borbone affogarono nel sangue la Repubblica napoletana. La massa dei Sanfedisti, in parte spontanea, in parte aizzata, proiettava nella figura popolare del sovrano le proprie più profonde frustrazioni, urlando la sete di riscatto verso i signori istruiti.
Nobili e borghesi che avevano detronizzato la maestà.
Ieri invece, davanti alla morte che detronizzava Maradona, «il più umano degli immortali» come ha titolato il New York Times, padri e figli, nostalgici attempati e ragazzini senza scuola, violando ogni divieto e ogni regola prudenziale in tempi di Covid, si sono riversati per le nostre strade con torce, fumogeni (dove li avranno presi?) e bandiere per marciare al San Paolo e al Plebiscito e incoronare Maradona re di Napoli. Probabilmente anche buona parte di quelli che protestano per le chiusure e reclamano i ristori si è mobilitata per acclamare il nuovo re. «Siamo lazzari felici, gente che non trova più pace, quando canta si commuove», cantava Pino Daniele. Non sappiamo quanti ieri fossero discendenti dei lazzari del ’99.
Tutto comprensibile, per carità: Maradona è figlio di Napoli, è l’eroe omerico invincibile e in grado di rialzarsi dopo la caduta, è il mito del riscatto dalla miseria, è uno di noi, appartiene al popolo. Ma Maradona è stato anche il pretesto per abbassarsi la mascherina, violare ogni regola, ribellarsi a quei «signori» che col terrorismo del Covid hanno strozzato l’economia pezzentella del mordi e fuggi. L’occasione per esaltare ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, la vocazione anarchica, stereotipo del popolo napoletano. A questo popolo, e non solo a Maradona, per due giorni si sono dedicati fiumi d’interviste e dichiarazioni delle più note personalità dello sport, dello spettacolo, della cultura. Di folclore e cuore napoletano sono state riempite le tv nazionali e pagine su pagine su tutti i giornali.
Per un giorno, con un’implicita deroga in nome di Maradona alle norme anti Covid, ci hanno fatto dimenticare che la Campania è ancora zona rossa; che la Campania, con 146.000 casi è oggi la seconda regione italiana per numero di positivi; che finora qui sono morte 1483 persone e altrettante famiglie non hanno potuto salutare con un degno funerale quello che davvero era un loro congiunto; che ci sono napoletani in trincea per fare il loro dovere contro questa epidemia, e tanti altri che restano chiusi in casa limitando le uscite per la spesa o solo per motivi sanitari e di lavoro con tanto di autocertificazione. Colpisce e offende la completa assenza delle istituzioni e dei controlli, l’assenza di un qualunque appello alla responsabilità. Anche il primo cittadino, responsabile della sicurezza della città, ha inteso esprimere il suo amore per Maradona e ha taciuto, per non essere impopolare, quello per la salute dei napoletani. Eppure ciò che è accaduto era ampiamente prevedibile e forse almeno in parte evitabile. Era già successo per la Coppa Italia, ma eravamo a giugno con gli ospedali vuoti. E poi: come risponderemo da oggi al vigile solerte che ci fermerà per strada chiedendoci l’autocertificazione?
Con la saggezza del giorno dopo, chiediamoci se la passione autentica e il diritto a manifestarla si possano conciliare con l’ubbriacatura di massa; se un rito collettivo possa davvero lenire il dolore. Chiediamoci quanto droplet ieri è stato distribuito, con la conseguenza che negozi, bar, ristoranti rischieranno seriamente di continuare a restare chiusi per ancora più tempo.
Chi ieri era davvero dalla parte di Maradona ha invece lanciato un lungo applauso e ha cantato dai balconi di casa. Ha assistito in tv al minuto di silenzio nello stadio vuoto, allo spettacolo sublime dei giocatori della squadra del cuore che a capo chino si tenevano per mano indossando tutti la maglia numero 10. Ha avuto la certezza che Maradona, dall’alto dei cieli, avrebbe invitato il suo popolo a starsene buono: «Ragazzi, non è il momento, ricordatemi in altro modo. Date pure il mio nome allo stadio San Paolo. Ma per piacere, se mi amate, fate ripartire la nostra città!».